Una marmellata di prugne mi stimola lo sfintere d’amore collettivo e ruota la caramella di una pruriginosa colata di cemento liquido. Mi riempio di azoto e me lo passo sull’uccello nell’attesa di sputarci sopra per una gara di formula uno ripresa dalla televisione. Mi chiedo perché la vita è così normale. Una caduca tela di picasso mi dà la risposta sottovoce, così piano che non ci capisco un cazzo e la prendo a calci.
Prego un vaso di gerani in fiore di fare la festa alla tragedia del senso mentre una malinconia soffrigge dentro di me. Vedo caleidoscopi arcobalenanti sopra di me e dentro le mie parti veneree. Scopo una sifilide operaia grattandomi l’orecchio da dentro il casco. In quel momento le piramidi smettono di girare e provocano un terremoto tra i gabbiani della spiaggia reale. Un moto perpetuo si riempie la bocca di vaniglia sky.
Una vecchia centenaria si gratta il clitoride ferocemente per un ultimo orgasmo sul letto di morte.
Una gatta guarda seraficamente il proprio uomo cullare i gattini e giocare a tressette. Si eccita e incomincia a leccarsela
Mario si inghiotte dodici dosi di proteine per una sessione di brainstorming in palestra con i colleghi scienziati nucleari. Mentre sua moglie si fa un pompino nella cucina di un monolocale di periferia.
Fumo un sigaro di mortadella scaduta. Augusto gioca in un’altalena di cerbiatte vive. Colt si diverte a masturbarsi davanti alle signore che si appartano dietro un albero a fare pipì nel parco.
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Puttana triste sul lavello
Valvole di gioia spremuta zampillano dentro brache di seta nera a forma di ermellino. Una fumata nera ondeggia sinuosa sulla costa della California. E un’ondata gigantesca sforma le facce illibate che osservano ipnotiche il colore del sangue che si abbatte su di loro. Un’entità lasciva. Una morbida essenza d’aria. Un’oscuro fetore di assenzio che droga le narici di un eroinomane mi convincono a giocare la mia ultima partita a poker col morto. Un cadavere di speak si muove dentro lo stomaco ed esplode in un pianto dirotto che mi fa giocare al rialzo. Il morto vede. Poker d’assi, anche lui ha un poker d’assi. Ci abbracciamo e ce ne andiamo a fare l’amore.
Un’aguzzino gira per le strade di Napoli urlando a squarciagola “vi vendo per un tallero, pezzi di prosciutto”. Ave o Cesare, ave centurione, che i morituri ti sturino il naso.
Nella foresta magica mi sciolgo in un barile di Nutella. I ricordi di dolore in salsa d’acciuga mi stritolano i nervi come fili elettrici in corto circuito. Un elettroshock mi attraversa i pori del culo e descrivo al telefono un ritratto di Picasso. Odi Odino i battiti automatici di questa tastiera che ti assassina le budella a forma di vongola.
E applaudiamo il cantico di una cicala triste che muore, mentre noi voltiamo pagina e pensiamo.