Il suo cognome faceva “ghiaccio” in una lingua e “tricheco” in un’altra. Di nome faceva Margherita. In pratica era una foca semovente, bionda e ingobbita. La faccia ovale, con occhi ovali a bolla e a trent’anni ne dimostrava 90 o 150 era uguale.
Un’età fissa in un tempo immobile.
Rassegnata e non contenta a non opporre resistenza all’esistenza e a vincere la vita con la tattica camaleontica dell’acqua che diventa nera prima ancora di sporcarsi.
Margherita si guardava allo specchio la mattina appena alzata solo per prendere atto di una faccia nata vecchia e che non poteva permettersi il lusso di ammettere di odiare.
Muovendosi in maniera fantasmatica cercava di vegetare dando meno fastidio possibile ai propri desideri in modo da non averne. Sapeva che non avrebbe avuto voglia di avere figli per la sfida che essi stessi rappresentano. Uomini pure. A modo suo aveva già vinto dato che non aveva più niente da perdere. Tutto quello che viene, quindi è guadagnato. Mica scema. Sorrise guardandosi allo specchio e ammirando la propria intelligenza, mentre si infilava un paio di jeans e andava a lavorare come segretaria.