Grido nella notte ad un sordo dio infinito. E cucio le membra smembrate di un singolo atto di guerra che si fa prendere dal panico. Sbatte la testa contro il muro e mi chiede piangendo perché il sangue cola dagli occhi ciechi. Mi strappo il cuore per dargli una speranza e glielo ficco in bocca affinché sia in comunione con il grande spirito. E il santo erotismo lo ritempri nell’anima cancellata da un inferno dantesco di gironi a tornado che hanno lentamente tolto pelle dopo pelle, capello dopo capello. Un vuoto oscuro mi chiede la soluzione dell’enigma dell’ultima cena. Ma Cristo c’era o era un sosia. E Maddalena è Giovanni o no? Questo mi chiede la sfinge e dato che non so rispondere mi divora come non ha fatto con Edipo re bambino. E con il bambin gesù che se oggi fosse scaldato solo da un bue e un asino penserebbe di essere in un videogioco.
Come facevano l’amore Giuseppe e Maria? E Dio e Maria? E Gesù e Maddalena? La risposta soffia nel vento, amico mio.
E allora preparo un soffritto di toro con olio essenziale di menta piperita, zucchero e cannella sono amici e si prendono per mano mentre li immergo nello stufato che li assorbe avido di liquido amniotico.
Guardo dal satellite, la sfinge che fa parole crociate e s’interroga ad alta voce e parla con Dio delle sue relazioni erotiche con i leoni e con altri animali tra cui l’homo sapiens sapiens da cui ha appena preso l’aids.
E che quindi, per la seconda volta l’ha fregata. Ride e una risata pneumatica la fa capovolgere e rotolare verso la piramide di merda di iguana. Un sapore metifico si sparge e ingloba e brucia nel sole del deserto e libera miasmi radioattivi che intossicano Dio. Tocca di ricoverarlo d’urgenza in un ospedale egiziano. È ammalato di minimalismo solipsistico. Incurabile dice la Sfinge che però lo seduce e si fa portare a letto.
Il giorno dopo decidono di sposarsi finché morte non li separi.
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Abbaio nello spazio liquido
Abbaio nello spazio liquido
Svetto in una città di luce atrofizzata in mezzo a mummie di seni e guglie ripiene di miseria e di materia duttile come plastica al fuoco di dio. Un vascello spaziale mi porta dritto nella mente degli uomini e personaggi dotati di libero arbitrio dischiudono ricordi programmati da un ingegnere della quinta dimensione. Uova giocano a pallacanestro con bambini che suonano il violino sturandosi le orecchie.
Timpani esplodono tra neuroni fotovoltaici e la luce solare trapassa il mio cervello stanco di pensieri di sangue e cioccolato.
Spazio 1999. Capitano Dirk. Spock.
Pile di neutroni nudi vomitano stelle tra anatroccoli in divisa e si lobotomizzano a vicenda per poter ridere nella pazzia di Abramo l’ebraico.
La Terra Promessa si decompone all’orizzonte desertico e i cammelli pisciano tra le dune che diventano rosse per la vergogna. Alleluia. E avanti così.
Atterraggio tra gli umani. Formiche rosse dipinte sulla Patagonia.
Furetto feroce che abbai alla luna.
Mano sinistra che masturbi una vagina impotente. Con un tubo di metallo inox, e aspiri orgasmi con la bocca di una sfinge. Decomponi il liquido cristallino in alghe rosse e corpi celtici. Per ricreare radici di corpi millenari.