Una Santa schiera di angeli si appresta a friggere il brodo di spugne di latta e bevande fresche di lattice bianco appena spremuto da un arrosto caldo di seni appesi alla campana della chiesa. Un gregge fedele si appresta a intonare l’Ave Maria in una spiaggia nudista e assolata della bassa ferrarese e s’inoltra in terreni molli e sconosciuti di gravità zero. Mi sposto di lato e cado su un arbusto sottile che mi attraversa la spina dorsale.
L’interstizio di una duna grigia mi guida nell’antro di un supplizio tra croci uncinate e rivoli di metallo pesante. Il prurito solletica la mia Rosanna nell’alto dei cieli e una matassa inviperita si snoda lungo tutto il mantello di Batman, mentre le lodi di colletti bianchi s’innalzano nell’alto del girovita di una baldracca putrefatta. Ridiamo in coro per una grigia cornacchia che monta le spalle di un damerino di corte del sole e scivola in un selvatico torrente di macchie di troie al pascolo in un fango che luccica di diamanti e perle non commestibili.
Svengo dolcemente in questo lago di trote e lucciole che illuminano la specie in via di estinzione di un umano con le pinne che esplora l’Atlandide dei suoi sogni erotici. Un posto dove l’amore trionfa sulla guerra e il pane sulla mignotta. Sento un coccodrillo sulla mia pelle e l’attrito mi eccita e gode della progressiva bruciatura sullo scroto di un pappagallo in calore sulla padella di una frittata immensa di gioia e scatenaggio infrapalle. Prego che una ludica essenza di farfalle non mini nell’interiorità la solida definizione di deretano che ci gira e rigira tra vortici di centrifughe cumuliformi che cantano in coro l’abolizione della schiavitù.
Archivi tag: trote
Delirio di Plastica
Elina si tuffa in un lago dall’acqua cristallina. Intanto un pesce fugge da un pesce più grosso. Elina nuota verso la sorgente del fiume mentre le trote si divertono a giocare a pallavolo. L’aria e fresca e le canne di bambù chiacchierano solleticandosi le ascelle con la lingua reciprocamente. Elina esce dall’acqua e va a fare pipì dietro un cespuglio e inavvertitamente la fa su una talpa che rischia di annegare nel tunne. Suo padre sta pescando dall’altra parte della riva e non la vede ma sa che si trova lì vicino dato che la sente cantare. Un rumore di jeep rompe la magia della radura. Da essa ne escono due uomini con una tuta rossa in plastica fosforescente e chiedono Vecchio cerchiamo un ospedale per nostra madre che sta morendo nel bagagliaio, sai dove ce n’è uno.
Non so dove c’è un ospedale, ma so dov’è un cimitero, che forse vi serve di più, fa lui.
Buona idea fa quello più alto, Mario, ma ora vogliamo un medico
Ne ho uno qui in tasca se vi va, fa il vecchio, diciamo che si chiami Taddeo
Ed ecco che il canto di Elina si fa più vicino. I due giovanotti si girano per cercare questo suono melodioso hce riempie le foglie degli alberi che anch’esse si sono fermate per ascoltare e anche il vento s’è fermato.
Tutto si ferma finché tra un rumore di rami spezzati e l’altro appare loro davanti una tipa abbastanza bassa, nuda con due tette enormi e i lunghi capelli bagnati e mossi e un delizioso pube di folti peli rossi. Gli occhi da tigrotta svegli e azzurri li squadrano e senza batter ciglio si avvicina senza inibizione portando i capelli sul busto ad accarezzare i seni quasi a indicare dove guardare.
Davanti a lei si ergono due tizi biondo platino, sbarbati e puliti che la guardano a bocca aperta.
Ciao sono Elina
Ciao sono Matteo, ciao sono Aldo
Silenzio
Se ne frega a qualcuno io sono Taddeo
Silenzio. No, non gliene frega a nessuno. Neanche alla madre ormai morta nel bagagliaio tra un delirio e l’altro.
Gola profonda
A piedi nudi in centro città. Piange una capinera d’agosto. Tra trote selvagge che si urlano dietro rimpiange il tempo di una cantante lirica che dominava gli spalti di uno stadio gremito di giraffe e tacchini mentre gli uccelli divoravano le sue note e si nutrivano di radioattività genitale.
Prega Ira di un Dio a forma di pioggia che lavi questa fogna di color satellite e irradia il pane dei giusti. Arlecchino ride e salta da una tetta all’altra pieno di rane gravide che da un momento all’altro erutteranno una volontà di pietra dalle lucciole del suo cervello.
Bevono gli dei una coca a forma di cola liquida perché cola dal lavandino un liquido appiccicoso e verdastro che assomiglia allo sperma di rana ruvida e insaziabile.
Vogo una gondola attraverso l’oceano indiano. Mi sono perso. Ma finché il mare è calmo non mi preoccupo. Questione di fortuna. In rotta per l’Australia. In effetti British Airways mi costava un po’ troppo. Meglio un oceano d’ippocampi per ascoltare la musica del cuore di un delfino zoppo. E occorre camminare sulle acque di tanto in tanto per mantenere l’esercizio e allora amen agli dei dell’Olimpico.