Un cascamorto si incide le unghie su una pietra al cioccolato per mangiarne le budella in fiore sotto il sole cocente della primavera astrale che noi rettiliani succhiamo tra un Ice Tea e l’altro. Mentre mangiamo vermi e ci guardiamo le scene di grandi fratelli che lottano per le loro cavallette eccoci scendere dal cielo tra dimensioni di dentifrici seducentemente froci per adagiarci su terre labiali che ci danno baci e tortellini fusi. Noi abbracciamo il genere umano e indossiamo le maschere che ci portano a uccidere in grotte lucenti per cercare l’oro e la merda dell’animo umano.
Succhiamo con lingue biforcute il midollo osseo della triglia spaventata ma buona con la maionese e il ketchup. Busino si inciampa nel pappagallo mentre canta la Turandot in una Scala a quattro piedi semoventi. E pianta un fiore lucente di luce radioattiva.
Non preoccuparti se non vedi il sale del sole su un topo morto che ti porti sempre sulla spalla per coccolarti nelle ore di solitudine. Altro non è che la peste nera della tua coscienza che ti racconta favole e illusioni per spingerti oltre i mesi della follia e comprarti per poco prezzo. Perché anche l’anima ne ha uno ma lo vende solo se non lo sa.
E allora ridiamoci sopra.
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Soffio in una cannuccia e deliro ardentemente
Seguo una vivida sponda della mia vita e trovo una serie di personaggi ambigui che sembrano usciti da un film western degli anni ’50 che si aggirano sulla spiaggia. Tutti rifanno la stessa strada all’andata e al ritorno e ripetono gli stessi gesti, si vedono, si sparano, e riprendono ad andare a cavallo, al ranch, al saloon e di nuovo in spiaggia. Allora chiedo a uno una sigaretta, questo mi guarda e se ne va dritto come se non appartenessi alla situazione. Allora lo fermo e gli chiedo se per caso sua moglie ha le mestruazioni. Questo tizio ha la faccia tipo aquila, affilata e col naso aquilino, fronte alta, pochi capelli in avanti che sbucano da sotto il cappello bucato, un gilet marrone sopra una camicia rossa a scacchi. Mi guarda come se vedesse un orizzonte lontano, come se sentisse la voce ma non vedesse la faccia. Cerca di mettermi a fuoco. Stringe le palpebre. Butta la sigaretta e mi sbuffa in faccia. E tira dritto.
Allora vado da un altro. Stessa scena. A quel punto vado da un altro e gli tiro una sberla. Poi un cazzotto allo stomaco e poi gli tiro un calcio in culo. Questo cade a terra. Si guarda intorno cercando qualcuno e poi tira dritto accelerando il passo. Allora vado al Saloon. Mi servo una birra da solo, poi un’altra, poi un’altra e me ne vado ubriaco. Uno sceriffo mi dice di andare a morire ammazzato. E io gli rispondo che sono già morto.
La notte scende tumultuosamente parlandomi di scene di sesso. E mi guarda dall’alto di un bagno semisecco che pronuncia bestemmie che fanno ridere i polli. La cannuccia di coca cola mi prende per l’ano e mi inietta milioni di piccole bollicine che sanno di peste nera.
Oreste ci aspetta