Ode alla lirica. Nello stato di vano vacuo nel quale Ammannia vive una vita silenziosamente un grido fugace si staglia contro una carotide innocente.
Vagheggia nel vago pensiero di una stella cadente sul suolo natio. E fugge. Fugge e rifugge lontanamente accecata dal ricordo dell’angoscia disperata di una bambina mutilata di capelli sinuosi come serpenti.
Si strappa parrucche e vesti sottili come l’occhio d’un gatto e corre nell’autostrada della vita e della morte. Contro un pianeta che guarda la notte con un occhio solo.
La sua vita fugace e verace prosegue per poco e un condor insozzato di nero la rapisce per portarla in un sudicio pendio per approvvigionarsi.
I sogni rinvengono alla memoria di una sonnambula e evaporano come una bistecca al sole d’agosto e la testa le gira dalla fame. Si alza prende una penna e scrive e scrive e scrive…