Credo in un solo Dio.


Una dolce voce zuccherosa mi suade. Dicendomi che piano piano la pioggia arriva. Bagna l’intelletto e scende per l’intestino. Ma che bisogna mangiare magnesio. Mi bagno la lingua. In bagno. Mentre mi appendo alla lampadina e accendo la luce. Un fulmine arieggia il mio cervello. Ce l’ho sulla punta della lingua e ti bacio con passione selvaggia.
Caro barone Von qualcosa. Ora torno in bagno a fare qualcosa.
Cosa non lo so. Le alternative sono tutte carine e magari farò tutto quanto. Mi licenzio e mi metto a scrivere un delirio con il coso in mano. Lo smartphone.
È un oggetto sensuale e eccitante. Che vibra e si muove dentro di te e che penetra le rose e le spine del tuo fegato. Depura l’acqua sporca e sostituisce i tuoi nervi con i suoi. Pensa al tuo posto. Risolve, affronta i problemi e prende decisioni che tu non prenderesti mai.
Vive al tuo posto e tu ti osservi, contento, finalmente sollevato dalla responsabilità della vita e finalmente muori piano piano, anzi, evapori e lasci che Apple e Google mastichino il tuo cibo e godano amplessi e amino al tuo posto. Fino a quando non sarai altro che un terminale della Grande Anima e sarai quotato in borsa, comprato e venduto con un marchio di fabbrica. Avrai comunque dovuto scegliere se appartenere all’uno o all’altro.
E questa sarà una dura decisione. Poi tutto liscio. Come l’acqua di fogna. Che esce dal fiume per riversarsi in un’altra e così via. Pace agli uomini di buona volontà. Noi crediamo. In un solo Dio. In un solo Computer.
Una dolce voce zuccherosa mi suade. Mi dice che c’è un messaggio per me.
Che lo trovo in fondo al culo. Da lì capisco che ho un bug.
Non vado dal medico, ma dall’assistenza clienti.

Tabulé di rose – 2


Papà. Che lavoro fai?
Lavoro per il bene del paese
Di Strazziano intendi?
Certo, tutti qui mi sono debitori di qualche favore
Il tuo lavoro è fare favori?
Più o meno sì
E ti pagano?
Certo
Sempre?
No, non sempre
E se non pagano
La pagano ancora più cara
Li fai pagare di più?
Molto di più
E dopo ti pagano?
Beh, dopo sono morti

Vado in giro per il paese. Ho quindici anni. Sono mora e di pelle chiara. Occhi verdi che quando guardo un ragazzo resta ipnotizzato e fortuna che non nota troppo la bassezza e il troppo seno. O, forse sì. Meglio per lui. È primavera e le zanzare sono un incubo dato che qui fanno una piccola siesta poi te le ritrovi dalle cinque del pomeriggio alle otto di mattina e oltre. Io le attiro tutte.
In primavera tendo anche ad attirare le persone. Soprattutto uomini.
Mangio una mela prima della Messa domenicale. Ci sono tutti. Cani, porci, prostitute e figlie di boss come me. Siamo quelle che devono sostenere l’onore della famiglia più delle altre e dare il buon esempio. Quindi facciamo sesso tra di noi. Dopo la Messa, mentre tutti stanno mangiando dolci e chiacchierando nel giardino di casa nostra ce ne andiamo a fare un giro nel bosco che dà sulla spiaggia e lì ci divertiamo. Comincia Brigitta che ci mostra un fisico da giraffa e le piace essere presa a schiaffi nel posteriore. Poi è la volta di Paolina che è grassa ma ha un viso bellissimo con occhi tipo egiziana e una bocca grande grande che quando ti bacia ti fa sentire divorata e quando ti lecca la senti arrivare dovunque. A me piace soprattutto Restia che è una selvaggia come me, graffia e mordicchia dolcemente e la sua pelle sa di cioccolato amaro o, forse, è solo amara, ma a me piace. Mi scalda immediatamente. Restiamo nascoste nei cespugli di zafferano a drogarci dei nostri sapori mentre ci risuonano ancora le parole del curato alla fine della Messa “Date alle persone ciò che vogliono ricevere e siate aperte a ricevere quello che vi viene dato con amore”. Intanto che ci baciamo la sabbia si mescola ai nostri corpi rotolanti verso il mare che ci accoglie sotto un sole cocente.

Toro


Un fumo avulso si erge dalla superficie del naso di un conte ombroso. Mentre i suoi capelli s’incazzano di grigio che sembra un bicchier di piombo sprizz. Devono aggiustare la strada mia cara, non ti pare una buona ragione per farmi un pompino? Via non tiriamoci i culi addosso. Non è di cattivo gusto? Il bon ton si apprezza, mentre il vino evapora dallo stomaco di una vacca alcolizzata ma felice di aver fatto la zoccola in una miniera d’oro. Meglio gli uomini dei tori. Si ripete mangiandosi un fico d’india. È la vacca del conte. Si chiama Frigidaire. Anche lui come tanti preferisce l’amore alternativo. Senza impegni. Ma per tutta la vita. Una vita che frana poco a poco addosso ad un aristocratico che conta le pecore per svegliarsi e scopa le mucche pensando di dimostrare di essere un toro.