Lana di vetro


Maniche di torta si liberano in un’aria di usignolo che fischia una marcia nuziale al creatore. Che sfiga che la nascita sia sottomessa al cantico dei cantici, pensa, ma non facciamo troppi calcoli altrimenti ci fondiamo la frutta e moriamo di orgasmi.
Fischiano le creature di una valpolicella rossa e bevono drink alla frutta secca per inorgoglirsi e sentirsi dei davanti allo specchio di diodi elettromagnetici radionucleotici le cui meningi esplodono con un fragore che danneggia i timpani delle volpi che raccolgono la spazzatura dagli alisei.
Riservo una prenotazione. Per un viaggio nelle isolette greche. Per un viaggio al sapore di tridente con aliscafo e piroga nella massa stantia di un battello a vapore che sa di pesce marcio e reti non lavate se non dalla salsedine emessa dalle mestruazioni di un cervello gonfiabile.
Mi tremano le mutande mentre un grido di dolore al sapore di vitello mi lacera le vene e mi fa la predica dicendomi che avrei dovuto picchiarmi di più la mattina quando mi faccio la barba

Pino si è forato un occhio che sanguina e diventa grande


Un plico abbandonato si masturba sull’orlo del marciapiede in attesa di un traffico di droga che lo uccida definitivamente. Aggiungo un urlo di piacere ad una voce stonata che canta una canzone degli scarafaggi in suono beat. In ogni canto polacco c’è una torta che alza la gonna al cielo e scorreggia guardando l’inferno in cielo. Il fisico sardo di una capinera che gioca col coltello tra le gengive di un coccodrillo sfugge improvvisamente dalle mani sudate di un rospo. Cazzo, fa in un coro gregoriano in un sottofondo di sintetizzatori che fumano maria.
Vorrei un bloody mary che è una forma particolare di marijuana che quando la fumi cola sangue dalla sigaretta. E quando ti fai uno space cake arraffa i crampi del tuo stomaco per farne salsicce affumicate.
Mi dolgo e mi contorco nella colpa e nel perdono di un serpente acquatico che sforna torte al cioccolato dalle sue spire color lampone affumicato.
Respiro il profumo di osso di un cadavere caduto in trance in seguito ad un’overdose di ecstasy e finito in paradiso per errore e lì è infelice perché non ha amici né famigliari, ma si vende ogni giorno perché tutti lo reputano fortunato. Fin quando il tempo non finirà.
Un alito d’olio vergine recupera un ostaggio di terroristi buddisti che circolano in un’aureola discendente fino allo spazio onnisciente con un dio ignorante che si fa bello davanti allo specchio per essere adorato dalle creature del napalm
M’inchiodo ad un televisore a schermo piatto e ovale in una sesta dimensione delle ovaie di una puttana uomo che fino a ieri credeva di essere solo gay. Il dentista gli consiglia di mangiare più lentamente i cazzi di struzzo perché rovinano i denti e le gengive.
Un suggerimento si scioglie davanti a milioni di telespettatori perché tanto non lo ascolta nessuno e si appisola e evapora con la lentezza di una patata per diventare fritta e resta a mezz’aria pronto per essere respirato da un bambino saggiamente educato e che si eleva al cielo per tre giorni e per altri tre giorni impara posizioni erotiche in un’astronave aliena di passaggio e piena di turisti pensionati. È importante che i vecchi hanno molto da insegnare.
Fu così che Pinocchio diventò adulto. Facendo l’amore con la fatina dopo averla sequestrata nella pancia della balena.

