Le palle di pelo barbuto si scornano con diversi livelli di sperma che muore dal ridere al sentore di una libellula matura e un poco coguara. Prendono quel treno, quello per Yuma che sbuffa sotto baffi grassi e un cappello arrugginito. Vanno a sedersi in una stiva ripiena di urla di pianto per non vedere la propria disperazione, ma come in ogni favola a lieto fine, scoprono che il re e la regina sono due trans in missione segreta per conto Terzi. Terzi è un barista di Cotogno che traffica lattine sporche tra gli Urali e il Vesuvio. Che fa il lavoro di basista di un centro internazionale di mujahidin terrorizzati dall’uso della violenza fisica. Essi lottano per un’unione fisica di gay musulmani e l’adozione dei figli dei talebani.
Sì perché è così che ci facciamo la guerra di pompini artificiali, luci sfavillanti nel cielo da cui sgorga una Madonna bionda in minigonna. E se la Madonna era una prostituta e Maddalena una quasi vergine? Gesù sarebbe stato un simpatico figlio di mignotta, uno che racconta un sacco di barzellette alla gente. Ti capita poi che te le prendono sul serio. E non è più riuscito a far credere che scherzava. Tipo.
Terzi nel frattempo è morto di cancro cranico con complicate complicazioni che in quanto tali sono complicate da spiegare. Poi tanto è morto e basta, quindi inutile capire se è stata colpa di un medico ignorante o no. Questa è la fattura, basta pagare e siamo tutti amici. Sì grazie, mandi la fattura alla moglie che io l’ho solo messo lì per caso, non sul serio. Condoglianze a quel povero cristo e anche a sua mamma.
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Una troika batte le spade di lana sulla faccia del morto
Una Madonna grigia sputa sentenze in questo giorno di letizia. Silvia butta l’ancora al di fuori di una saetta mobile di batman per svenire e farsi soccorrere dal pirata della strada. All’attacco miei prodi e mostrate tatuaggi con l’insegna della cocacola. Anche tu beone da strapazzo. Un’arpa di gioia mi strappa dai miei sogni. Incubi di piacere scorrono tra le tue braccia mentre ti distendi su di me per penetrare le molli carni di un sospiro d’amore.
Un’ansia che origina da Saturno gode della tua verginità e desidera il tuo timore di essere giudicato per rifarsi una dormita tra le braccia della luna incostante e lunatica. Dormi bambina mia tra le braccia di una suora vergine e di quante come lei decidono di vivere una vita tra le braccia della morte abbandonate su prati e toilette da madri drogate e batuffoli di cotone.
Piango per la morte della mia anima e soffoco in uno spazio tempo che non è il mio ma dell’imprinting ricevuto finora in una marcia funebre che esplode nei piedi di un gallo d’oro senza incidenti spaziali. Woody Allen abbraccia una pecora per fottersela ancora in piedi davanti alle bianche scogliere di Dover. Insieme camminano mano nella mano per non pestarsi i piedi in un tango argentino che mangia la polenta.
Buona notte amore mio.
Il gallo canta due volte (e poi rutta)
Mi rachitizzo in una rucola acida di saltimbanchi col palinsesto fuso da orecchioni vampireschi e corna fritte.
Antonia si sforuncola un abito da notte di lino pregiato e condisce la pasta di vermi froci in zuppa di lenticchie lesbiche che sognano di essere un cane pieno di pulci che si masturba davanti a uno specchio deformante. In un’orgia di pleniluni Antonia sfoggia la conturbante pelosa alla festa della civiltà che si tiene due volte l’anno alla faccia della crisi dove il vello d’oro celebra la propria sensualità davanti a una folla affamata.
Urla di avvoltoi piangono gli sfarzi dei tempi andati e rivolgono alla Madonna la preghiera di una dolce gabbana che si satolla la vagina del fuoco dell’inferno e bacia pudicamente la bocca di una vergine sifilitica.
