Mah!


Una follia di gabinetti esposti al sole deride la cervicale che scende dai miei testicoli verso cardigan rivoluzionari che sfilano in manifestazioni di nudisti nudi davanti alle telecamere vogliose di corpi da processare e servire con il piatto della pastasciutta tra quisquilie arricchite da manzo e ragù alla bolognese.
Tutta la famiglia è radunata intorno alla stanza del Papa e resta religiosamente in silenzio e in posizione caprina battendo le mani al ritmo della croce di Cristo. Mentre si masturba psicologicamente i genitali. Una croce matematica si staglia nel cielo e un’aquila osserva la preda con potere cardinale. Una vespa senza pungiglione vaga nella tenebra della peste bubbonica vestita di nero e con una voce stridula avverte uomini e donne, di cosa? Non si sa, ma avverte.
Rotolo nel fango dopo un’esperienza stagnante. Il fontaniere ha aperto una falla nel buco del culo ma non l’ha mai riparata e soffro d’incontinenza. Pago la fattura e mi sturo il lavandino con uno spazzolino che si masturba le orecchie. Mi dolgo col cuore del fango che cola dalle mie gengive infette di pus che sa di rabarbaro omosex e mi sdraio consensualmente durante il gay pride in un carro carnevalesco di suore puritane per adornarmi di anelli spaziali che giocano con i miei genitali colorati.
Esco e prendo un po’ d’aria inquinata per fumare il polmone d’acciaio e riderci sopra finché morte non ci separi.

Accarezzati lo spermatozìo


Settecentosette più tredici morti cantano una vittoria sulla campana che suona a morto nella valle di un campo di zingari drogati di sesso all’aria aperta in una comunità di S. Tarchignano sulla vetta del Colle insieme a Napolitano. Che quando muore finisce l’Italia con tutti i filistei al rabarbaro. Anche la Gillette ha una quotazione tra le stalle dell’inferno. Se ci fosse veleno nelle sue lamette saremmo tutti morti. E i polli riderebbero a squarciagola.
Dov’è finito Tonino? Era simpatico quando non azzeccava un congiuntivo. Ma che dico, manco la punteggiatura. Il nostro parlamento è sempre ben dotato di rutti liberi. E le stelle in fondo, sono tante, milioni di milioni. Di dollari sonanti. In tasca alle regioni di una lega nord morta dal ridere per un federalismo che ha ingrassato i maiali e ammazzato i polli.
Bisogna fare Tesoro degli errori passati e continuare a ripeterli. Voliamo su paradisi fiscali e consumiamo ostie dei piedi di Maradona. Per un negozio in cima alle scale dove vendere ciabatte e telefoni di una volta. In cima a una torre. Da cui buttarsi insieme a Icaro, ma in fondo che fine ha fatto Minosse in tutto questo? Morto di vecchiaia? O perso nel labirinto della vergogna insieme a un Grillo parlante che conquista un’armata Brancaleone in preda a manie fiscali di compulsivi spermatozoi alla ricerca di una boccata d’aria.
Ma con qualcosa dobbiamo pure pulirci i denti, no?

