Rogna sogna una fogna incantata di Nuova Delhi.


Una Santa schiera di angeli si appresta a friggere il brodo di spugne di latta e bevande fresche di lattice bianco appena spremuto da un arrosto caldo di seni appesi alla campana della chiesa. Un gregge fedele si appresta a intonare l’Ave Maria in una spiaggia nudista e assolata della bassa ferrarese e s’inoltra in terreni molli e sconosciuti di gravità zero. Mi sposto di lato e cado su un arbusto sottile che mi attraversa la spina dorsale.
L’interstizio di una duna grigia mi guida nell’antro di un supplizio tra croci uncinate e rivoli di metallo pesante. Il prurito solletica la mia Rosanna nell’alto dei cieli e una matassa inviperita si snoda lungo tutto il mantello di Batman, mentre le lodi di colletti bianchi s’innalzano nell’alto del girovita di una baldracca putrefatta. Ridiamo in coro per una grigia cornacchia che monta le spalle di un damerino di corte del sole e scivola in un selvatico torrente di macchie di troie al pascolo in un fango che luccica di diamanti e perle non commestibili.
Svengo dolcemente in questo lago di trote e lucciole che illuminano la specie in via di estinzione di un umano con le pinne che esplora l’Atlandide dei suoi sogni erotici. Un posto dove l’amore trionfa sulla guerra e il pane sulla mignotta. Sento un coccodrillo sulla mia pelle e l’attrito mi eccita e gode della progressiva bruciatura sullo scroto di un pappagallo in calore sulla padella di una frittata immensa di gioia e scatenaggio infrapalle. Prego che una ludica essenza di farfalle non mini nell’interiorità la solida definizione di deretano che ci gira e rigira tra vortici di centrifughe cumuliformi che cantano in coro l’abolizione della schiavitù.

Yes we cazz


In una logica sfrenata di capitali rombanti moriamo di fame per nutrire gli emiri attaccati al tubo di scappamento di una prostituta che urla a bassa voce e vende l’ultima cosa che le rimane, l’anima.
Amiamo e non capiamo il risultato dell’equazione di una strada selvaggia che parla e canta in dialetto volgare una canzone della philips bevendosi un caffè omeopatico per dimenticare le brutture della rivoluzione di classe.
Le rigogliose monache morte prima dell’avvento dello zar nicola tredicesimo e nipoti, non prega giustamente altro di sotto di lei, o di fianco, che dir si voglia. Finanzio un gettito con la tredicesima rata del mutuo della casa togliendo il cibo dalla bocca di una bambina che amo.
Sbadiglio davanti al canyon dello Utah tra mormoni poligami e berlusconi monogami che chiedono al papa una grazia per non decomporsi prima di decadere e ruzzolare come una valanga azzurra che scia su navi di carboidrati bianco candeggina.
Occhio e malocchio di sfiga negra cadono su un occhio vigile del Montana tra una serrata di struzzi e la maledizione della Rosanna.