Aissa


 

Aissa, una pelle di un nero ebano che riflette la luce della luna come fosse uno specchio, si siede in cima ad una scala e sogna. Guarda davanti a se il torrione di legno e scale sgangherate. Ripensa al falò delle vanità che consuma sua mamma e che la spinge a svendere la carne e l’anima per vivere in un castello come quello.

 

Un marchio d’infamia la perseguita per ogni dove e le rende la vita da adolescente più un inferno che un piacere. “Ci sono tanti modi di prostituirsi – pensava tra lacrime che riflettevano la luce della luna piena che entrava dalla finestra – e mia madre li usa proprio tutti”.

 

Nel silenzio della notte, persino l’essersi rifugiata in cima al castello non le impediva di udire le grida di godimento. “False come Giuda” pensava.

 

La madre, fotomodella di origini congolesi, le spargeva senza pudore in ogni sala e camera disponibile. Dormire era possibile solo tra un assalto e l’altro.

 

Il nuovo compagno era un ex pugile olandese, che aveva vinto tre titoli europei e ora gestiva società sportive.

 

Aissa l’odiava per l’odore acido che le lasciava sulla pelle di giorno, quando la madre era fuori. Era comunque decisa a partire alla ricerca del suo vero padre. Non appena finiva di studiare. Era per quello che la madre stava con quel bestione. Era quello che le diceva lei. Aissa non vedeva il senso di tutto questo, ma voleva fidarsi.