Il grande spirito morde l’acqua


Lo spirito della santa sede fischia tra i rivoli dell’inferno. E butta le proprie scarpe rotte in mezzo alla gola profonda di un coro dell’antoniano che urla le proprie urla al ritmo di un tamburo col raffreddore. Sento una voce rauca dentro le mie corde vocali sotto un tetto di stronzi col riflusso acido.
Scende un’acqua azzurra e allora mi chiedo Perché ? perché le aquile volano di sbieco e noi camminiamo in un altro posto libero dalla fortuna e riempito di sfighe che ci fanno volare da un becco di canarino all’altro là dove volano le aquile, ma perché poi. Non si sa. Se si sapesse. Ma non si sa. E le parole sostituiscono i pensieri che colano da un barattolo di Nutella riempiendoci la bocca e lo stomaco di essenza divina.
Benzine liquide s’incendiano nei miei timpani che rimbombano di cerchi acustici sotto sottane di ricotta di pus di bubboni di peste. Divento una cozza liquida in un oceano di stucchi e cerbottane che usavamo quando eravamo piccoli per farci la guerra e crederci pirati di capitan uncino in un sogno che diventa realtà solo quando l’hai persa dietro lo schermo a cristalli liquidi. E diventi la cerbottana di qualcun altro.

Il freddo solare della tundra


Allodole borghesi scendono dalle nocciole per masturbarsi le gengive di rucola e stracchino. Un genio della lampada si abbronza al vento del mistral tra beduini e focacce che scendono dal polo per una vacanza al solare freddo dell’inverno padano.
Una nebbiolina scende mentre mi stuzzico le narici di ricotta pescarese e mi liscio la libido di una libellula in calore tra le mutande e l’arrosto di un governo di burattinai liquidi.
Arista si gratta lo stomaco dopo una messinscena con i suoi genitori per mettere su Internet il suo show porno con il ragazzo e con le amiche di facebook. Originariamente si solleticava da sola sotto le lenzuola della nonna, ma poi la vita urbana di Milano le ha sciolto le emorroidi come burro in padella e ora si chiede se l’Australia non sia un posto per villeggianti della costa romagnola. Mentre balla la Zambia sfoga le sue mirabili conoscenze di ausiliare dell’esercito della salvezza delle scimmie ingravidate da Fantozzi.

Dammi cinque!


Ok amico oggi non scherziamo, non parliamo di dio, di amore o di porno, non parliamo di morte e di vita, sole e luna, stelle e puttanate varie. Neanche di un orgasmino. No, niente. Oggi mi sento un po’ zingaro. Mi sento folle e mi abbandono, mea culpa. Mi sento di volare e pisciare, mi sento un po’ lascivo. Non dormo bene la notte perché ti desidero e il mio corpo ha singulti sincopati, in controtempo, e urla di piacere e dolore perché vorrebbe scoparti. Il mio corpo si stacca dalla pelle e si lacera sul pavimento contorcendosi come una piovra. Oggi il mio corpo va per conto suo e ti voglio far sentire come pulsano le sue vene. Perché pulsano. Dove e quando. Pulsano che sembra che scoppino, e ogni tanto, in effetti, un po’ di sangue ci scappa, ma non è grave. L’importante è che tu lo guardi e godi nell’assaporare il tuo potere, perché tu sei Dio e lui è tuo schiavo. Puoi fargli quello che vuoi. Puoi odiarlo e baciarlo o bruciarlo lentamente con olio bollente e aglio e assaporarlo goccia a goccia mentre pizzica la tua trachea col sapore salato di una lacrima. Puoi tagliarlo per vedere come sono fatte le fibre delle sue carni e puoi penetrarlo per abbandonarti al tuo potere. E puoi passare con lui notti insonni finché morte non vi separi, a scambiarvi la pelle e il cuore, la saliva e i posti all’inferno. Canterete il silenzio, ad alta voce finché il coro delle anime perdute si commuoverà di un pianto senza lacrime e così maledetto.

Piangi, lotta e stira

In un canto consapevole

Di un airone senz’ali

Un biscotto farcito

Di niente

Al sapore di ricotta al mirtillo