La dama delle famelie – parte due


La cosa non va per il verso giusto. Avrebbe voluto una cosa serena e civile, e invece le usciva solo voglia di uccidere. Proviamo a calmarci, pensa, facendo anche una pausa di silenzio.
Lui continua a riempirsi il palato con zucchero imburrato di cacao quasi a digerire in una nuvola di dolcezza qualsiasi cosa gli venga lanciato.
“Non voglio più stare con te” “Perché?” fa bevendosi una birra come se gli avesse raccontato l’ultima notizia del telegiornale. “Perché te l’ho detto e perché …” “Perché…?” “…p-p-puzzi” “Puzzo?” “Sì, sì. Puzzi. Sì puzzi. Come una capra puzzi, non ti si sta vicino quando parli, puzzi di ascelle, di aglio, di birra, di fumo accumulato da anni nei capelli e nei vestiti, la tua pelle puzza e non parliamo del fatto che scoreggi allegramente facendo sesso” “E ti dà fastidio?” “No, non è fastidio, è agghiacciante. La metà delle volte mi tocca di fingerlo l’orgasmo, perché tanto so che non vengo più e mi chiedo se la prossima volta riuscirò ad abituarmi. Non ti sei mai chiesto perché non esco mai con te in compagnia?” “Vuoi stare con me da sola, no?” “No, no, anzi, no. È solo perché nessuna delle mie amiche resiste alla tua presenza. Dopo che sono stata con te devo andare a casa a farmi una doccia e lavarmi anche i capelli prima di poter vedere qualcun altro” “Vedi qualcun altro?” “Cosa c’entra” “C’entra visto che lo tiri fuori tu e che invece di dire di no subito cerchi di prendere tempo” “No, nel senso ‘altri’, ma no, sì, sì, vedo anche qualcun altro, tanto vale che ti dica tutto, tanto avevo già deciso di farla finita e ho cominciato a vedermi con qualcun altro, uscire e basta, s’intende…” “S’intende” “…ma mi piace e mi ha fatto pensare che …” “Che?” “Che esistono altri uomini al di fuori di te, del tuo basket, del tuo mondo delle foto e dei ranocchi e rettili che fanno schifo. Insomma non ti sopporto più. Hai capito?” “Ho capito, non c’è bisogno che alzi la voce”
“Io voglio un uomo che ci sia non che abbia mille cose da fare, che pensi a me, che posso sentire vicino, che ci sia quand’ho bisogno di lui, uno che posso presentare alle mie amiche e con cui uscire in società e che non pensi solo a due o tre cose e basta e solo a se stesso e io a fare solo quello che vuole lui, tra cui il sesso” “Il sesso?” “Sì ne ho abbastanza di farlo tre volte al giorno, è troppo, sembra un lavoro” “Mi sembrava che non ti dispiacesse” “Sì, no, all’inizio era bello, ma così è troppo, voglio qualcuno che abbia il giusto equilibrio nelle cose e che mi ascolti e che sia interessato a quello che faccio io o di cui parlo io” “Sono interessato, quelle poche volte che ne parli. Se non parli, non so cosa farci. Penso che ti faccia piacere ascoltarmi o le cose che faccio e così vado avanti. Se tu non ti mostri non posso certo farlo io per te” “Sì va bene ma…” non so cos’aggiungere “E poi non capisco perché tutte ‘ste cose non me le hai dette prima” “Prima? No, non volevo rompere una bella emozione. Ero innamorata e anche tu. E non volevo rovinare tutto arrabbiandomi per una cosa o per l’altra” “Capisco e lo fai tutto in una volta quand’è troppo tardi. Credi che sia più costruttivo?” “N-n-no, ma oramai” “Appunto oramai. Voglio dire se mi dicevi prima che puzzavo, ok, non sarà piacevole, ma la soluzione non è difficile, mi lavo e punto, problema risolto” “Sì, in effetti” “Invece di farlo montare come la panna” “…” “E se mi dicevi una cosa dopo l’altra anche quelle si risolvevano. Sono un essere umano. Ogni tanto ho bisogno di spiegazioni” “Ma te le ho spiegate” “Ma non in modo da farmele capire. Voglio dire se vedi che non ho capito, puoi rispiegare. Anche urlare è permesso, non ne esco con un trauma infantile. Non è che lanci una parolina lì e uno deve essere telepatico” mi metto a giocherellare con il cucchiaino da caffè “E poi c’è un’altra cosa. In tutto questo mi piacerebbe sapere dove sono io” “Come sarebbe tu? Il problema è proprio che non ci sei altro che tu” “No, qui non ci sei altro che tu, che la tua check list, e le tue esigenze di come dev’essere un uomo. Ti sei chiesta se anche io voglio una donna in un certo modo? Che forse anch’io ho bisogno di una donna che sia lì per me, per darmi una mano. Sembra che ci sei solo tu e le tue esigenze e stai solo mettendo delle crocette se soddisfo o no le tue esigenze” “…” “Forse tu non lo sai. Non è che lo pubblicizzo in giro eh. Ma io chiedo spesso se vado bene per te, se non ti faccio perdere tempo. Se una cosa ti piace o no, e da quello che mi dici adesso no, ma se mi pare che ti piaccia, tipo il sesso, cerco di dartene più possibile, e adesso imparo che era tutta una commedia. Per esempio” “…” “E poi mi chiedo che se questa storia finisce, se avrai un bel ricordo oppure se magari non finisce, se sarò giusto per la tua vita. Non te lo dico tutti i giorni eh. Anzi mai. Ma me lo chiedo, mentre da quello che mi dici tu non te lo poni neanche per sogno”. Silenzio. Un silenzio tanto lungo quanto assordante che devo interrompere con qualche balbettamento “Beh, non ci avevo pensato e adesso che me lo dici…” ma oramai è lanciato e non mi caga neanche “Io per esempio voglio una donna che parli subito, chiaro e relax invece di portare le cose ad un punto di non ritorno. E voglio una donna che si chieda che esigenze ho io e se può fare qualcosa per me. Ovvio che si fa un compromesso. Ma mi pare che tu sia entrata nel mio mondo per vedere se andava bene per te. Hai deciso che no. E adesso mi dici ciao” “Ecco…” “E pretenderesti pure che la responsabilità della cosa sia mia” “No, non pretendo che la responsabilità, cioè…Scusa…” faccio abbassando gli occhi e chiedendomi se potrei suicidarmi infilandomi un cucchiaino nello stomaco “…non pensavo…che…ecco, scusa, sì forse ho sbagliato e non mi sono resa conto…che pensavo, che non ho pensato a…cioè mi sembrava di pensarti e che invece tu no, e …oddio scusa”.
Silenzio. Se il silenzio può uccidere ti prego fallo ora, sì proprio in questo istante e preferisco anche affrontare il diavolo piuttosto gli occhi di questo che mi fissa e che mi fa sentire, beh, non ci sono nemmeno parole, no, neanche quella, per dire quanto mi senta un escremento dell’escremento. “E adesso, come rimaniamo?” “Rimaniamo che paghiamo il conto e ce ne andiamo. Cameriera?” “Sì, fanno 11 euro e cinquanta” “Tenga il resto” “Grazie” “Prego. Comunque la torta era uno schifo”