Una voglia istintiva di succhiare la polvere di una cozza salmastra si fa strada dentro la galleria del vento ed emette un urlo di ghiaccio soporifero. Io mi disgusto di un malleolo gigante che cammina schiacciando la saliva di miliardi di coleotteri che ridono a crepapelle. Quindi dipingo e definisco l’immagine di Dio in quattordici punti cardinali che dirigono la rotta delle caravelle dei Templari verso la nuova Luna che soffia dietro arcobaleni di fuliggine microbica. Punto.
Anche la mia pazienza ha un limite. Un limite di 34 Watt e chiude e cuce e corre e piange e si dispera di vedere tapiri diventare liquidi e bonzi d’oro raccontarsi barzellette intorno a pranzi luculliani seduti sopra poveri culi rivolti all’aria in posizione supina.
Una stella suadente ci canta le sue libellule. Una farfalla ignuda si adagia sul letto nuziale in posizione di partenza. Dodici trippe si strappano le carni per dimagrire e lanciano le proprie frattaglie in una discarica mentre il popolo è affamato e si mangia quel che rimane. Un anello lessato fornisce tutte le proteine necessarie al buon funzionamento di un matrimonio senza che lo si colleghi ad un ristorante di qualità superiore.
La Madonna si prostitui’ per accudire la prole dato che il reddito da falegnameria non fu sufficiente e a Betlemme si organizzarono orge in onore della madre santissima che acclamavano il peccato originale in sostituzione della mela cotta con Eva e Marta e Jezebel.
Un fungo lungo un chilometro si erse dalla torre di Babilonia dove bruciarono con l’acqua pesante. In una mandria di giganti che cagavano oro liquido in un attacco di logorrea galattica.
Il bar sotto casa mi offre una cioccolata e la rifiuto perché mi fa schifo.
Ma pago lo stesso.
Una mancia da re.
Piove.
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Another brick in The Wall
Mi fai schifo. È la verità. Tu che mi guardi mentre deformo i puntini neri davanti ai tuoi occhi. Mi fai vomitare. Sei una merda. E lo sai. In questo momento quello che ti interessa è solo sapere se sto meglio o peggio di te. Dentro di te posso sentire palpitare la paura che io possa leggere nella tua anima. Che possa leggere la tua paura. Di vivere. E di morire. Quell’angoscia che ti marcisce dentro. Che non vuoi sentire. E più marcisce e più puzza e non sai più come nasconderne il fetore. Per quello mi fai schifo. Perché puzzi. Sei un vigliacco. E non vedi l’ora di scappare via e voltare pagina. E allora vattene. Scappa. Vai a masturbarti da un’altra parte dove qualcuno ti faccia godere dell’oblio. E mi raccomando, non farti più vedere e non guardarti più allo specchio.
Perché quando lo farai ti ritorneranno in mente le mie parole e sarai costretto a pensare. A sentire. A odorare i miasmi che emetti. E diventeranno insopportabili. E avrai voglia di scoppiare. Ma non ci riuscirai. Dovrei vomitarti in bocca perché tu senta quanto fai schifo. Sei una fontana di odio e lo sai, ma non lo vuoi sapere sul serio, vero? Hai paura del diavolo, no? Hai paura di quel demone che si aggira là dentro, senza guinzaglio. Ed è per quello che ti comporti come gli altri, e stai al gioco. Che succede se gli altri scoprono quello che sei veramente? Hai paura di scoprirlo, vero? Scoprire che nessuno ti ha mai amato per quello che sei, nemmeno tu. Paura di essere solo? Abbandonato? Povera stellina, piangi, coccolino, piangi. E muori senza aver mai vissuto veramente. Senz’aver assaporato il piacere della verità, l’amore vero. Muori nel tuo fetore. Muori ora. Falla finita se tanto sai già che non ce la farai. O tutto o niente. Domani rompilo quello specchio e tagliati le vene. Vattene alla grande in una pozza di sangue che inonda le scale. E ringrazia me. Che per la prima volta ho parlato alla tua pazzia e l’ho amata come tu non hai mai saputo fare.
Odo un urlo
di gioia di vita
Odio un pazzo che m’a insegnato ad amare
Alzati e cammina o buttati via
nella fiera feroce
delle vanità
nascoste
dentro il muro di facebook