Mi gratto le palle di iodio


Un toro si dipinge l’anima con colore blu e pennello di salsa di tonno in olio d’oliva. Desidero una crosta extraterrestre per mangiarmi una chioma bionda che sorride davanti ad un nano con la barba che balla il rap in mezzo ad una piazza oscura e bagnata di sperma alieno.
Il puzzo di rettile emerge dalle gengive di un vichingo musulmano in camicia da notte. È per questo che la balena si fa la barba tutte le mattine. Se non fosse soffritta in padella non soffrirebbe tanto da farsi venire un’ernia al midollo osseo.
Per cui si tritura in padella una chiazza notturna e si fa prendere la mano ripiena di orecchini e dice al suo fidanzato che la porti a ballare in mezzo ad un alimentari arabo tra testicoli di Cosimo e campane che suonano a morto una ballata di Monna Llisa.
Un leone la guarda impietrito e brinda al generale Montgomery ridotto ad una fontana di lacrime che circonda le auto che sfrecciano notturne su una padella dentro a una balena dove Pinocchia impara l’arte del sesso orale. Percio’ declama la divina gloria nell’alto dei cieli e sparge la pece come estrema unzione agli arabi che piangono al muro del pianto buttandosi dal ponte dei sospiri con un mazzolin di fiori in mezzo alle unghie dei piedi.
Una lacrima scende nel mio stomaco e lo chiude per chiedergli la mano per un matrimonio in punta di piedi. Mi getto in una piscina di sospetti e pesci con l’occhio guercio.

Il vallo endemico di una minigonna zebrata


Il salice di una morte lenta organizza una struttura carceraria di amare parole d’amore. Il succo della libagione forzata gronda di aceto balsamico per una banda di cerbiatti che urinano sul pesce venduto al mercato mattutino ai turisti di uno zoo safari. Il sabato incontinente degenera in pozzi di fogna arrabbiata e il mio cervello è influenzato dalla sguardo torno di toro seduto che mi guarda e pensa alle studentesse in minigonne affumicate. Mentre il grande martello preme il pneuma dell’aforisma contenutistico io mi passo un rasoio tra i capelli e spargo un unguento lento tra le lenzuola del mio pene animale.
Il tutto mentre il palmo del piede si usura nella stitichezza lenta di un leopardo femmina che cammina con una lancia conficcata nel seno. Entro nel mondo endogeno di un lupo mannaro che confonde le equazioni con la coca cola e chiacchiera ad un bar di corvi imperialisti che danzano rap in un pertugio decorato in stile liberty. Definisco quindi, il sapore di una mucca bulimica e mi lascio ammuffire tra scatole di legno pregiato colorato con merda secca ricca di conservanti e ddt. Mentre cammino nella passerella di una montagna incantata mi chiedo se la vita non nasconda oscuri ossobuchi tra i quali ritagliarsi meandri di stracci tra un cuoio capelluto e un hippy fermo alla stazione ferroviaria.
Una grande luce mi porta assieme al vento di una mela marcia mentre osservo culi in minigonna in una biblioteca reale del reame di Boll.
E ti sputo in bocca.
Perché ti amo.
Mio pertugio incosciente.