La tasca del delirio


Sono figlio di una marijuana che è piombata su centinaia di teste appese per le palle dai miliziani jihadisti sunniti ayatollah islamisti, insomma cabarettisti che non avevano pagato le royalties per i copyrights che avevano scaricato in streaming durante il ramadan bam bam.

Orde di lanzichenecchi incappucciati bruciano croci per strade liquide di sangue e pustole di pesti di puzzole uncinate da clave non più appese in mezzo alle spazzole delle donne che fanno harakiri in un mondo color del buio. Mi perdo nelle curve sensuali dello spazio tempo che ha tette tipo Angelina Jolie.

Dai suoi antri bollenti escono gocce di sangue che si perdono in laghi artificiali di reggiseni truccati e tacco dodici. Ponti a forma di passerelle dorate squarciano orizzonti di poesie estreme che insudiciano di merda secca occhi in lacrime di guerre sanguinolente.

Una tasca di delirio scivola sull’orizzonte insanguinato di mille cadaveri rossi. Annamaria non piangi a tua volta, il seno del pollo si scinde a ponente e mostra caverne di pettirossi agitati. Ma senza febbre.

Il commodore


Una lucertola guarda nell’occhio del silenzio mentre una partita a poker si gioca tra pavoni allupati di gioia elettrica. Una sirena si staglia nella notte della foresta. Un antifurto o un urlo disperato? Il gioco va avanti e impone ai giocatori di spurgarsi dalle loro fatiche finché non passeranno al livello successivo dopo la morte del personaggio. Supermario si raggomitola in un angolo perché non ne può più di giocare, ma è programmato per continuare ed è meglio far finta che dire la verità. Lo spettacolo deve continuare per il divertimento di Capitol City.
E tu Mario? Che fai? Ne è passato di tempo da space invaders e il commodore 64 ma il gioco continua come prima, come sempre e tu ora devi giocare. Per 300 euro al mese magari, ma a tempo pieno. Ora sei tu nel videogioco e giochi la vita. Non preoccuparti. Un giorno finirà. Quando sarà troppo tardi, ma finirà. Hai voluto diventare un burattino senza fili? No, non volevi, ma è così e basta. Mentre la lucertola si toglie la benda e vede attorno a se i fili neri della morte smette di sorridere e se la rimette e continua a ridere come prima. Cieca ma beata.
Una sessione di vene sanguinolente succhiano linfa vitale da canali scoperchiati di lingue violente che amano la tortura e guidano contromano. Un paesaggio presente, ma lontano e passato che non conosce colori ma ama, dicono, e parla d’amore, e compenetra anime e corpi di colori che non restano dipinge la nostra anima e la lascia assetata di nuovo. Ominidi in giacca e cravatta osservano stupefatti, pietrificati su trespoli di sterco essiccato e ululano alla luna un posto al sole per dimostrare che anche loro meritano il bonus di fine anno e quindi esistono.
Benvenuto tra gli insetti.