Barba di rabarbaro


In una casa di zenzero un ragazzo si sbarba dalle acque sporche di rabarbaro e punta a una sega elettrica per mangiare una lucertola di colori sgargianti in minigonna. Tra ninnoli d’oro e psicoterapisti definisco il quadro del big bang.
Tra quadri di Dali’ e spolverini di Miro’ mi masturbo venendo a patti col diavolo.
Gargantua è un amico caro, alto e nevrotico, simpatico e schizoide. Ha ucciso tutta la famiglia durante una partita a carte. È un bravo ragazzo, ma non sa perdere. Bisogna capirlo, da piccolo non vinceva mai le gare di corsa con il suo cane. Anche perché è zoppo. Lui, non il cane. Sì è azzoppato durante una caduta dal fornello di sua nonna quando aveva un anno e mezzo e si è messo a ridere perché non sapeva ancora se quando ti fai male devi ridere o piangere.
La madre è la dodicesima figlia di sette sorelle incrociatesi con i rettiliani della seconda generazione. Insomma ha la pelle un po’ giallognola e i capelli verderame. Ma è una bella gnocca per alcuni. Un calcio allo stomaco per altri. Per esempio per il marito che si chiama Rado ed è sintonizzato su un’altra frequenza quella dell’elettrocardiogramma e si nutre di aria fritta con ketchup a parte e un po’ di maionese, ma non è anoressico, no, mangia un casino. Per lui masticare aria è una specie di obesità. Già al mattino comincia facendo bolle nel caffè latte. E finisce facendo la stessa cosa con la zuppa alla sera.
Insomma Gargantua, da quando li ha ammazzati, si sente quella sensazione come di assorbimento quantico e gioca con zerbini e amazzoni da palcoscenico e ride senza sforzo quando si trova sulla tazza e più ride e più esce e più esce e più ride. Ogni cagata rischia di restarci secco.
Ma questa è un’altra storia
Smack!

Bianco Natale in una scritta d’alluminio


Una fumata di bianco indica che il Pippa del giorno è stato eletto. Gl’infilano un cappello che è almeno cinque volte più grande della sua testa e una quintalata di sottane e collane e poi lo mandano in giro con una stampella dorata e dicono che è un pastore in mezzo ad altri pescatori di anime. Insomma, meglio fischiare che prenderlo sul serio. Tra un po’ finiremo anche per adorare un triangolino con un occhio in mezzo.
Girotondo casca in testa a una pizza tuberosa che non mangia sassi da una settimana. Tra una distesa di rinoceronti e l’altra fuoriesce da secoli di stitichezza e liquore al limone. Bevo un goccio di rabarbaro al piacere di sesso. Una ripida distesa di zebre mi ricorda l’appuntamento dal cardiologo. Mi psicanalizzo dalla punta del piede alla ripida distesa di una bolla di sapone.
Mi drogo di barre di cioccolato mentre scrivo una lettera di demotivazione ed elenco le mie esperienze erotiche in un film porno. Dichiaro in alto la cosa più importante, l’aids, che mi permetterà una rapida assunzione e carriera all’IBM dato che loro accettano la diversità. Perché non siamo razzisti quando ci ammazziamo a vicenda per un posto di schiavitù. Quella è stata abolita e allora preghiamo insieme al pastore pescatore affinché la pace regni nel basso ventre della scrofa semiliquida fumosa di fumo rosso.
Parlo con le lettere dell’alfabeto gesuitico che va dall’aramaico all’inglese post moderno in un circo di equilibristi gay.

Il corsaro rosso


Un salto nelle mondelle di un artico rosso pantera e siamo tornati nel diluvio universale parlando con i cachi gialli e neri di una stazione ferroviaria che ci bacia e ci abbraccia. Mentre osserviamo la linea di demarcazione della nave aliena un pirata si alza e grida “Loacker à volontà” rosicchiandosi le mentine di liquerizia asmatica.
Fu così che un catorcio quantico di androide polmonare s’innamorò della bella schiava color amaranto che ci seguiva da vicino e lei partori’ transistor quantici a volontà con i quali si cibarono i coccodrilli della savana sviluppando rose e fiori d’arancio per matrimoni complessivi. Aureliano si stura una gengiva di sterco bionico e annusa una puzzola dietro la manicure color flamenco arabeggiante.
Finiamo canticchiando in una savana afosa in pieno centro della campagna padana tra grilli fatiscenti e case coloniche che gracchiano in armonia col cosmo che gira a vuoto cantando la marsigliese stonata. Tra una salsiccia di rabarbaro e un filetto di triceratopo in carrozza ci adagiamo tra crescentine e frittelle mischiate col muschio avanzato dal pranzo dei gatti e soffriggiamo la nostra noia in una catena di superalcolici nostri amici d’infanzia.

