Mi piego in un canovaccio di mutande


Scenari di peti all’aria aperta inalano l’aria pulita e soffocante del deserto africano. Il sole fiammeggia e ride solitario di barzellette che si racconta da solo. Giuda si sfrega il naso contro tette moribonde piangendo e scopando mentre una rachitica Madonna gli solletica il piede con l’alluce e gli dice “Amore succulento portami nelle grandi praterie a sollazzarmi di fieno ” e lui le sussurra “Certo cara stronza che ti appendo per le gengive e ti colo lentamente nel brodo di carne”. Entrambi mancano l’orgasmo di un soffio e si accendono una sigaretta di crine di cavallo giocando a carte con bertucce nigeriane.
Propendo in effetti per una cornamusa d’avorio e silicone, mentre mangio i pezzi di una banana raggruppata intorno a graffiti di metallo e rame in una grotta del Kentucky egizio dove i celti hanno imparato a suonare il mandolino e a ballare la tarantella napoletana in mutande di stirpe ascellare.
Negri sudati mandano effluvi di mango a vestali che ballano in girandole di fieno nell’unica grotta a disposizione del Neanderthal per i suoi libri e videogiochi. Ma è una festa se ti pare.

Un’ostia val bene un pugno in faccia


I nervi saltano come corde di una chitarra di burro al canto di un usignolo epilettico. Ecco che vola nel cielo azzurro. Ecco che muore nel cielo azzurro. Ecco. Esplode. Di birra e vodka.
Un usignolo russo che sfreccia nella metropolitana moscovita.

Prendo in mano la musica di una felicità sconosciuta. Mi metto un naso in ammollo per un minuto quantico.
Fratello sole e sorella luna e puttana. Ti schianti contro un toro in calore senza reggiseno né peli sulla lingua. Senza brandelli di cervello infuocato di traverso a uno steccato dove si appende la biancheria di un ranch attaccato dai coyotes indiani.
Insediati in una discoteca si muovono sinuosamente in gruppi di sciacalli e saltano da una droga all’altra mentre il sole gli cuoce il cervello e la polvere di coca del deserto gli entra dalle narici e va direttamente a contatto con le feci fermentate in gola tra cancri e duodeni a forma di salsiccia.

Erotico blues ti muovi e fai muovere un opossum fumato tra un manga mal digerito da un ranger in cerca di cacciatori di taglie ritagliate da un giornale delle giovani marmotte.

Mi masturbo con un elastico e viaggio nell’universo con la facilità di un orso bianco, mentre l’insonnia mi divora la cervice e l’alcol mi nutre lo spirito santo di un vaso di vino giovane e bello come Penelope che adescava i Proci promettendosi a ciascuno di loro.

Odo la voce di un canale episcopato. Genera calore nella radice delle corna. Arturo si fida. E si butta a capofitto nel nuovo lavoro. Deve ricoprire la Nigeria di sperma di gallo nero. Ha tutta la vita davanti. Può farcela anche facendo attività di controspionaggio pregando Dio che lo benedica in un coro di angeli che non siano gay.

Oro Pando


Onda lunga in salsa liquida m’interessa la voce della nonna Panda. Nonna Panda soleva flirtare col Carroccio e preparare salse al peperone tamburellando con il fior di cotenna. Condiva sole, luna e stelle condite in salsa di pomodoro. Per portarle in riva a un monte e sedurle con un sitar indiano.
Una voce liquida tramonta sulla Senna e Parigi si sveglia per rifornire la notte di Eros e Marte. E per riformare il sistema sanitario. Rialzandosi con fatica la statua di Arianna si accoppia con Apollo in una discoteca nel quinto arrondissement parigino, là dove una ex maitresse ha aperto le porte alla grancassa della banda di paese per fumare marijuana dalla vagina di un serpente. E suona la marsigliese. Suona e accoppia gli stendardi in moribondi infernali che succhiano la vita da pinoli al peperoncino. E restano aggrappati a divani a molle arrugginite da urine acide ed escrementi rinsecchiti che il Gange benedice. E benedice anche la mia assicurazione sulla vita. Con un sitar indiano. E la musica folleggia nella nuit parisienne, tra trans che abbaiano per la strada e scimmie aureoleggianti che scoreggiano allegria sotto forma di elicotteri ad idrogeno liquido.
Mi dico che posso volare. E la festa di paese si riempie di pane transgenico proveniente dalla Cina, preghiamo quindi per la nostra baguette quotidiana sotto forma di fallo emergente.
Mi mangio un ossimoro di bue e mi unisco alla festa chiassosa, mentre Internet spara bit all’impazzata in cervelli di cuoio tappezzato di blu.
Una colica dormiente si corica su divani brillanti e puliti e schiaccia un pisolino per recuperare le energie per la prossima festa.
Bonne nuit Michelle, ma belle.