Bravi. Complimenti vivissimi al coro di pavoni sconsiderati e allegri che raccolgono voti per contribuire a spargere la fame nel mondo e ad imbandire la propria mensa alla quale accogliere i poveri a Natale.
Antonia alleva la prole in un pollaio di sterco di bue e gioca al gratta e vinci. E canta.
Quando il gallo salta due volte
Nella prateria si erge una statua che urla ai passanti una frase dipinta nell’agnello di un’auto bianca. Una rosa bislacca si sparge il rossetto su labbra paesane insieme a briciole di pane azzimo in camicia nera rosso fuoco.
Spargo si mette una tuta bianca in segno d’amore per una pulzella in calore che festeggia una putrida sensualità coniugale insieme alla moglie Tristana che si pulisce i lunghi capelli neri con la saliva di un castoro guercio.
Una capra affonda le sue mani in trincee d’amore al suono di una cornamusa in fiore e io prego la fanciulla in bianco di seminare le sue uova tra sfoglie di frumento imbrattato di catrame e poliprobilene di butano mefitico.
Mi sfrego le mani in segno di approvazione per il contorno di sesso tra seni ruvidi e capezzoli che sembrano plastica e mi masturbo in preghiera alla Vergine del manicomio in cui ritrovo conigli e pescivendoli che mi salutano e sono contenti di rivedermi.
Piattaforme maleodoranti
Cambio marcia in un’ironia elettromagnetica. Il sangue dei vinti scorre a piene mani e io mi faccio la manicure recitando una preghiera. Ave Giove che hai mandato Odino in barba a Zeus e insieme si sono leccati la figa. E noi abbiamo combattuto la battaglia dello shopping Natalizio per le vie maestre che ci hai mostrato tramite l’illuminazione dei lampioni. Ave cugino che passi per la mia casa e scorreggi a più non posso dopo una cipollata di fagioli. E ave a te Vergine della danza che monti i cavalli all’aria aperta di via Monte Napoleone. Negozi sfarzosi ammiccano alle fotomodelle e le abbracciano in una morsa letale. Succhiano il sangue e restano ad aspettare la prossima vittima. Ragni della moda sempre vigili e pronti ad una partitina a poker.
Mentre leggiamo scivoliamo su carote che ridono a crepapelle su mozzarelle in carrozza che cavalcano capresi imbufalite. Crediamo di rovistare tra falene che nuotano e pantegane che volano in mezzo alle nostre pupille fatte di spazzatura antiatomica. E troviamo solo zanzare impaurite che si erano nascoste tra il tartaro e le gengive di Gengis Khan.
Il punto è: Moana Pozzi fa parte degli archetipi junghiani?
Tutto si risolve in una melassa di cioccolato. Truccunidda si scioglie in uno scherzo allegretto andante ma mica troppo e svuota lo stomaco di lattine di coca cola accumulatesi nel corso dei suoi trecentotrentatré anni di pettegolezzi e maldicenze. Mi sdraio su una lattuga di marionette e mi dissolvo nell’etere radiotelevisivo. Appaio in spettacoli di cabaret e documentari sui cinghiali poliformi.
E applaudo il pubblico. Che scappa dalle sue pene.
Cacofonia
Gestite il suono del silenzio con una patata in una manto e un mantello nell’altra. Il silenzio ascolta e perdona. Il silenzio è tuo amico e fratello. Fratello di sangue perché sei nato nel silenzio e dal silenzio provieni. La tua carne non parla né il tuo sangue. Il silenzio dello spazio è eterno ma parla un linguaggio che solo il silenzio è in grado d’interpretare. Ascolta il silenzio e scoprirai quello che cerchi. Per ascoltare devi stare zitto. Il silenzio è tutto quello che sei e che hai paura di essere. Se scorreggi fallo silenziosamente. Se scopi piangi in silenzio. Non scoprire la coperta del silenzio. Perché quando sarai pronto si scoprirà da sola e ti apparirà vergine ed immacolata pronta per essere tua. Perché sei tu.
