Uno sparo nella saliva della coguara delimita il moto delle maree e trichechi affamati si gettano su tafani addormentati per fare l’amore e salvare la prostata dal tumore sorridente che si mette in posa per una foto. Una tattica da dimenticare come Balotelli tra graffiti paleolitici e donne da tradire per un pallone fatto di oro bianco e zanne di elefante con peli da bassotto.
Mi ricordo “Amarcord” una nostalgia fatta per dimenticare. Nella profondità del mare, un tunnel di ricordi che non si ricordano più cosa c’era da ricordare, ma è sulla punta della linguistica italiana e si troveranno in qualche vocabolario tra puttane che fumano e astanti che dimenticano un’eiaculazione di seno e sangue.
Una rabbia di peto si sparge su ellissi di blob e il nuovo ministro degli esteri incontra gli alieni dell’Area 51 per una partita a bridge con la moglie di Barack e una cassetta di vino Moschino della cantina della Novara. Tra fumi di Marijuana e banchi di sabbia un fumo cresce e si fa uomo. Figlio di Dio, o figlio di puttana?
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Un dodecafonico raffreddore
Un atto ecumenico fossilizza il rutto del topo, mentre cozza contro il colpo di tosse della Terra col raffreddore. Mi guardo allo specchio e mi si bagna la vagina nell’antro di Eolo. Ballo un ballo frenetico sul tavolo mentre m’infilo pistacchi nel culo e il bruciore di una banana si sparge nello sfintere. Spargo escrementi sullo schermo televisivo e il dolore della passione esplode le mie lacrime e continuo a ballare e continuo a girare e ululo. Mi guardo i capelli da adolescente e mi chiedo se un giorno balleranno da soli.
Angeli e paradisi sorridono ad una Terra di terra e fame e una donna chiede lavoro per mangiare finocchi all’inferno. Guardo l’orologio e penso che devo lavare il fango sceso sulla mia pelle e sui peli del pube. I miei capelli lunghi accarezzano il mio seno e eccitano l’anima sotto di essi. La mia pelle risponde con elettricità e io viaggio in carrozze alate verso monti scoscesi su mari limpidi.
Un pagliaccio che ride stura un lavandino di pongo e marmellata mi dice che sono una troia e gli dico che ha ragione ma che a lui non la darò mai. Prego in ginocchio lo Spirito Santo di godere degli ultimi giorni di Sodoma e Gomorra affinché il Paradiso sogni baccanali di zuppa di ceci e lenticchie zuccherate allo zenzero.
Tre stronzi
Tre stronzi si guardan negli occhi per non sprecare la voce in seni poco rigogliosi.
Annacquando la saliva mi guardo allo specchio e riattivo neuroni e intestini pigri per fumare fuori dal locale e dalla testa
Sì, sono in un locale di animali che parlano con insetti e rane in minigonna e non so se ne uscirò vivo o con il sangue succhiato integralmente da mignotte affamate di sfinteri psicodelici.
Mi uccido toccandomi il seno e scopandomi un blog di farfalle impotenti in una girandola di sperma metallico.
Sudiamo insieme e coloriamoci di santità mentre i padroni dei pollai stramazzano per la perdita delle miniere di carbone e sedano alla puttanesca.
Teodoro non trova pace nel seno della madre;
Si precipita in un tuorlo d’uovo e annega.
È espulso dai villi intestinali
Una banda di bassotti a zoppo galletto
La Bossa Nova si scatena in una corsia altalenante dell’ospedale San Santone dei Testicolamenti Aggiunti da Grattare al presidente durante una parata militare. Segovia mia bella. Segovia nell’antro dei cieli. E pece in terra agli uomini di buona voluttà. Noi ci beiamo. Ci glorifichiamo. Ci rendiamo mille grazie e valorizziamo la cioccolata fondente.
Mille grazie presidente. Anche questo governo salva le apparenze di un cioccolatino bianco da spremere sul seno di una consumatrice di spezie. L’Arabia Saudita veleggia verso l’oceano pacifico strizzando l’occhio alla voce stridula delle sirene di Ulisse. Mentre l’Iran mostra il ditino un giorno sì e due no Zeffira gioca al girotondo con le amichette della scuola e gli alberi ridono serenamente a un cane a stelle e strisce che marca il territorio dal cielo sopra una Berlina.
