Mantelli azzurri da delirio scendono su un personaggio che ho incontrato ieri mentre cercavo un paio di jeans. Mi ha chiesto di dargli un ruolo e gli ho fatto provare un sacco di pantaloni, camicie, scarpe, sciarpe, giacche, cappelli e me ne sono andato ma l’ho incontrato il giorno dopo e mi ha detto che non ha fatto altro tutta la notte. Ma ora ha finito e mi guarda con sguardo vitreo.
Gli ho detto di farmi da autista ma non sapeva guidare. Gli ho detto di cucinarmi qualcosa ma non sapeva cucinare. Gli ho detto Che cazzo sai fare?
So guardare, so aspettare, so volare e tu? Cosa sai fare?
Io non so fare un cazzo, ciao.
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Cazzo!
Una furia di larghe vedute si ere in piedi sulle suole delle scarpe e per provare la propria sessualità si allunga le orecchie infilandosele nella vagina. Ritaglio il groppo in gola al ritmo forsennato di un sintetizzatore di musica gotica che mi fa vibrare le gengive e rivoltare lo stomaco. Desidero la pace nel mondo e lo stomaco pieno. Sorrido mentre preparo un’insalata di moscerini spremuti al limone. Una cena di oli essenziali evapora in presenza di un mistico che canta le lodi del signor Mario in un’epoca storica che sfugge al mio palato.
Olga si preoccupava della salute di suo marito e mentre gli faceva un pompino pregava la Madonna di restare incinta. In una singola orazione Olga riuscì a compiere il miracolo e ad ingravidare il marito. Comunque furono due gemelli.
Un’ultima zolla di terra sconvolge i miei neuroni e ludicamente ne proietta l’ologramma in cielo. In un ballo tecno di gabbiani acidi si sconvolge il ritmo della natura immonda di un pazzo che saltava fuori dalla finestra pregando di essere morto e dimenticandosi di essere al primo piano.
Una risata stridula accompagna Minea durante l’amplesso con il suo cuginetto che teneva in braccio da piccola.
Sulla sua testa un’aureola la santifica e ne benedice la posizione seduta.
Nell’aureola di un pompino a denti stretti Mariella si sturava il lobo di un orecchio senza mangiare la carne al sangue ma solo bevendo spruzzi di gengive liquide. Un atomo sfuggente la colpì al cervello un attimo prima del big bang e morì lasciando il povero Meo in balia di una morta. Dedico questo canto alla zolla di terra della prostituta che lo occupa durante le ore di lavoro per coltivare pomodori al dente.
Dentro questa casa si libera il fiato di una mucca sventrata da mille mosche e una porta cigola con violenza misurata cantando l’inno del vento di primavera e non castigando il seme dell’uomo.
Pop
In una sequenza di lombrichi avvelenati Irona sceglie i propri partner per una eternità di erotismo completamente sciolta in un mare di ceneri tombali. Creta nelle mani di un dio creatore fa e disfa il lungo alimento di granuli di passione arrossita di brufoli che danzano una metallica rock. Granuli di festa esplodono nelle nostre bocche assetate d’amore di carnevale. Una maschera resta distesa dopo il passaggio dei carri da fieno e lentamente si libra nel cielo.
Un aquilone di zucchero filato passa piangendo davanti al negozio di scarpe per bambini urlanti. Il suono gracchia nelle mie orecchie solleticando il timpano come una campana di vetro sorda che uccide i figli e li riduce a briciole di vetro.
Sciarada di pane imbocca il midollo spinale di una zanzara forgiata per resistere nei secoli a pesticidi e pesti bubboniche assetate di petrolchimica.
Aspetta, Cosima, aspetta lenta il passo del cane Lepido e si accolla i lacci delle scarpe con gesti posati e corretti che suonano invisibili a chi non li sa interpretare, come un mimo in calore.
Un urlo di cane si sparge insieme agli spruzzi di ketchup contro le vetrate di mosaici arrostiti alla brace. Carne di capra mescolata a fette di pene in insalata vengono sciolte in una salsa africana al peperoncino e mangiate ingozzandosi.
Canarini silenziosi si accendono una sigaretta prima di mescolare il Cristo con la santa pozzanghera.
Signori e signore vi presento la valigia rossa, raccolta nel campo di patate insieme al ragù della nonna.
Una pioggia diafana che punge le zanzare e provoca una ridarella incontenibile e la dissenteria. La cacca di zanzara è peggio delle punture, ma oramai la frittata ambientale è stata fatta e ora speriamo che non inventino anche le zanzare giganti.
Mi accendo un accendino col fuoco di tante mogli e grilli che cantano musica pop.
“Quante patate raccogli tanti occhi hai liberato dalla prigione” “Cazzo hai fumato?” una risata incontinente si sparge assetata di pomodori verdi fritti alla fermata del treno.
Mangio un mango sfittico ed eticamente scorretto
Mangio leccornie di scarpe verdi con suole cosparse di burro e marmellata di scorie radioattive che scoppiettano mentre soffriggono e soffrono di ernia genitale.
Il gallo ride due volte e la piattola si siede sullo sperma di un cane che puzza di acido muriatico
Cristo si fermo’ a Eboli poi non fu più capace di fumarsi una sigaretta in santa pace adorando il dio delle scarpe rotte dato che non ne aveva più di aggiustate e s’era fermato per ripararle.
Asfittico infinito essere di terrore che dici di essere una crosta di lucertola, cerca di essere più zuccherato di una banana per considerare il gesticolio di Chierico che ride davanti a una scena di sangue infetto.
Riprendi la lotta e insanguina il lavello mentre scendi da una scala di croste di formiche e pisci su una televisione digitale che merita il trattamento lento e ti arrampichi su un marciapiede di cioccolato fondente. E ti vede il pazzo che ride. E ride. E piange. Di gioia. E di gambe rotte. Forse all’ospedale riderà meno, ma no, macché, ride più di prima mentre lo operano, nonostante l’anestesia da cavallo.