Una serata in fienile


Una serata in un fienile si trasforma in un fuoco bollente di Messe esasperate che cantano odi al dio dello sperma umano. Qui viene il bue che non muore e batte le mani a ritmo di un’astronave di tacchini omosessuali. Afrodite si masturba e guarda appassita al seno di un angelo custode che effettua un cambio di sesso. Micromega si guarda allo specchio e ride di gioia al vedersi una pera crescere nel petto per una modifica di software che lo trasformerà in un’ameba color arcobaleno, ma finalmente capace di amare.
In dodici apostoli si leccano i baffi dopo un’orgia alla romana tra leccate di stomaco e predicano il verbo divino facendosi belli davanti a folle di capre cornute che aspettano la manna dal cielo e la confondono con l’urina delle sante martiri della guerra in Afghanistan. Padre pio s’immerge in una piscina di e-commerce e si mangia le mani e le stimmate e imbratta di sangue una baby squillo mentre recita l’ave maria. E i pesci si sollazzano tranquillamente in una spiaggia di patatine fritte e si passano gli spinelli insultandosi a vicenda.
Ballo la zumba. Ballo la salsa di camomilla. Ballo la tentazione di un filo di pesce che si masturba appeso in croce e perdona i morbilli perché non sanno quello che fanno. Ma dio non perdona e combatte fino alla fine del tempo. Tra valchirie scatenate si muove in una nota stonata di sinfonie che battono al ritmo del suo cuore, il ritmo del reggae.
No donna, non piangere, ho sparato allo sceriffo, ma non sapevo che fosse lui, era solo uno zoppo che mi seguiva ma facevamo la stessa strada, in discesa, verso orde di iracheni fatti duri di hashish e mele cotte. È per questo che ti auguro la buona notte in mezzo a rose e gerani biondi ossigenati.

Tacchi a spillo di un rododendro in fiore


L’odissea di una pera matura si distende in un lago di cigni omosessuali. Perché la vertigine fa amicizia con una capinera? Me lo sono sempre chiesto. In fondo non tutti i tori si accoppiano con le mucche. E in fatto di corna Antonio ne sa qualcosa. Antonio è il nome della mia scimmietta.
Sogno il rumore di una wii rosa fuxia e volo tra uccelli di rovo pungendomi le ascelle pelosamente odorose. Per quale ragione vedo un highlander smontare da cavallo in mezzo alla tundra di un piatto di lenticchie fuori di senno? Se glielo chiedo continuerà a vivere in eterno e a farsi tutte le prostitute dello spazio tempo? Mi perdo in mezzo alle domande di un castoro con la dissenteria orale e m’infilo di tacchi a spillo per la mia passeggiata serale nel letto coniugale.
Quindi, in pratica, tutto per dire che, insomma, alla fin fine parliamo di riforme. Sì perché se la gente muore di fame la cosa importante è regolarizzare le coppie omosessuali. Questo noi vogliamo portare avanti. E indietro. E avanti. E indietro. Per sempre. Finché il buon Dio ci darà il buon umore noi scenderemo con la nostra slitta dal palazzo del ghiaccio e svenderemo le renne di Babbo Natale all’outlet più grande d’Italia in modo che tutti pensino di aver fatto un affare a comprare cibo di qualità a poco prezzo. Il potere logora. Chi non ce l’ha.

Il delirio del manzo


Metto il piede su un delirio di Alfonso che urla la propria pazzia in un deserto di formiche morte. Si chiama cimitero, mi fa con aria di monello e occhi iniettati di ketchup. È un odore che fende l’aria con un sapore di piede tumefatto dal pongo marrone scuro, molto scuro come se fosse stato soffritto per dieci lunghi anni. Sa di aglio. E pesa. Il tumore inserito nell’ugola di un soprano da circo si rivela una ricetrasmittente di Dio che ascolta i meandri del diavolo alla radio mentre si sofferma nel perenne orgasmo che libera agenzie di viaggio per trip di eroina.
Scimmie danzano nel mio cervello per battere una discoteca di monete d’oro in fondo al pisello di un pulcino adiacente. Mi sparo attorno a un quadro che si assopisce alla vista del sangue di un toro deforme mentre la poolvere di corna si sparge nella sala del museo di marionette veneziane che singolarmente profumano di api punk. Gli uffici colorati si riempiono di tacchi a spillo che corrono tra mazzi di fiori blu da un giardino di cemento all’altro togliendosi occhiali e inginocchiandosi davanti a pannolini sporchi di sesso e potere. Giovenche si pesano le mammelle di terracotta per liberarsi l’anima da secoli di vestigia dorate.
Durante feste di mausolei anemici porgo le mie scuse a maggiordomi in livrea argentata che schiude funamboli omosessuali tra le viscere di un drago a due teste e due croci. Palandrane di manzo in scatola si muovono tra feroci puttane in calore che violano il segreto del piacere tra un’ottava di godimento e una sinfonia di Sciubert.
Ciaikovschi era gay, ma questo si sa.