Un pene circolante vanifica sforzi di gabinetto eiaculanti in base al principio di probabilità di Thomas Jefferson di doctor House che invia stucchi di resina sintetica a carte geografiche fatte da google map. Perdio e per la madonna di un tricheco che nuota nelle acque della fogna di Calcutta, la più inquinata al mondo dopo l’acqua Perrier.
Da questo si evince che la cliniqua Montesquier ciuccia una banana con una cannuccia sifilitica e si rivolge a me con sorpresa chiedendosi perché la tosse non colpisce solo le canne di bambù ma anche le canne di marijuana. Ora, io dico e spero che una epidemia globale di gonossera non cambi l’idea che abbiamo del mondo, che in fondo anche le tossine di cannabis hanno il diritto d’incazzarsi a modo loro come le formiche di un tempo lontano e non sospetto. Poi il tempo è relativo allo spazio che è curvo come la gobba di Andreotti. Chissà se Einstein lo conosceva. Sicuramente sì. Altrimenti il Nobel mica lo vinceva.
Consideriamo che il digiuno di un Mastrocarno non influenza la banca dati php ma non è grave, in fondo anche noi troviamo porci in filosofia e non badiamo alle tangenti di un Expo 2000 che inaugura il secolo dell’alimentazione per quelli che non possono permettersela. Anceh la mafia vuole la sua parte in un progetto faraonico e divino al quale anche Obama non potrà che inchinarsi e quindi andiamo a casa per respirare un boccone di libertà superiore a quella che respiriamo nelle nostre gabbie elettroniche fatte per ombre di umani o per trasformare umani in ombra elettrica.
Mi gratto la pancia e erutto una penna che avevo rubato a un poliziotto durante la pennichella dopopranzo. Chiudo gli occhi e penso di morire per un po’, un attimo almeno. Un mattino di settembre.
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Me olvidaras
Un giorno saremo insieme a Barcellona e poi mi dimenticherai. Perché sei troia. E io coglione. Ma non ci farò una canzone. Ci farò una sega. E magari più d’una. E entrerai nel libro dei guinness. La ex a cui sono state dedicate più sedute autogestite.
Mi dimenticherai. Ma io non sono un pentolone bollito di escrementi di scarafaggio. Io sono qualcosa di più sottile. Io sono un paio di occhiali che si scioglie in una lava gelida di pesci lessi che cantano in coro una canzone lucida in stato post vegetativo da assunzione di stupefacenti. I Pesci Liquidi, si chiamano. Siamo una combriccola da bar. Una band posticcia come una parrucca su un cervo con le vene varicose. Di giorno suoniamo il clavicembalo e di notte non ci caga nessuno. Ma noi siamo convinti di essere grandi palcoscenici dove prima o poi suoneranno i falò delle vanità.
E costruiremo dighe di spermatozoi accumulatisi negli anni dalle radici degli alberi. E pagheremo le tasse a Tarzan. Noi insieme ai coleotteri di Odissea 2001 marceremo su Marte e instaureremo la dittatura liquida. Nel senso che oltre a suonare il clavicembalo berremo coca cola e ci laveremo con le mascelle di tricheco in polvere adiacentemente. Sii felice lettrice di balocchi stronzi. No, non sono volgare. Sono vero. Sono un microfono che scivola sulla spiaggia della fantasia e dà voce ai tuoi pensieri turpi. Quelli colorati di pece puzzolente. Quelli che il fango pregherebbe di tenere lontani da lui per non sporcarsi.
Il caso magnifica la fonte della vita finché il delirio non prenderà il sopravvento. E il delirio rivolterà il potere come il cacio sui maccheroni. Come la trippa sullo strutto di maiale. Come la vacca sul toro da monta.
Come cazzo finisce? Boh, per ora finisce e basta. Ciao.
Non è paese per fessi
Mi abbevero alla fontana del soglio pontificio e starnutisco alla presenza del pastore tedesco grattandomi le palle dei piedi. Mi costituisco alla forza pubblica per aver letto giornalini porno in età inferiore ai due anni. Il miglior periodo della vita di una bambina è quello premestruale. Tra tornado di carboni e venti che spazzolano i capelli alle capre di alta montagna deve raccogliere fiorellini per la Messa delle diciotto e trentacinque che si svolgerà sulla guglia nordoccidentale. Preghiamo insieme tra le granate della prima guerra, tra le fosse Ardeatine e quelle del Col di Lana. I candelotti di dinamite mi scoppiano in mano e tremano di fronte alla determinazione della mia corteccia cerebrale.
Il rosso fuoco di un verme solitario solletica il mio ventre e permette una scossa di terremoto che finisce per esplodere in maniera esplosiva ed erodere tutto quello che circonda la tazza del cesso papale nel tempo record di venticinque minuti e otto secondi. Quando esco ho fame di freddo e ghiaccio e prendo a calci nel sedere una gomma da masticare tra i polmoni di un tricheco fumatore.
Nella nuova caledonia non c’è posto per fessi, ma i rincoglioniti cronici possono sturare i lavandini e murare i gabinetti tra le fogne di Calcutta e i mari dei Sargassi.
Scio per i monti del Südtiroler Volkspartei cogliendo le genziane e le stelle marine a forma di trifoglio liquido mentre i gorgoglii dei dentifrici s’illudono di essere nominati Strofinacci della Repubblica delle Penne a Sfera per sette anni.
Margherita
Il suo cognome faceva “ghiaccio” in una lingua e “tricheco” in un’altra. Di nome faceva Margherita. In pratica era una foca semovente, bionda e ingobbita. La faccia ovale, con occhi ovali a bolla e a trent’anni ne dimostrava 90 o 150 era uguale.
Un’età fissa in un tempo immobile.
Rassegnata e non contenta a non opporre resistenza all’esistenza e a vincere la vita con la tattica camaleontica dell’acqua che diventa nera prima ancora di sporcarsi.
Margherita si guardava allo specchio la mattina appena alzata solo per prendere atto di una faccia nata vecchia e che non poteva permettersi il lusso di ammettere di odiare.
Muovendosi in maniera fantasmatica cercava di vegetare dando meno fastidio possibile ai propri desideri in modo da non averne. Sapeva che non avrebbe avuto voglia di avere figli per la sfida che essi stessi rappresentano. Uomini pure. A modo suo aveva già vinto dato che non aveva più niente da perdere. Tutto quello che viene, quindi è guadagnato. Mica scema. Sorrise guardandosi allo specchio e ammirando la propria intelligenza, mentre si infilava un paio di jeans e andava a lavorare come segretaria.