Mi scaldo le mani


Una banana si smuove a forma di zingara che mangia un santino. Ha le trecce a forma di tette e le tette a forma di morto che cammina. Maledetti voi siate e benedetta tra le donne.
Così in alto e così in basso tra baffi truculenti e grassi cappelli rosa di bambine che dormono sulla spalla di genitori fosforescenti. Eccola che torna la zingara maledetta. Le trecce sono annodate dietro con un fiocco rosa fuxia. E gli uomini giocano a carte. Le rose camminano tra cammelle truccate a festa per essere guardate, ammirate, seviziate e stuprate da sguardi spermatici di bestie arrapate vestite a festa. Vestite di rosa.
Le vecchie girano. Osservano e ringraziano dio se hanno nipoti da portare in giro.
Dagoberto si pulisce un moccolo con un batuffolo di cotone e sua moglie ripulisce i bambini mentre una balena blu gli sfreccia davanti e sale le scale sinuosamente. Il padrone della locanda fa l’amore con un asparago verde e le luci lampeggiano. Serpenti di lucciole argentate serpeggiano sinuose attorno al fallo eretto di un ramo adiacente alla sequoia gay.
Si amano gli ospiti di un compleanno di cani in tempo di crisi in una villa fiorita di rose e d’incenso. Mentre piove metano liquefatto. E Dagoberto spia dalla serratura una sedicenne che si toglie il reggiseno sapendo che lui la spia. Amiamoci con gli occhi che galleggiano nello champagne. E nuotiamo davanti ad un Dio che parla in diretta alla RAI presentando un marito che picchia la moglie di Dagoberto tutto il giorno.
Mi arroto i baffi. Scendo dalla limousine rapata a zero e scarico sull’hotel un serbatoio di sperma da un I-pod.
Bevilo che ti fa bene.
Bevilo che ti fa digerire.
Bevilo tutto che ti scalda il seno.

Ma quando?


Manolo ride di gusto. Manolo si siede sul fusto. Manolo prega di petto col busto eretto e congiunge le dita dei piedi. Stringe il culo e schiaccia un peto che fa il giro del mondo. Manolo è tornato in sé e martella il piede del santo spirito per riceverne un barattolo di Nutella nella fetta di formaggio Emmental.
Poi decide di andare dal padre che muore per rendergli l’ultima visita. C’è un oceano di lattine da affrontare, ma sente che se le può bere tutte senza problemi e comincia, uno, due, tre, tutte di sprite. Beve e piscia piscia e beve.
A metà strada, Manolo viene intervistato dalla Rai, poi dalla BBC e quando approda all’altro continente scopre che ha sbagliato emisfero, ma poco male. Basta fare una corsettina in mezzo alle vacche al pascolo e digerire le ultime diecimila lattine.
La cosa carina è che fa amicizia con le vacche e prega con loro, ne monta alcune, poi una volta ingelosito il toro se la dà a gambe, giusto in tempo per finire in un’arena dove il capo della sprite decide di farlo fustigare da cima a fondo, ma un reggimento di mucche innamorate lo salva in extremis e gli permette di ripartire alla ricerca del padre morente.
Quando arriva in Turkebostan lo trova e lo abbraccia e gli chiede “ma non stavi morendo” “ma no: stavo be-vendo, non capisci mai quello che dico” “ah beh, allora senti ho un paio di sprite con me”.
Questa è la saga di Manolo, così come venne redatta dagli antichi Belgushi e ritrovata dodicimila anni dopo da mio suocero durante un ritiro spirituale con gli scout della parrocchia. Fu così nominato talpa onoraria.
Questo ci disse.
Chissà che s’era fumato.