Ieri giocavo a tressette col morto e gli ho chiesto cosa dicono di noi gli stranieri. M’ha guardato storto e mi ha spezzato un braccio. Buon Natale agli allineati della sponda nord ovest dell’oceano artico. Mi fondo in una nocciolina che sa di big babol alla coca, e la Novartis mi guarda dalla telecamera aspettando un futuro cliente. Normalmente non mi faccio queste domande. Ma oggi va così.
Fuori c’è il sole, invece in ufficio piove e c’immergiamo con le pinne a caccia di struzzi.
Padre ho peccato
Racconta e svuota la tua anima nel ventre della vergine santissima
Ho pensato e ho toccato
Chi
Me stessa
Dimmi come e quando e quanto
Ero stesa nel parco tra gli alberi e era caldo era ieri pomeriggio non c’era nessuno e ho iniziato a pregare. Mi sono inginocchiata. Avevo le mani giunte e pensavo a Gesù e pregavo e m’inventavo anche le preghiere perché ero stufa del Padre Nostro
Ma come fai a stufarti del Padre Nostro?
Mi stufo e basta. Comunque funzionava e recitavo “ti amerò per sempre corpo e anima e voglio lasciarmi andare a te completamente senza pudore e dedicarti tutta la vita per poco che possa valere ed essere tutt’uno con te, voglio essere la tua Maddalena, la tua Maria e la tua vergine”
Ma questa non è una preghiera
Be’ comunque per me era una preghiera e m’immaginavo veramente di essere con lui e di stare tra le sue braccia in quell’erba e tra quei fiori profumatissimi di rododendro e violette e forse mi hanno dato un po’ alla testa
Non cercare scuse
Non sono scuse mi hanno dato alla testa e mi sono eccitata. Mi sono eccitata e ho cominciato a toccarmi prima il seno e poi la
Sì ho capito
Non ha capito don Germino era la testa e non la
Ho capito
Stavolta sì, comunque mi sono accarezzata i capelli e con i capelli ancora il seno e i capelli erano così soffici che sembravano seta che quasi mi faceva il solletico. Ma non era un solletico, era come elettricità che cresceva piano piano ed entrava sotto la pelle capito?
No
Lo sapevo. È come un’onda del mare che prima sta sopra la pelle, poi ti passa sotto e entra dentro e allora li sì che ho cominciato a toccarmi la …
Sì e poi?
E poi sa com’è
No non so com’è
Le piace eh? Comunque pensavo che anche a Gesù sarebbe piaciuto e a me è sempre piaciuto tantissimo in questa posa nudo a braccia aperte e m’è piaciuto immaginarmelo come un ragazzo qualsiasi, un po’ hippy che gira predicando e mi capita sempre che questi pazzoidi mi piacciono ma non sapevo che qualcuno mi filmava
Chi ti filmava
Tommaso
Tuo fratello?
Sì, lo sa che ha una passione per me? Mi segue sempre e stavolta m’ha beccato
E che ha fatto
M’ha sdraiata per terra
Non t’ha violentato
No io stavo per venire e lui anche e allora ha finito di masturbarsi in ginocchio sopra il mio viso e
E?
Siamo venuti insieme, ma lui ha continuato a filmare
Praticamente un incesto, ma siete matti
Beh mica siamo gli unici qui intorno e c’è pure di peggio
Questo non vuol dire che non sia peccato
Se no mica mi confesserei
Sì, ma non te la cavi mica con due ave Maria, vai avanti
Perché non è ancora venuto
No
Il vallo endemico di una minigonna zebrata
Il salice di una morte lenta organizza una struttura carceraria di amare parole d’amore. Il succo della libagione forzata gronda di aceto balsamico per una banda di cerbiatti che urinano sul pesce venduto al mercato mattutino ai turisti di uno zoo safari. Il sabato incontinente degenera in pozzi di fogna arrabbiata e il mio cervello è influenzato dalla sguardo torno di toro seduto che mi guarda e pensa alle studentesse in minigonne affumicate. Mentre il grande martello preme il pneuma dell’aforisma contenutistico io mi passo un rasoio tra i capelli e spargo un unguento lento tra le lenzuola del mio pene animale.