Tre colori: violetto rosa pallido


Blu mare. Un attico sovrasta la mia porta d’accesso. E il volo pindarico si siede e attanaglia la gola di una pulce d’acqua. Una grassona nera si arrampica su un filo di lana e scorreggia davanti al pubblico attonito. Applausi scroscianti per questa dimostrazione di aerofagia e risate oltre a due morti intossicati dal metano che gli è arrivato in faccia mentre tossivano.
Dorina Cavalcavalli così si chiama la maga del cuscino d’aria che vede e prevede il futuro di un’umanità in smoking e foulard annegato nel caviale e champagne. Si nutre di algoritmi e può prefedere qualsiasi numero su qualsiasi roulette. Quando morì non l’aveva previsto e venne portata in volo da due elicotteri in una bara per elefanti.
Allocchi si girano tirandosi monete d’oro e vituperando monili di pastasciutta. Mi scomodo e mastico un pandoro al latte d’asina nel cortile di una suora sconsacrata. Con lei volo in una cascata di solletico e rabarbaro.
Raffaele è un personaggio incontrato in un bar durante una serata di solitudine. Mi ha raccontato di essersi perso dopo che l’avevano ucciso in una storia. Ho pensato che potevo farlo vivere io in una delle mie. Gli ho detto che doveva darmi una mano e allora mi ha raccontato quella in cui era. Si era svegliato a Milano che sua moglie non c’era più. L’amava profondamente ma era sparita. La polizia non la trovava e lui disperava di trovarla viva. Finché non la incontra un giorno a Palermo in compagnia di uno più giovane di lei. La segue e vede che vanno in una villetta in campagna e in giro gli dicono che quel giovane è suo marito. Al che entra e gli spara. Alla moglie. E il ragazzo spara a lui. Solo che prima di morire riconosce il figlio di suo fratello. Anche lui sparito dopo la moglie. Ora non sa più che pesci pigliare e vorrebbe tornare indietro e perdonare sua moglie e allora mi tocca di rifargli una storia su misura. Raffaele ha i capelli rossi. Quando parla tartaglia e onestamente ora è troppo tardi. Mi sa che dovrà aspettare un altro scrittore.

Una rana translucida di qualità


Una principessa di fiabe e racconti per bambini si pulisce i denti davanti allo specchio delle mie brame e ascolta una musica a tutto volume dall’i-pod. I battiti del cuore si fanno sempre più vicini ad una cucina al lampone che persevera nel chiamarla Porca Vacca.
Gli esseni l’avevano detto che il giardino dell’Eden aveva bisogno di un giardiniere, ma il capofamiglia non li ha ascoltati perché è diventato mezzo sordo. Mutatis Mutande sempre che il mandarino cinese non si sollazzi il petto col fumo acido del rabarbaro ingiallito. Semi di canapa fumano una torretta equipaggiata con mitragliatrici positroniche a largo spettro, mentre gli antibiotici attaccano e si rimpolpano le gengive di strumenti monocorde .
Odino grida Porca Vacca in un racconto di Edgar Allan Poe davanti ad una croce appuntita che decolla verso Marte. Ne discende lo spirito santo e le valli e le genti si premuniscono con la maschera anti gas. I peti di Dio, si sa, sono la fine del mondo.
Oh, tu, lettore impotente, mungi una mucca di sale di sesso e sali al vertice di una stazione radio per trasmettere il pudore in una salsa radioattiva tramite le pulsioni naturali delle genti marziane.
E, tu lettrice lesbica, fotti un albero di menta leggendo un libro di ricette di cucina vegetariana al vapore subacqueo tra pesci tridenti e foche ammaestrate per condire gli sviluppi di un ascesso alla mandibola della principessa ranocchia (e lesbica).
Odino, silenziosamente, chiude la porta, e si siede sul cesso.