Rane si scindono ai cancelli di burro al cioccolato. Un esercito di liberazione della scocca anti acida piange lacrime di sperma laterale. Inventandosi bocche da sfamare le rane rivendicano il loro diritto all’omosessualità.
Ed è così che le pulci dell’universo si chiedono il senso della loro esistenza mentre vanno al cinema con la fidanzata. Il corno di babele s’inalbera vistosamente e perde i capelli che diventano girini rosa pallido.
L’umanità scorreggia e l’universo è attonito. Mi accorgo delle palle di pelle di un asino ebreo circonciso che legge la torah con interesse e gli chiedo “Ma l’inflato non ti solfeggia lo scroto?”
“Aiutati che il ciel t’aiuta” mi fa e mi rivolgo quindi al sole per illuminarmi d’immenso e ispirare i radi peli di Flash Gordon che decanta la Divina Commedia davanti al Monte dei Pascoli amari, mentre un serpente scivola dietro alla suora in preghiera. E la stupra senza che se ne accorga. Salvo un po’ di spavento quando vede uscire un boa dalla vagina. Pregando dio che la cosa si ripeta più spesso dato che sono state notti felici.
Non ti dimenticherò, spugna della mia vita. Voglio riempirti con la mia anima. E con i miei occhi.
Amore delle mie spire passami la birra che devo bere rane e sperma di una vulva concreta. Passa il tamburo nelle mie vene e annuncia l’annunciazione che annuncia il rinascimento della specie delle morene nere. Occhi neri e sorriso da cane randagio in cerca di sesso.
E una cagna in calore in cerca di un cane da mangiare. E di uno scroto da aspirare.
Cala il sipario di una commedia infernale che erode godendo il santuario delle nozze gay.
Faccio la comunione da una suora lesbica.
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Pel di carota
Una musica popolare stona nel sangue di un cherubino la cui pelle esplode di chiaro di luna e le rane nascoste nei mille pensieri si cimentano in una gara di ronzio di zanzara. Enrico prende il mughetto e lo masturba con la sega automatica dopodiché viene a parlare di orgasmi politronici mentre lo portiamo alle urgenze. Il medico dichiara lo stato d’allerta all’altezza della banana rotta e si cipolla il naso con una protuberanza ischemica.
Fu lì che notiamo che le rane cominciano a uscire una a una e invadono, perché sono tante, centinaia di migliaia, una per ogni goccia di sangue, e invadono la clinica svizzera allacciando relazioni fraterne con i pazienti che denunciano lo stato delle cose all’autorità giudiziaria.
Ma ora Enrico si è ripreso. Ora sta bene. Ora perde solo sangue normale, umano.
Anche il colorito è cambiato e tende all’arancione pel di carota.
Perché in fondo tutti noi siamo Enrico. Tu che guardi lo specchio delle tue colpe. Tu che osi pregare la santa trinità masturbandoti l’orifizio ascellare. Tu che canti le lodi di Odino mangi anche tu gli sciami di pere cotte che vituperano lo stuolo di api e circondano la tua felicità per dirti che se la vuoi veramente non basta pregare ma bisogna anche sputare. Pane, olio e sangue di bue.
Così ottieni la tua strada verso la destra del Padre. Padre Ippolito. Che siede nel regno dei cieli e si vergogna perché ha dovuto pagare tangenti, ma oramai non ha più nessuno con cui confessarsi. Enrico prega. Prega una strega. Che ha la forma della Madonna.
E lei, anzi, Lei, gli promette case e cuori purché la sposi e sia suo per sempre e soprattutto gli promette di fargli tornare una rana nel cuore affinché possa piangere di dolore e sapere dov’è la felicità.
Anche tu che guardi, lo sai, che senza una rana nel cuore non sai dove andare.
Come Enrico. Anche tu sei come lui.
Dopo la mezzanotte, però. La mezzanotte della nostra era finisce con l’Apocalisse.
E lì i trans diventano borghesi tradizionalisti. E i politici gente di cuore.
E tutti si chiameranno … Enrico.
Anche tu.
Ho un crampo
L’Esculapio anchilosato nell’antro di un folle che riempie di mazzi di rose e orologi d’oro purissimo. Sergio si fucila un dito con la sirena della polizia e grida a crepapelle “Che male il pollo per un dito”.
E così il sole si staglia, il sole tramonta nel ruvido cielo agostano in un’isola della pianura padana tra sterchi di vacche e spighe dorate. Sergio si guarda. Il viso abbronzato riflesso in una palude tra rane e zanzare. Vedo due occhi piccoli come girini con in mezzo un ciuffo biondo platino che sembra un pezzo di vernice dorata. Si guarda il dito monco e se lo ficca nel…naso.