Il tutto mentre il palmo del piede si usura nella stitichezza lenta di un leopardo femmina che cammina con una lancia conficcata nel seno. Entro nel mondo endogeno di un lupo mannaro che confonde le equazioni con la coca cola e chiacchiera ad un bar di corvi imperialisti che danzano rap in un pertugio decorato in stile liberty. Definisco quindi, il sapore di una mucca bulimica e mi lascio ammuffire tra scatole di legno pregiato colorato con merda secca ricca di conservanti e ddt. Mentre cammino nella passerella di una montagna incantata mi chiedo se la vita non nasconda oscuri ossobuchi tra i quali ritagliarsi meandri di stracci tra un cuoio capelluto e un hippy fermo alla stazione ferroviaria.
Una grande luce mi porta assieme al vento di una mela marcia mentre osservo culi in minigonna in una biblioteca reale del reame di Boll.
E ti sputo in bocca.
Perché ti amo.
Mio pertugio incosciente.
Vedo e prevedo
Vedo un camino scoppiettante nella radura di Dio. E, mentre un cervo batte sulla tastiera il messaggio erotico per la collega d’ufficio, il tarlo dell’insonnia si stura le orecchie nel parco di divertimenti per bambini stereofonici.
Elia dirime le sfide tra tori che s’incornano e meduse che si baciano.
Due samurai fanno penitenza sul selciato di una chiesa bizantina ed Elia divide il suo pranzo di cioccolato con Irina che guarda l’ultimo esemplare di tubo catodico dell’impero zarista da quando il pianeta Terra è stato abbandonato. Aleggia su di loro il Cordone Ombelicale e il seno della Via Lattea.
Mentre il sole chiude un occhio, gli alci e gli altri impiegati tornano a casa per il fine settimana.
Polipo pulp
Livido sesso di una membrana di sangue si staglia sulla tela di un pittore bambino che succhia il pennello come fosse un pollice per bere il succo della materia divina. Si staglia sulla tela il processo effimero di una donna elefante che corre nuda nel deserto di amori e sapori laceranti e urlanti. Gode la città di spiriti maligni che voracemente ne mangiano l’anima e mangiandola diventano santi e sassi e rocce di smeraldo che dorme il sonno di un bambino defunto e risorto.
Prega mia bella la sorte rapita in un polipo multicolore che si mescola con se stesso in un universo senza tempo. Dove lo spazio racchiuso in una tela dipinge il seno di una puttana. I sentimenti si fulminano indecenti e carichi di alloro e spezie d’oriente che caricano un cavallo di putrido letame e ne affumicano l’incenso che sa di origano e cannella.
Walter si soffia nella pipa e aspira il sacro desiderio di una stella bruciante e immortale nei polmoni densi del fumo che droga il cervello e il cuore, mentre si spegne il cerino acceso dalla madonna di tutte le tele vergini e colorate.
Walter sogna il tempo che fu, un dio benestante dai mille coriandoli mentre ballava il carnevale insieme alla dorata criniera della sua bella Maria e l’amplesso godeva del momento senza un respiro che potesse librarli nel cielo di fuoco. Piangeva Walter nel mezzo di una masturbazione e l’amplesso fu un grido di dolore che fuggì dalle labbra e dalla gola, dallo stomaco e dal petto facendo tremare gli oggetti che ne temevano la potenza distruttrice.
Fumava, Walter la droga del cuore e della mente inebriata di follia alla sua massima potenza, mentre origano e cannella si spargevano nel seno della sua bella immortalata nella sua tela ad eterna memoria, a defunta memoria di vivi che non si danno pace, di morti che sono sereni. In una tela assente e presente a quel momento di vita, come un morto che ti guarda. E si chiede perplesso il perché del dolore.
La nostalgia di un ricordo si sparge nel vuoto di una camera oscura e rischiarata dalla luna che penetra nell’intimità di una grotta dei sensi. Mucillaggini di sterco la ricevono e sembrano più puzzosi che mai mentre Walter giace svenuto sperando di esser morto per stringer Maria almeno un momento. E la tela si anima e gli fa una grazia.
Risplende alla luna ed entrambi splendono nell’abbraccio immortale di un’anima che ora vive e si addormenta col suo sposo per un momento, calmandogli il cuore, calmandogli il dolore, benigno tumore di un tempo che fu e non tornerà mai più. E una lacrima scende solitaria, una lacrima di pace, una lacrima di sereno abbandono.