Bianco Natale in una scritta d’alluminio


Una fumata di bianco indica che il Pippa del giorno è stato eletto. Gl’infilano un cappello che è almeno cinque volte più grande della sua testa e una quintalata di sottane e collane e poi lo mandano in giro con una stampella dorata e dicono che è un pastore in mezzo ad altri pescatori di anime. Insomma, meglio fischiare che prenderlo sul serio. Tra un po’ finiremo anche per adorare un triangolino con un occhio in mezzo.
Girotondo casca in testa a una pizza tuberosa che non mangia sassi da una settimana. Tra una distesa di rinoceronti e l’altra fuoriesce da secoli di stitichezza e liquore al limone. Bevo un goccio di rabarbaro al piacere di sesso. Una ripida distesa di zebre mi ricorda l’appuntamento dal cardiologo. Mi psicanalizzo dalla punta del piede alla ripida distesa di una bolla di sapone.
Mi drogo di barre di cioccolato mentre scrivo una lettera di demotivazione ed elenco le mie esperienze erotiche in un film porno. Dichiaro in alto la cosa più importante, l’aids, che mi permetterà una rapida assunzione e carriera all’IBM dato che loro accettano la diversità. Perché non siamo razzisti quando ci ammazziamo a vicenda per un posto di schiavitù. Quella è stata abolita e allora preghiamo insieme al pastore pescatore affinché la pace regni nel basso ventre della scrofa semiliquida fumosa di fumo rosso.
Parlo con le lettere dell’alfabeto gesuitico che va dall’aramaico all’inglese post moderno in un circo di equilibristi gay.

Una gonnella in calore osmotico


Prude l’orecchio del presidente. In una folla folle che lo abbraccia e ride si tritura le spalle di formaggio intergalattico ed esplode in una scorreggia salata che uccide alcuni bambini troppo vicini alla fonte di calore. Morti per osmosi tecnica, questo il referto medico che chiuderà l’inchiesta sul culo del presidente.
Una lirica commerciale si sposta nel soffio di un tornado di noia mortale tra thè e barbiturici di un’attrice col raffreddore. Immortalata su pepe verde in abito da sera si pavoneggia nell’auto di calamari sotto un sole caprino. Salta lucciola della folla per una folle folla di applausi che significano gloria e microonde per un caldo calore della tua sottana.
Il bianco e il nero trasformano le sottane in un unguento di mille coriandoli appiccicosi e s’intersecano baciandosi caldamente lungo il tracciato di una montagna russa in cima alle montagne tempestose. Un’unghia si brucia lentamente friggendosi le ali tra un bombardamento e l’altro di aglio piccante che condisce e odora di spezie due amanti che amoreggiano in cucina finché lei non gli fa un pompino mentre lui mescola il pasto della sera.

Cogito ergo escogito


Girando escogito placidamente code di volpi argentate nella lunga pelosa giungla di corredi matrimoniali cuneiformi. Senso. Di cappotto acerula che s’avvinghia e dipinge multiformi ancelle di un dio a forma di piede. Leggerezza e santità chiuse in un chiostro si saldano sulla via di Medina, là dove lo schiavo arabo prega in tibetano cistercense. Pannocchia grigio ferrea ti scolpisci azzurra nella vigna della S. Maria Capo a Vetere. Trimezzana nascosta si spende nell’aquitrino palumbro e scontroso. Esse camminava sinuosamente nella vetta del ciel d’agosto. Sottane svolazzanti e tacchi a spillo. Ed esplode sotto i garofani e i tulipani splendenti. Soli e felici ci baciavamo tra granchi e pietre nella luna sfoggiante mille rivoli di iodio. Trafitto da mille frittate mi affliggo onesto e impietrito davanti a petulanti pentole gasate di vin santo e benedicente. Lauro si masturba mentre ride davanti a comici cornuti di bolscevici animali della prateria. Dopo si stira le camicie che il David di Donatello garrisce di sabbia incolta ed eterea.

Mentre raccolgo le spighe di una mamma furibonda, gli esseni accontentano una dolce figura dipinta in mezzo a mille occhi di nocciola e riso grezzo.

Schizza petrolio da seni rubicondi.

Schizza paura da animi inquieti.

Spazza giocoso seminando il pastore.

E giro in tondo attorno al castello di sabbia e ricordi poderosi esplorando la coscia di Elisabetta troiana al pisello.

Uggioso benedico il capitello di punta Iolana che scroscia lentamente su cime tempestose e gronda di ascelle terrene la ridda di granchi che si sgranocchiano per un tozzo di pane.

Pane di panna che si asciuga e rotola in un fil di rame disciolto in una stazione adiacente.