Una rana surfa su una carota


Ave Cesare delle magnolie affinché i morituri scendano su di te e ti facciano quello che meriti. Una luna dalle tette cadenti s’infila una calzamaglia sulle ginocchia bucate di crateri atavici e un maschi sessualmente eccitato prega davanti alla tomba di una monaca centenaria.
Dalla spiaggia si vedeva in lontananza la moschea di mezzelune che respiravano sotto il sole del deserto e si inchinavano davanti agli sposi che si baciavano le caviglie secondo il rito ancestrale di nonna Carmela.
Sfittico s’immerge immediatamente nella cellula rotatoria di un paio di formulari lasciati aperti sinuosamente davanti a lui e riceve un dono dallo spirito santo: i numeri da giocare sulla ruota di Bari. È per quello che decide di masturbarsi sulla ringhiera della terrazza. E cade. Dal primo piano.
Un angelo sovrasta la macchina transfugatrice della bossi fini per gli immigrati che muoiono giusto fuori lampedusa. C’è da chiedersi se non si possa creare un’acquacultura di piraña nella zona.
I miei occhi si chiedono se la medusa di una candela nasconda la felicità o non rida sotto i baffi del dolore dell’umanità.

Nell’antro d’un Dio.


Una pietra galattica si spreme di invidia e beve la limonata acida della verità. Mi chiedo se capirà il profondo senso dello scherzo, in effetti è l’unica cosa che dà senso a quella condanna a morte che è la vita. Insieme all’illusione, s’intende. Cammino lento e piango per assaporare almeno un’emozione vera, e penso che forse dovrei farla finita. C’è un ponte qui vicino, usato spesso per buttarsi giù. Mi sa che prima o poi…

Mentro cammino nello spazio, mi fermo a guardare una boutique di umori in vendita, quello che costa meno è la “totale assenza di emozioni”,  la “gioia di vivere” invece ha talmente tanti zeri da diventare antipatica, poi c’è la “gioia di morire” nella quale ci sono nove zeri in più, chissà perché, magari perché quando uno è vecchio deve decidere un po’ come buttare i soldi risparmiati in una vita. Mi stupisce il “senso dell’ironia” che è scontato del 50%, già, in fondo, a che serve? Decido di entrare e chiedo alla commessa se posso provarne qualcuno. Lei mi guarda dall’alto al basso e, tirando gli angoli della bocca verso le orecchie, mi fa “Tanto non se ne può permettere neanche mezzo” “No e nemmeno lei” poi le faccio “Ma ce l’avete ‘il senso della vita’?” “No, non è un umore” “Ma si starebbe meglio, no?” mi degna di uno sguardo che potresti dare a un barbone che t’invita a cena.

Me ne vado e ritorno tra i miei sogni assaporando il piacere gratuito dell’illusione mentre mi strofino il naso con l’unguento di “violenza sanguinaria” che ho grattato alla commessa stronza mentre era china sullo smartphone per far la finta di non cagarmi.

Dieci giorni dopo.

Non mi sono mai divertito tanto nella mia vita. Ho fatto tutto l’immaginabile e l’inimmaginabile e lo rifarei ancora e ancora e ancora. Un’ebbrezza più alcolica del suicidio.

La prima vittima fu la commessa a cui ho incendiato il negozio, con lei dentro ovviamente. Poi ho scoperto che era l’unico negozio del genere in tutto l’universo e che ero l’unico ad avere ancora un po’ di prodotto che ho messo all’asta e sono diventato ricco. Così mi sono potuto comprare l’impunità per i prossimi secoli dei secoli.

Dio (padre) sarebbe orgoglioso di me, sono stato meglio dei suoi flagelli e dei suoi stermini di massa. Anche Belzebù mi ha fatto i complimenti a Porta a Porta. Ed ora penso e ascolto musica. E faccio a gara con i piraña a chi sbrana più velocemente il corpo del solito esistenzialista che s’è buttato dal ponte. Forse non pensava di morire a pezzettini piccoli piccoli, sperava di affogare prima. È uno scherzetto che ho fatto io a mettere piraña. È perché così, ‘sti stronzi di suicidi assaporano meglio quanto brucia quello che hanno lasciato, imparano cosa stanno facendo. Ma troppo tardi per tornare indietro.

Mi sento un messia. Sì perché m’è rimasto ancora un po’ di “delirio d’onnipotenza” che ho arraffato mentre il negozio prendeva fuoco davanti alla commessa legata alla sedia di cui ho ovviamente gustato lo sguardo. Ma non sono ancora soddisfatto. Tutto l’universo deve poter assaporare il senso della vita. E ho deciso che riprodurrò e spargerò questi prodotti in tutto il cosmo. È più bello fare le cose insieme.

In fondo io amo l’umanità.

Bisogna fare qualcosa per gli altri e non restare rinchiusi nel proprio egoismo. Redimere ed evangelizzare e spargere il seme del verbo del profeta. Nei secoli dei secoli.