Intreccio le dita di file di fiori su catene spezzate e una voce da bambina mostra il suo corpo nudo sulla catena appesa da una prigione di cacca.
Novecento si immerge nell’ultima onda d’acqua e nuota con i folli presagi di un pianoforte che lo insegue e lo suona alla velocità di una sciarada di vespe che cantano una lirica di parrucchiere.
Intreccio peni e salami in un salumificio giapponese dove scorrono le rotaie dei sensi sottoforma di peli pubici attaccati a manette che pendono dal soffitto e fruste che accompagnano dolcemente le fusa di una gatta strabica che non riesce a leggere i promessi sposi senza piangere di gioia durante la peste bubbonica e spera che muoiano tutti i personaggi tra urla e spasmi notturni.
E urlo svegliandomi all’imprevisto in mezzo a saggi urlanti che urlano in coro un Amen alla prateria notturna e vagano lentamente con la coda a forma di cactus tra porcospini e iettature di zenzero a pomice atomica
Funghi si spargono in tutto il mio corpo e prendono possesso dello Stargate del senso, ma no, non cercare di trovarne uno, no, non farti venire il mal di testa, no, non uno, ma centomila, centomila lire, ti ricordi? Quando eravamo ricchi con centomila lire? E un ghiacciolo enorme ne costava cinquanta? Medioevo dice Felice e ora siamo costretti a comprare lo smartphone per risparmiare sul computer, e lecchiamo l’i-pod al limone e scarichiamo una app per farci avere un orgasmo così risparmiamo sui ristoranti di S Valentino. Sbattiti una lacrima amore mio.
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I promessi sposi
Un carro di deliri si sposta nelle morti nere della peste bubbonica mentre i promessi sposi si baciano in un alone di luna bianca. Nella distruzione del potere si muovono anime di vita che mandano lettere di senso a babbo natale per chiedere un prestito per la casa. All’interno della servitù della gleba muoiono le zanzare del coltivatore diretto che si ostina a zappare una terra arida cotta dal sole d’agosto. Mi allarmo per una viticoltura che piega i chicchi davanti al trattore laser per giocare con i bambini dell’asilo in visita alla fattoria.
Dolcemente il sole risorge dopo la pioggia e accarezza i crani dissepolti per farli evaporare alla luce dell’amore. Phandertal si muove grottesco e grosso azzannando i resti putrefatti delle iene e si guarda intorno guardingo per evitare i guardiani del potere. Cerca di costruire una vecchia pistola con i resti di lattine di coca cola imbevute di cioccolato fondente. Bagna di escrementi aciduli al limone il sentiero verso casa in un vecchio edificio di anidride carbonica solitaria.
Cerca di non tornare dai suoi piccoli a mani completamente vuote ma ride davanti a uno specchio in perfette condizioni che gli dice che non è più in giacca e cravatta e che l’informatica non serve più a niente. Un airone telecomandato lo vede e gli spara. Dopo poco un altro ex collega passa e lo porta via per mangiarlo insieme ai conigli che ha catturato nella riserva di saliva galleggiante.
Un paparazzo immortala la scena e scrive un articolo al prosciutto cotto per la gioia delle adolescenti del potere che giocano con i trucchi dei Pazzi alla riscossa.