Il compagno di scuola
Bomba o non bomba mi travesto da vello dorato dopo aver sconfitto gli arcangeli che scendono e salgono nelle scale di marmellata alle prugne. In un sottofondo di urla da baccanti, Valentina si sfiora leggera e solletica la propria voglia di cantare le lodi del Signore con un orgasmo in suo onore.
Respira in una damigiana di petali di rosa nera per trasformare il mare in libellula sofferta. Quell’attimo di dolore e sapore di spremuta la porta a dipingere la faccia di una maschera veneziana in cima al monte degli dei bevendo un caffè.
Dipinge il giorno dopo un compagno di merende che mangia con la bocca dentro alla pasta ed emerge solo quando il sugo gli ha dipinto tutta la faccia fino ai capelli e non si accorge che quello è il suo sangue e che da lì a poco morirà. Ricorda quella scena e pensa che la venderà a caro prezzo.
Poi studia per il proprio esame di diritto che è domani. Si legge le domande che le ha passato stanotte il professore. Ieri le aveva allungato una mano in ufficio mentre lei pensava che non c’è ragione di fare le cose difficili quando si possono fare facili.
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Una canottiera bucata
Il solletico mi raggiunge nell’intimità di una pandora attinente al genuflesso. Lui o esso attiene al campo della meditazione trascendente. Trascendente il piatto barilla. E prega un quarto d’ora che lo faccia respingere i conati di vomito provocati da eccesso di zuppa di intestino di vacca.
Una ragazza sogna il princi. No. Una ragazza sogna. Ecco. Sogna e si tocca. Si tocca e mostra il ditino bagnato al principe dei suoi sogni. E il cane annusa il fiato che puzza di cagna in calore e si libera dalle catene del senso di colpa e procede all’investitura regale della bella cagnetta. Pensieri che giacciono sotto la sponda di Saturno. Pensieri che si librano in un water che sprofonda nella diarrea di uno stufato di mamma tua. Codici genetici si modificano mentre spediscono il curriculum per diventare dei buoni soldati al servizio di chi li sevizia. Ed è per questo che il lavoro rende liberi. La libertà non si compra. La libertà si soffia su un alito di vento. Quindi la morte in una nuvola di nebbia spiove dolcemente su un sito web e la scorza della casta non serve per fare una spremuta di limoni acerbi.
Guardo la pioggia e penso che non c’è niente da pensare e mi gratto i coijoni sotto quest’afa nordica che sa di puttana soffritta. Una spremuta di tette in bikini. E piove sempre di più. E non penso. E ascolto il trapano che perfora la mia mente senza fare troppo casino. Ma comunque un po’ sì.