Spara sorcio


Un’eiaculazione onirica spara al sedicente ferrarista al culmine della gara di lacrime. Lo scroto della vita è un gioco di odio assassino che si esprime tramite la felicità di una lucertola che recita nella commedia dell’arte la parte di Pinocchio. Rettili gioiosi cantano una lirica di Rossini mentre l’orgasmo di un prete circonda la sala Messe e una parrocchia prende il volo per risorgere il terzo giorno. Quando lo spirito santo ricadrà sul midollo spinale della lucertola invertebrata che gioca col tempo pensando che sia un verme di terra che la ama come fosse la sua sposa. O la sua spesa.
Tra i banconi del supermercato vedo un barbone che piange e si dispera e chiede a Dio di farla finita prima possibile ma non c’è verso e deve resistere fino alla fine del mondo.
Un gas sconosciuto attraversa le regioni remote della vestaglia del datore di lavoro che mangia finocchi per scoreggiare meno gas. Il letame della sua anima incrocia gli occhi di un manovale di basso gradimento e il risultato si legge sulla mezzaluna di un cimitero copto 3.0 e via così.
Lo scontro di amicizie si risolve tramite il rituale islamico in un’area di calcio sufi che danzano i danzatori nella paura di una scheggia di morte sotto forma di pantofola sorridente come una cagna assatanata di sangue di giovani vergini. L’odio di una mezzanina contempla il periodo di un pendolo asfissiato di ragù nel torsolo di un tappo di sughero su una bottiglia di stronzi macerati nell’olio piccante. Sempre sia lodato il pendolo di Aladino, sotto forma di jet e sotto forma di siluro di livello Alpha.
Mi addormento in una siesta elettronica dopo aver mangiato spezzatino di pollo alla milanese. E mi inietto una dose di curaro per non sentire più la sofferenza di un topo che si fa la lampada abbronzante. Lo stomaco vuoto reclama il sangue. E la saliva di un vampiro condanna uomini, donne e bambini alla ghigliottina di un severo padre nostro.
Ora andrò a confessarmi con l’animo puro e con le gengive sanguinanti.

Il management del topo


Una sedia a rotelle. Elettrica. Cioè. Una sedia elettrica a rotelle. Ecco. Fu questa la soluzione inventata dal management del dipartimento per ovviare alla cronica mancanza di noccioline torrefatte di escrementi topo che facevano impazzire gli estimatori del caffè d’ufficio. Secondo loro bastava accendere la sedia mentre si degustava il caffè e immediatamente il sapore di un caffè da quattro soldi sarebbe stato recepito come un urlo di Satana.
La cosa avrebbe fatto risparmiare parecchi soldi al dipartimento dato che l’elettricità per far funzionare la sedia era tra le spese generali quindi non imputata a noi.
Tutti quelli che avevano rotto i coglioni per avere un caffè di qualità vennero obbligati, sotto minaccia di licenziamento, a berselo tre volte al giorno nella sedia, in modo da farlo risultare un investimento utile dato che veniva usato molto spesso, e poter dimostrare quanto era il risparmio per ogni utilizzo. Nonostante il basso voltaggio non si riuscì ad evitare la torrefazione lenta del cervello delle cavie da laboratorio.
La cosa fu considerata un “male necessario” dal management che ricevette comunque una promozione per i risultati comprovati di risparmio. La spesa per la promozione fu superiore all’entità del risparmio. La spesa venne quindi coperta evitando di rimpiazzare parte del personale perso che tra l’altro era anche eccessivamente sindacalizzato.