Il diamante della fortuna.


Spargo nei denti dell’atmosfera rarefatta un pianto sibilante come la polvere da sparo che passa per il tuo occhio e ti friggo l’anima senza che te ne accorgi, bambino assurdo. La carica caotica degli acini di zenzero mi toglie il respiro affannoso della cyclette e apre i pori della sauna per i piaceri della nonna.

Soggetto passivo che leggi e pensi. Cosa pensi? Vaghi nel sonno ipnotico di una lettera che porta un suono che porta una luce nella tua mente che porta un’emozione nel tuo cuore sempre assetato, sempre affamato, sempre disperato. Hai paura?

Leggi il mentolo dell’arte, la pillola di fumo eufemistico che porta all’amore lesbico di due poggiacarte sodomiti creati dall’amore di Afrodite. Dea della banana in calore. Hai caldo? Non raffreddarti. Hai voglia? Coltivala. Hai sete di vita? Che scorra nelle tue vene senza farle scoppiare.

Hai stuprato una tartaruga? Succede a tutti prima o poi. Anche di trovarsi con dei mandarini nel culo, andati a male, oltretutto. Senti il rumore di Polifemo mentre mangia la Mirra nel museo dell’Odissea, mangia come una scrofa, e mastica carote, no, non le mastica, le usa come stuzzicadenti.

Sei un soggetto aulico, abulico, no abulimico. Sei quello che mia bisnonna definiva un arco pantotenico della natura, una vitamina al contrario, praticamente. Lo so che non capisci, ma fa lo stesso, se fossi qui per capire non continueresti a leggere. Sei qui per sentire i ritmi del tamburo cosmico dentro di te. Per fare l’amore con l’universo come facciamo tutti. Come con le tartarughe.

Una lacrima scorre sul divano a forma di farfalla lesbica.
E si fa una pera di lana di talpa.

Tanto per cambiare


Aulico bulimico si diverte nella pioggia dei colori bianco e nero in una musica psicadelica che sa di merda. Giuseppe non sapeva che sua moglie lo tradiva e che si faceva di coca. Cola s’intende.
Le erinni consumano il loro piatto abbondante di cevice peruviano e mollano peti senza pudore e sudano senza fetore. Il giro dei venti si interseca al pollo allo spiedo di mia madre che si ritorce le budella dal ridere mentre lei lo spenna lentamente. Penna rossa penna bianca, caro amico mi sento bene oggi, cerca di tirarti su il morale anche se muori in un’esplosione nucleare. Vedi che le cose cambiano prima o poi? Lo so moriranno anche tutti quelli che conosci, poco male, io no, e quello è importante quindi siine contento.
Allegramente il pazzo ride e va al cine Se va al cine guadagna un pollo spennato e arrostito, che ride. Non ha voglia di andare al cine. Ha la febbre alta, ma ha voglia di pollo che ride. Si alza e si trascina al cine. Ma davanti alla cassa scopre che s’è scordato i soldi. Torna a casa per prendere i soldi. Torna al cine ma il film è già iniziato, allora ne cerca un altro ma non ce n’è più. Piove e si bagna. Prende una polmonite. Torna a casa e cerca almeno di guardare la tele ma si addormenta e sogna un film. È la storia di una vacca che si chiama Vittoria che vuole rompere il muro del suono. Prende la rincorsa e si scorna contro il muro dove sopra c’è scritto “suono”. Ma si rompe testa e corna. E il muro le mostra il ditino. E ride. E anche il pazzo si sveglia ridendo alla grandissima. Tutto passato, polmonite eccetera. Allora va al mercato e si compra un pollo arrosto e la risata se la fa lui. Ora vado a lavarmi i capelli. Che puzzano. E anche tu faresti meglio a lavarteli. E anche a lavarti il culo.
Va beh.

E Dio disse “C…”.


E Dio disse “C…”.

Un occhio vede al di là della porta. La chiave è il segreto.

Un miracolo si compie nella strada in mezzo al deserto e ascende alla quinta dimensione.

Un sogno erotico si stampa nel mio corpo e ne porto i segni di fuoco.

Evito di farmi portare dal vento della passione e l’istinto procede senza ragione.

Felicemente mi siedo della radura, in una sabbia bianca di dune scoscese, dove il mio piede affonda, bruciando. Non c’è spazio nel calore. Il fuoco arde e mi consuma l’ossigeno. Il ritmo mi possiede e batte il mio timpano contro una parete sussurrandogli parole oscene, mentre i pesci mi danzano in testa.

Amami pazzo che balli il tango al suono di un sintetizzatore.

Amami e devastami il suono dell’universo. Balliamo al suono della parola diddio. Il nostro amore si nutre di sesso. Uniamoci al nostro dio in un amplesso solare. E ridiamo con lui in un rapporto a tre, in un atto d’amore divino, mentre ci perdoniamo i nostri peccati di gioventù.

Esco dalla porta dell’universo e la chiudo a chiave dopo aver bevuto la linfa degli dei da cui partorirò il figlio dell’uomo.

Chiedimi, pazzo, se l’amore ha un sesso.

Dimmi, pazzo, se il limbo è uno strato di sabbia rovente.

Dimmi, pazzo, che cazzo sei venuto a fare tra gli uomini.

Uccidimi pazzo, perché così saremo liberi di volare via dalle feci di un angelo con la diarrea.