Un amalgama silente


Un amalgama silente. Silente amalgama di mummie di borgata romana. Lenti cadaveri che si aggirano tra vino e tarallucci. Cantano e bevono senza lasciare traccia del loro passaggio e si reincarnano in un insetto silente e volgare.
Il suono guida la mano di un poeta ardito che si tocca il dito con il naso variopinto mentre il dipinto si erge a sommo pianeta di una lavastoviglie fantasma. Nelle mie orecchie rimbomba il sonno di una lavasciuga liquida di colore verde ramarro tipo pus che mi ronza nelle orecchie come un sommergibile fantasma.
Un punto e virgola mi guarda perplessa e finché mi fissa non riesco a fare pipi’. Mi sciolgo il decolté in una sfilata di moda e resto nuda in una scena madre del film sulla vita dei pesci dell’oceano pacifico.
Una mano scivola sul pene e non sai cosa farà perché dipende da una dimensione aliena in salsa erotica e Marte predica l’amore universale. Un corno scivola nel solstizio d’estate e preghiamo insieme perché Natale venga schiacciato da una balena blu.

L’azione è nella pallottola


Stasera il sole brilla e la luna taglia un prosciutto con i denti aguzzi di una scopa piatta. Pupattola pupattola che spazzola usi per tagliarti il codino? Un Ciappo papetta cara. Un ciappo a rotazione inversa che suona come una campana a schioppo. Grazie banana per tutta la cirrosi epatica che ci tramandi da secoli di generazioni generazionali. Il fondo è chiuso con un tappo e un cilindro si spegne una sigaretta sul cilindro. Mi spiego? È tramite una fontana che il cavallo di diodi si decide a surfare sulle biciclette. Intanto un pianeta di stronfi non collige in rotta con il mare.
Per quello che il cellulare si rotola a rotoli che spengono le maglie di Giulipittola dentro al reggiseno. In carrozza signori e vedove defunte, prendiamoci per mano e tocchiamo la scatola di polvere sistemata sulle grucce.
Abalé, abale, abalé sporco giacimento sull’imene gloriosa, finché una geometria adiacente la soffoca col cuscino di dinamite.
Chiudo gli occhi e decido di mantenere per me il segreto dell’ingrediente sulfureo. Perché solo peti sono. Solo peti. Mi spengo in una bolla di cloruro di metallo. E prego nel risarcimento di un nobile interramento. Mentre guardo la luna lontano

Odi l’odio d’Odino


Ode alla lirica. Nello stato di vano vacuo nel quale Ammannia vive una vita silenziosamente un grido fugace si staglia contro una carotide innocente.

Vagheggia nel vago pensiero di una stella cadente sul suolo natio. E fugge. Fugge e rifugge lontanamente accecata dal ricordo dell’angoscia disperata di una bambina mutilata di capelli sinuosi come serpenti.

Si strappa parrucche e vesti sottili come l’occhio d’un gatto e corre nell’autostrada della vita e della morte. Contro un pianeta che guarda la notte con un occhio solo.

La sua vita fugace e verace prosegue per poco e un condor insozzato di nero la rapisce per portarla in un sudicio pendio per approvvigionarsi.

I sogni rinvengono alla memoria di una sonnambula e evaporano come una bistecca al sole d’agosto e la testa le gira dalla fame. Si alza prende una penna e scrive e scrive e scrive…