Una sifilide


Osservo il piombo di una pistola tessere la ragnatela intorno ad un insetto traditore che aspira la puzza di morte incombente con serena disperazione. Ruota attorno a se stesso imbrigliandosi ancora di più nella puzza. La puzza serena lo rende malleabile al panico e a farsi succhiare l’anima da pezzi di gommapiuma che decidono degli escrementi degli altri. Nella zona paludosa intorno a Bologna una melma maleodorante affligge i reumatismi di Federico Fellini che dopo la morte continua ad andare a puttane con cadaveri ambulanti sia di giorno che di notte. Nell’oltrebomba un terrorista si fa saltare le palle per arrestare una colomba della pace adultera e lapidaria.
A proposito a quando le trecce di una bella samarcanda? Sì perché se in chi l’ha visto non si vede niente non è che uno può vedere più in là del suo naso e a questo punto bisogna pure avere un po’ di naso per ricordarsi la filastrocca della nonna di Babbo Natale. Anche perché solo quando è Natale le frecce tricolori si colorano di rosso. Che è il colore del sangue. Che come dice il saggio il sangue fa buon vino e allora beviamo alla salute dell’Oktober Fest e proliferiamo la saggezza di un quinto di caraffa polinesiana. Là dove le vacanze ti saltano in braccio e ti fanno l’amore senza che te ne accorgi. È per questo che mi tuffo in una turca con la bidella e ci riuniamo insieme per un rutto folgorante, un orgasmo del cervello, proprio. E rolliamo una canna per fumare il cervello in un brain sforming al microonde che scende giù per le scale di una portoghese africana a piccole dosi di cocaina sformata da una diarrea laringitosa. Anche la laringe ha i suoi diritti. E la possibilità di emanciparsi da rutti ragnosi di cocaina.
Una sifilide silenziosa striscia sulle tacche di un pezzo di carta multidimensionale. Prega il croupier di non farla partorire con dolore ma con barzellette esilaranti.
Cantando loacker che bontà scolo un fiasco di vino stappando lucciole notturne in piedi davanti al parroco. Ave Maria piena di grazia. È estate fratelli di Dio finché non vi arriva il pdf nella posta elettronica.

Altamente elettrizzato


Il grasso linguaggio della commedia si sposta pesantemente da una bocca piena di strutto all’altra emanando effluvi d’aglio crudo e cipolla soffritta. Il vino annega colli di bottiglia attorno a una tavolata universitaria ripulita dal sonno cosmico di un boccone di struzzo ben masticato da un organo che canta le lodi del bosone di Dio.
Una galera per il Nobel per la pace che si inocula il virus della sifilide tra i diodi di una batteria al litio che sfrigola i bastoni di un fuoco di paglia cantando Per Elisa tra le gioie di mamma Eloisa paracadutata dall’isola dei cloni di Braccio di Ferro. E così ci gongoliamo cantando da un fuoco d’artificio all’altro e da una Cina all’altra senza che lo sforzo ci perdoni di esser nati cantautori di fagioli borlotti. Il peso di una responsabilità ancestrale mi fa sbadigliare e cantare una lirica veloce digiunando sulle braci ardenti di una giovane sposa indiana.
Però non mi aspettavo di trovare una tortiglia a base di lenticchie feroci e piranha ridotti a passatelli in brodo di calamari vivi. Il mondo è dipinto di blu, mentre nel profondo del mare piove che guarda come piove. Il canto di una saturnina raggiunge le profondità marine e Marina canta la bossa nova davanti alle palle di un filosofo greco che urla e guarda incantato un Minotauro fare le fusa davanti a una freccia tricolore che gli sorride dal cielo stellato giusto prima di prendersi una pausa domenicale.