Anche uno sputo può fare troppo casino. La cacofonia di un villaggio turistico mi sussurra all’orecchio il suono della madre terra. La cacofonia di una musica rock stende un velo di catarro sui miei neuroni affaticati da una notte di marijuana da leoni. E panzer di sintetizzatore uccidono le zanzare a colpi di fulmini e caramelle.
Mi chiedo a che scopo viviamo e uccidiamo e moriamo e risorgiamo e dipingiamo e moriamo e scriviamo la nostra biografia su una croce di salnitro piantata ad eterna memoria. Ma me lo chiedo perché la risposta non esiste e la domanda resta là come una bella donna che ti guarda dal bordo di una miniera abbandonata mentre tu cerchi te stesso e scappi da un’esplosione di grisou prima che ti esploda in faccia.
Ed è lì che prima di morire ascolti il suono del silenzio che cala prima sui timpani sfracellati dall’esplosione e poi ti addormenta in un sonno profondo finché non incontri angeli e porci che ti hanno accompagnato e l’unica cosa che ti chiedi è se hai mangiato abbastanza cioccolato dato che non lo ritroverai più in nessun’altra dimensione o pianeta dell’universo.
Oggi piove e l’acqua è l’unica essenza che può disturbare il silenzio, perché ne fa parte. Anch’essa è silenziosa e anche la terra. E quando un silenzio incontra un altro silenzio fa un suono sordo anche se forte che ti aiuta a prender sonno e a calarti nel silenzio prima che diventi eterno.
Sto immaginando come cantare in maniera silenziosa per fare un coro degli spiriti della terra che volino sbattendo le ali di farfalle agitate dallo stress informatico. Anche il computer fa poco casino. Lui ti guarda come il genio della lampada e ti chiede quale desiderio vuoi che esaudisca.
E prego.
In silenzio.
Gli spiriti.
E ci faccio l’amore.
In silenzio.
Odi il profumo di sesso della bestia scotennata
Un fumo di Londra si erge dalla potente voce della soprano che canta l’Aida in mezzo a metalli dissonanti.
L’eccitazione si sparge per la sala come il profumo di gorgonzola affumicato e vulve inconsapevoli cominciano a sentire il calore della voce di Dio che ordina imperiosamente al liquido succulento di emettere le proprie spore mentre Lucilla espande il fuoco del proprio suono al battito dei tamburi.
Violentemente la figlia di Arturo si toglie i collant e pregando il Signore e la Vergine inizia lentamente a farsi possedere da una grande candela accesa e un coro di voci si unisce a Lucilla che come un direttore d’orchestra attribuisce ruoli e compiti ad un pubblico sempre più in movimento.
Baci, abbracci, carezze, movimenti lenti di signore attempate e vecchie galline che allungano le mani su giovani peni induriti dall’esperienza di mani rugose e nostalgiche che in quel momento si riaccendevano in una scossa elettrica della stessa frequenza della voce di Lucilla accompagnata dalle voci degli angeli che con misericordia spargono l’amore su menti fresche ad accettare il calore divino nel sangue che cola come una manna dal cielo.
Un esercito di santi e puttane avanza scardinando i sacri pilastri dell’opera compiuta e mentre la figlia di Arturo si accoppia con i due fratelli e i genitori si compenetrano di un amore dimenticato alle passioni dell’adolescenza.
Tempeste di amore si riproducono in penetrazioni vaginali mentre l’orchestra smette di suonare e nel silenzio si spargono urla di spasmo erotico di donne accovacciate su poltrone e distese sul pavimento.
Quando Lucilla intona l’Ave Maria un’ondata di sangue di Cristo si sparge nell’Opera che prende fuoco.
Un fuoco sacro eleva cinquecento persone in una fumata al di sopra di una città addormentata.
Silenzio.
È l’alba.
Le campane della chiesa suonano per chiamare i fedeli ad adorare e amare e perdonare e confessare.
Finché morte non li separi.