Una furia di larghe vedute si ere in piedi sulle suole delle scarpe e per provare la propria sessualità si allunga le orecchie infilandosele nella vagina. Ritaglio il groppo in gola al ritmo forsennato di un sintetizzatore di musica gotica che mi fa vibrare le gengive e rivoltare lo stomaco. Desidero la pace nel mondo e lo stomaco pieno. Sorrido mentre preparo un’insalata di moscerini spremuti al limone. Una cena di oli essenziali evapora in presenza di un mistico che canta le lodi del signor Mario in un’epoca storica che sfugge al mio palato.
Olga si preoccupava della salute di suo marito e mentre gli faceva un pompino pregava la Madonna di restare incinta. In una singola orazione Olga riuscì a compiere il miracolo e ad ingravidare il marito. Comunque furono due gemelli.
Un’ultima zolla di terra sconvolge i miei neuroni e ludicamente ne proietta l’ologramma in cielo. In un ballo tecno di gabbiani acidi si sconvolge il ritmo della natura immonda di un pazzo che saltava fuori dalla finestra pregando di essere morto e dimenticandosi di essere al primo piano.
Una risata stridula accompagna Minea durante l’amplesso con il suo cuginetto che teneva in braccio da piccola.
Sulla sua testa un’aureola la santifica e ne benedice la posizione seduta.
Nell’aureola di un pompino a denti stretti Mariella si sturava il lobo di un orecchio senza mangiare la carne al sangue ma solo bevendo spruzzi di gengive liquide. Un atomo sfuggente la colpì al cervello un attimo prima del big bang e morì lasciando il povero Meo in balia di una morta. Dedico questo canto alla zolla di terra della prostituta che lo occupa durante le ore di lavoro per coltivare pomodori al dente.
Dentro questa casa si libera il fiato di una mucca sventrata da mille mosche e una porta cigola con violenza misurata cantando l’inno del vento di primavera e non castigando il seme dell’uomo.
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Tanto per cambiare
Aulico bulimico si diverte nella pioggia dei colori bianco e nero in una musica psicadelica che sa di merda. Giuseppe non sapeva che sua moglie lo tradiva e che si faceva di coca. Cola s’intende.
Le erinni consumano il loro piatto abbondante di cevice peruviano e mollano peti senza pudore e sudano senza fetore. Il giro dei venti si interseca al pollo allo spiedo di mia madre che si ritorce le budella dal ridere mentre lei lo spenna lentamente. Penna rossa penna bianca, caro amico mi sento bene oggi, cerca di tirarti su il morale anche se muori in un’esplosione nucleare. Vedi che le cose cambiano prima o poi? Lo so moriranno anche tutti quelli che conosci, poco male, io no, e quello è importante quindi siine contento.
Allegramente il pazzo ride e va al cine Se va al cine guadagna un pollo spennato e arrostito, che ride. Non ha voglia di andare al cine. Ha la febbre alta, ma ha voglia di pollo che ride. Si alza e si trascina al cine. Ma davanti alla cassa scopre che s’è scordato i soldi. Torna a casa per prendere i soldi. Torna al cine ma il film è già iniziato, allora ne cerca un altro ma non ce n’è più. Piove e si bagna. Prende una polmonite. Torna a casa e cerca almeno di guardare la tele ma si addormenta e sogna un film. È la storia di una vacca che si chiama Vittoria che vuole rompere il muro del suono. Prende la rincorsa e si scorna contro il muro dove sopra c’è scritto “suono”. Ma si rompe testa e corna. E il muro le mostra il ditino. E ride. E anche il pazzo si sveglia ridendo alla grandissima. Tutto passato, polmonite eccetera. Allora va al mercato e si compra un pollo arrosto e la risata se la fa lui. Ora vado a lavarmi i capelli. Che puzzano. E anche tu faresti meglio a lavarteli. E anche a lavarti il culo.
Va beh.