L’atto del proletariato


Mi cibo di rotoli di spazzatura eterna. La sapienza ci viene da boccioli di alberi morti che respiriamo in un attacco lancinante di diarrea. Sono quelli che portano avanti il progresso dell’umanità. Là dove il sangue si mescola alle feci vengono poste le basi di ogni sana rivoluzione del proletariato. Gay compresi. Meno male che c’è What’s Up. Che ci libera dal peccato. Perché i dieci comandamenti sono fatti per riunirci davanti ad una pietra tombale di margherite che sanno di divina commedia.
Sento un sapore di arrosto di sberle e mi chiedo se anche questo Natale sarà come gli altri e Google ci manderà un sacco di torte sulla testa mentre dormiamo e sogniamo polli allo sbando che si gettano fango in faccia e usano le gengive per dominare sul creato color cioccolato in lacrime.
Chatto con il Che che mi racconta del suo viaggio in Colombia, tra cascate di piombo e tortellini alla panna affinché la fuliggine di una mietitrebbia si coccoli con carezze di una santa bevitrice che vede la Madonna scendere dal pelo pubico. Preghiamo insieme e diciamo Pane e Volpe la mattina per aprire lo stomaco e digerire i rospi della giornata così che il pavimento non sia più verde metallo. Il Che si affanna e mi appanna il parabrezza col fiato fetido del suo sudore. Un calcio nelle palle di un asino che si affatica sul tornio di un gelataio che sa di ragù di pollo fritto.