Mi cibo di rotoli di spazzatura eterna. La sapienza ci viene da boccioli di alberi morti che respiriamo in un attacco lancinante di diarrea. Sono quelli che portano avanti il progresso dell’umanità. Là dove il sangue si mescola alle feci vengono poste le basi di ogni sana rivoluzione del proletariato. Gay compresi. Meno male che c’è What’s Up. Che ci libera dal peccato. Perché i dieci comandamenti sono fatti per riunirci davanti ad una pietra tombale di margherite che sanno di divina commedia.
Sento un sapore di arrosto di sberle e mi chiedo se anche questo Natale sarà come gli altri e Google ci manderà un sacco di torte sulla testa mentre dormiamo e sogniamo polli allo sbando che si gettano fango in faccia e usano le gengive per dominare sul creato color cioccolato in lacrime.
Chatto con il Che che mi racconta del suo viaggio in Colombia, tra cascate di piombo e tortellini alla panna affinché la fuliggine di una mietitrebbia si coccoli con carezze di una santa bevitrice che vede la Madonna scendere dal pelo pubico. Preghiamo insieme e diciamo Pane e Volpe la mattina per aprire lo stomaco e digerire i rospi della giornata così che il pavimento non sia più verde metallo. Il Che si affanna e mi appanna il parabrezza col fiato fetido del suo sudore. Un calcio nelle palle di un asino che si affatica sul tornio di un gelataio che sa di ragù di pollo fritto.
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Cinquanta sfumature di peli pubici
Una ruota capovolta rinfresca la mia testa rotta e danza correndo nella Terra pruriginosa senza arrotare coltelli per tagliare salami in una schiena nuda e sensuale di donna.
Cinquanta sfumature, non si può più dire, come forza italia. Ci rubano le parole e con esse i concetti. E con essi le emozioni. Ma noi balleremo finché non sarà notte. Finché non sparirà il sole. Aspettami e balleremo insieme finché il mondo non berrà il calice dell’Apocalisse.
Dammi la tua schiena. Dammi la tua bocca. Andremo nel mondo del verme verde e giocheremo a dadi con Dio. Sorrido pensando alla teoria della relatività del cioccolato. Per giustificare la nostalgia dei tori e dei cavolfiori. Ma perché? Le domande sono più belle delle risposte. E il delirio altro non è che una grande domanda che rimbomba in una campana che suona a morto per vivere tutto in questo momento. Perché non può essere altrimenti? Perché corro in un’autostrada di sole bruciante sudando e bevendo rospi e falene con la diarrea.
Vado in bagno a vomitare pezzi di anima e canto un canto celtico per giorni pazzi come un bambino che si chiede come invecchierà quando sarà nonno di bambini come lui. Facce che mi girano intorno e ridono come pazzi che ridono come pazzi. Mi amerai ancora ? onestamente non me ne importa molto. Ma non prendertela in fondo dobbiamo ancora fare l’amore. Dammi la tua bocca per farmi uno spinello di farina di frumento biologico.