Uno splendido sole marcio schizza sperma rosso sangue


Dentro un miraggio californiano esploro la strada che mi porta alle isole del santo bevitore. M’immergo in una ruota cristiana mentre il vento sfracella un materasso sifilitico.
Reggo una chiesa intorno a me, mentre croci danzano la polka e partoriscono mostri policronici.
E la torre di Babele beve Coca Cola Light in un variopinto muro di Berlino dove ebrei e coleotteri danzano succhiandosi il pollice, lì dove una sirena della polizia seduce pescatori ignari dell’amore di una bambina che ride.
E danza.
Suonando una chitarra elettrica in un volo Ryanair.
Preghiamo insieme e diciamo “Vai e buttati in una mensola d’oro e caga otri di vino rosso affinché noi possiamo bere la sorgente della verginità.
Noi ti preghiamo.
Amico nostro e fratello di mille vergini che come fiori neri aspettano su fichi d’India e spine di rosa tremula.
Dacci oggi la nostra carne celtica e pisciaci addosso dicendoci che piove, e amen”.
Ebrei e negri si fondono insieme mentre la lingua si scioglie nelle bocche appassionate di figli della dea Alluce.
Sapienza divina che presta il sesso al dio per benedire ogni fedele del santo bevitore.
In una gioia rido. In una risata cago. In una cagata muoio. Felice come in un orgasmo eterovaginale.
“Ti ringraziamo per questo bicchiere di ambrosia che sa di liquido riproduttivo. Sorgente di vita e di coca cola. Fonte di happy hour e spregevole seno a coppa di champagne che sprizzi nettare degli dei”.
Mi sparo in bocca davanti al mio sintetizzatore cantando Alleluia Ryanair hare hare hare…

Ho un crampo


L’Esculapio anchilosato nell’antro di un folle che riempie di mazzi di rose e orologi d’oro purissimo. Sergio si fucila un dito con la sirena della polizia e grida a crepapelle “Che male il pollo per un dito”.

E così il sole si staglia, il sole tramonta nel ruvido cielo agostano in un’isola della pianura padana tra sterchi di vacche e spighe dorate. Sergio si guarda. Il viso abbronzato riflesso in una palude tra rane e zanzare. Vedo due occhi piccoli come girini con in mezzo un ciuffo biondo platino che sembra un pezzo di vernice dorata. Si guarda il dito monco e se lo ficca nel…naso.

Fare footing al parco…


Lo sfregio del corvo aleggia durante il fine settimana rompendo uova e finestre.

Il candido calore di una linfa scuote una matrona stupita alla finestra sul cortile di una casa ottocentesca che lascivamente si lascia cadere sotto i raggi di un sole passionale.

È primavera e i germogli di canguro nano hanno un colore sanguigno nell’aiuola di casa mia e non vedo l’ora di metterne qualcuno nel mio frullato mattutino.

Ascolto l’Aida che scorre nelle vene del mio termosifone di sangue blu.

Mentre raccolgo pomodori bellici dallo scroto di un cavallo da circo la vecchia matrona si masturba e cade dalla finestra, si spappola sul cancello appuntito e…

Vedo e prevedo


Vedo un camino scoppiettante nella radura di Dio. E, mentre un cervo batte sulla tastiera il messaggio erotico per la collega d’ufficio, il tarlo dell’insonnia si stura le orecchie nel parco di divertimenti per bambini stereofonici.

Elia dirime le sfide tra tori che s’incornano e meduse che si baciano.

Due samurai fanno penitenza sul selciato di una chiesa bizantina ed Elia divide il suo pranzo di cioccolato con Irina che guarda l’ultimo esemplare di tubo catodico dell’impero zarista da quando il pianeta Terra è stato abbandonato. Aleggia su di loro il Cordone Ombelicale e il seno della Via Lattea.

Mentre il sole chiude un occhio, gli alci e gli altri impiegati tornano a casa per il fine settimana.

 

Dammi cinque!


Ok amico oggi non scherziamo, non parliamo di dio, di amore o di porno, non parliamo di morte e di vita, sole e luna, stelle e puttanate varie. Neanche di un orgasmino. No, niente. Oggi mi sento un po’ zingaro. Mi sento folle e mi abbandono, mea culpa. Mi sento di volare e pisciare, mi sento un po’ lascivo. Non dormo bene la notte perché ti desidero e il mio corpo ha singulti sincopati, in controtempo, e urla di piacere e dolore perché vorrebbe scoparti. Il mio corpo si stacca dalla pelle e si lacera sul pavimento contorcendosi come una piovra. Oggi il mio corpo va per conto suo e ti voglio far sentire come pulsano le sue vene. Perché pulsano. Dove e quando. Pulsano che sembra che scoppino, e ogni tanto, in effetti, un po’ di sangue ci scappa, ma non è grave. L’importante è che tu lo guardi e godi nell’assaporare il tuo potere, perché tu sei Dio e lui è tuo schiavo. Puoi fargli quello che vuoi. Puoi odiarlo e baciarlo o bruciarlo lentamente con olio bollente e aglio e assaporarlo goccia a goccia mentre pizzica la tua trachea col sapore salato di una lacrima. Puoi tagliarlo per vedere come sono fatte le fibre delle sue carni e puoi penetrarlo per abbandonarti al tuo potere. E puoi passare con lui notti insonni finché morte non vi separi, a scambiarvi la pelle e il cuore, la saliva e i posti all’inferno. Canterete il silenzio, ad alta voce finché il coro delle anime perdute si commuoverà di un pianto senza lacrime e così maledetto.

Piangi, lotta e stira

In un canto consapevole

Di un airone senz’ali

Un biscotto farcito

Di niente

Al sapore di ricotta al mirtillo