Menti che ti passa


Un arco di ginestra puzza di ascella e annuncia la primavera in un losco antro distrutto dal vento. Si trova in cima ad un grattacielo di edera e rosa canina. Là sopra si inventano mondi sommersi per disperderli in frantumi di vetro soffiato. È il mio lavoro. Operaio di settima. Qualificato. Mi occupo di pubblicità. Invento slogan per la propagazione dei mondi nell’emisfero australe. Seduto su una panca davanti al sole del deserto pronuncio nomi e trituro talismani per spargerli nel vento ed entrare nella mente delle persone. “È un mondo di pazzi, fattelo piacere perché non ce ne sono altri se non peggio” è il mio slogan preferito, altrimenti “Hai un culo pazzesco fratello, leccati le ascelle e non scassare” “Questa volta è quella buona, cambierà tutto, tieni duro” “Sta per arrivare il nuovo Messia, tienti pronto” . Mi diverto a spargere puzza e sangue di vitello negli occhi di innocenti vergini di settant’anni e passa.

Il kharma della pantegana di bronzo


Un ufo robot d’acciao prende una cartolina e la scrive a una pinta di birra che soffia vorace una pantegana sifilitica. E gratta la pancia a un orso di coca cola che perde la voce tra rantolii di sangue alla menta piperita. Avendo mangiato peperoncino a colazione emette polvere da sparo a forma di yeti.
Peli di donna mostruosa intersecano la violenza di un palloncino colorato di rosso cocomero nel cielo azzurro che romba i pistoni di un ginocchio artritico.
Masturba il cetriolo di metallo spugnoso i vermi giganti in un lago di cori gregoriani tra centurioni di sperma che affluisce a gocce nella cascata del mago Merlino. Rigurgiti di dinosauro si spargono in mezzo a laghi di sangue di placenta e il grande ballo delle capinere dirige il valzer delle candele tra ioni di sodio e cloruro di patata fritta e soffritto di godimento lento.
La santa messa di un anatroccolo a forma di sformato decodifica il linguaggio dell’eremita in cima alla torta di zucca vuota e mi ricordo del Messia che mi diceva che in vita non aveva mai visto una tetta al vento. E gli dispiaceva. Povero Cristo. Faceva pene.