Pop


In una sequenza di lombrichi avvelenati Irona sceglie i propri partner per una eternità di erotismo completamente sciolta in un mare di ceneri tombali. Creta nelle mani di un dio creatore fa e disfa il lungo alimento di granuli di passione arrossita di brufoli che danzano una metallica rock. Granuli di festa esplodono nelle nostre bocche assetate d’amore di carnevale. Una maschera resta distesa dopo il passaggio dei carri da fieno e lentamente si libra nel cielo.
Un aquilone di zucchero filato passa piangendo davanti al negozio di scarpe per bambini urlanti. Il suono gracchia nelle mie orecchie solleticando il timpano come una campana di vetro sorda che uccide i figli e li riduce a briciole di vetro.
Sciarada di pane imbocca il midollo spinale di una zanzara forgiata per resistere nei secoli a pesticidi e pesti bubboniche assetate di petrolchimica.
Aspetta, Cosima, aspetta lenta il passo del cane Lepido e si accolla i lacci delle scarpe con gesti posati e corretti che suonano invisibili a chi non li sa interpretare, come un mimo in calore.
Un urlo di cane si sparge insieme agli spruzzi di ketchup contro le vetrate di mosaici arrostiti alla brace. Carne di capra mescolata a fette di pene in insalata vengono sciolte in una salsa africana al peperoncino e mangiate ingozzandosi.
Canarini silenziosi si accendono una sigaretta prima di mescolare il Cristo con la santa pozzanghera.
Signori e signore vi presento la valigia rossa, raccolta nel campo di patate insieme al ragù della nonna.
Una pioggia diafana che punge le zanzare e provoca una ridarella incontenibile e la dissenteria. La cacca di zanzara è peggio delle punture, ma oramai la frittata ambientale è stata fatta e ora speriamo che non inventino anche le zanzare giganti.
Mi accendo un accendino col fuoco di tante mogli e grilli che cantano musica pop.
“Quante patate raccogli tanti occhi hai liberato dalla prigione” “Cazzo hai fumato?” una risata incontinente si sparge assetata di pomodori verdi fritti alla fermata del treno.

Frantumi di polvere spazzata via


Devio il delirio da un frantumo di potere di ghiaccio e friggo le molestie sessuali di un prete in una padella tipo wok da campeggio alpino. Un fulmine si staglia a ciel sereno.
Un’aquila nera definisce il colpo di reni della fabbrica di motori a circuito mnemonico.
Un freddo gelo si espande nella mia anima e brucia sotto la pioggia mentre un pianoforte mi dice che morirò tra pochi secondi.
E allora.
La pioggia lava i miei ricordi, mentre nuovi ricordi mi colorano l’anima dell’arcobaleno dopo la tempesta e i colori si muovono come onde di vapore.
La lirica muore, la lirica insegna a disegnare la pazzia con nuove pallottole di gomma interiore.
E una nuova plastica facciale disegna il mio volto in una vita dove l’acqua prega e il carro celeste grida, dove la donna si fonde e l’uomo s’infonde una nuova linfa che suona la lira.
Canta per me cacao amaro, canta per noi, mentre la pioggia si trasforma in neve e il freddo congela le passioni in una nuova stufa elettrica senza alito che si congeli.
Un sottile filo di passione mi avvolge ad una capanna di cuori di polvere stellata in salsa di pollo.
Ed eccoci qui caro il mio lettore, ad abbracciare questi minuti di spazio\tempo che ci sono scivolati addosso insieme, noi due, e un alito di pioggia.

E Dio disse “C…”.


E Dio disse “C…”.

Un occhio vede al di là della porta. La chiave è il segreto.

Un miracolo si compie nella strada in mezzo al deserto e ascende alla quinta dimensione.

Un sogno erotico si stampa nel mio corpo e ne porto i segni di fuoco.

Evito di farmi portare dal vento della passione e l’istinto procede senza ragione.

Felicemente mi siedo della radura, in una sabbia bianca di dune scoscese, dove il mio piede affonda, bruciando. Non c’è spazio nel calore. Il fuoco arde e mi consuma l’ossigeno. Il ritmo mi possiede e batte il mio timpano contro una parete sussurrandogli parole oscene, mentre i pesci mi danzano in testa.

Amami pazzo che balli il tango al suono di un sintetizzatore.

Amami e devastami il suono dell’universo. Balliamo al suono della parola diddio. Il nostro amore si nutre di sesso. Uniamoci al nostro dio in un amplesso solare. E ridiamo con lui in un rapporto a tre, in un atto d’amore divino, mentre ci perdoniamo i nostri peccati di gioventù.

Esco dalla porta dell’universo e la chiudo a chiave dopo aver bevuto la linfa degli dei da cui partorirò il figlio dell’uomo.

Chiedimi, pazzo, se l’amore ha un sesso.

Dimmi, pazzo, se il limbo è uno strato di sabbia rovente.

Dimmi, pazzo, che cazzo sei venuto a fare tra gli uomini.

Uccidimi pazzo, perché così saremo liberi di volare via dalle feci di un angelo con la diarrea.