Una follia di gabinetti esposti al sole deride la cervicale che scende dai miei testicoli verso cardigan rivoluzionari che sfilano in manifestazioni di nudisti nudi davanti alle telecamere vogliose di corpi da processare e servire con il piatto della pastasciutta tra quisquilie arricchite da manzo e ragù alla bolognese.
Tutta la famiglia è radunata intorno alla stanza del Papa e resta religiosamente in silenzio e in posizione caprina battendo le mani al ritmo della croce di Cristo. Mentre si masturba psicologicamente i genitali. Una croce matematica si staglia nel cielo e un’aquila osserva la preda con potere cardinale. Una vespa senza pungiglione vaga nella tenebra della peste bubbonica vestita di nero e con una voce stridula avverte uomini e donne, di cosa? Non si sa, ma avverte.
Rotolo nel fango dopo un’esperienza stagnante. Il fontaniere ha aperto una falla nel buco del culo ma non l’ha mai riparata e soffro d’incontinenza. Pago la fattura e mi sturo il lavandino con uno spazzolino che si masturba le orecchie. Mi dolgo col cuore del fango che cola dalle mie gengive infette di pus che sa di rabarbaro omosex e mi sdraio consensualmente durante il gay pride in un carro carnevalesco di suore puritane per adornarmi di anelli spaziali che giocano con i miei genitali colorati.
Esco e prendo un po’ d’aria inquinata per fumare il polmone d’acciaio e riderci sopra finché morte non ci separi.
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La mela della vita e della morte
Una mela rivolta al passato corre su una pedana elettronica senza vedere che davanti a se sta per investire un cieco marcio. A occhi chiusi avanza nell’asfalto immenso e ride per una battuta di una rana sorella che spiegava il sogno di una pantegana in calore . Guarda in alto, le urla lei e un camion della spazzatura lanciato a tutta velocità si schianta contro il braccio bionico di un uomo col bastone che attraversa la strada e non si fa neanche un graffio. E dice Signore perdonali perché non sanno guidare. E si masturba con una mano sulla croce e l’altra per fare pipì.
Un giro di vite si scioglie nel soffritto per portare l’infinito in una tazza di tè arabeggiante che gira una danza di proci e corteggia un soffitto di suore che si spogliano in maniera verginale nell’attesa di un dio che le incarni del corpo e sangue di cristo, ma non con uno spirito. Nel frattempo le dita toccano vagine verginali e secernono liquidi oleosi che formano parte dell’acqua santa e del vin santo.
Mi diverto a mangiare tarallucci e olio d’oliva che corre e vola in una tempesta ormonale di dodici metri cubi di aria compressa e spremute di cuori di ketchup.
Mi seppellisco sotto un cipresso affinché possa piangere la storia di un subacqueo che non sapeva leggere ma sapeva fare l’amore con le suore.
Mi crogiolo al chiaro di luna
In mezzo a una spiaggia di testicoli in calore Anissa si siede e mostra il pomo d’Adamo alla selvaggina carente di antibiotici ormonali. Esige una mano sul corpo da schiava. Esige un sogno e una chimera che la porti su draghi di cartone in un’isola di porcini. Esige che la scatola di froci si apra e una bomba scoppi per dirigere il traffico di risotti. Gode al caldo sapore del mare. Nella fretta di un orgasmo con altri pianeti che gravitano intorno a lei dimentica di mettersi il preservativo e rischia di mettersi incinta da sola. Potere dell’immaginazione. Un bug nella matrix. Un bug che striscia sotterraneo in una casa fatta di piole e zanzare.
Corcina 86 anni si masturba nella sua casa nella prateria australiana davanti ad una sequoia alta 180 metri immaginando che sia un fallo di toro. L’orgasmo la vede rotolare in mezzo alle radici di iguana verde.
Caterina 18 anni fa l’amore col suo ragazzo in una cascina diroccata nella pianura statunitense ascoltando shakira nell’ipod dopo aver preso medicine antidepressive e senza sapere che di lì a poco ci sarebbe stata l’esplosione di un reattore nucleare a poca distanza.
Padre Alonso si fa masturbare da una signora di mezza età nella cucina dell’asilo di St Eusebio di Catalonia nel sapore stantio della mensa. Le mani di lei erano appena affondate nelle frattaglie di pollo e coniglio. Anche lei si eccita. Ma nel bel mezzo vengono scoperti.
Il gallo canta due volte (e poi rutta)
Mi rachitizzo in una rucola acida di saltimbanchi col palinsesto fuso da orecchioni vampireschi e corna fritte.
Antonia si sforuncola un abito da notte di lino pregiato e condisce la pasta di vermi froci in zuppa di lenticchie lesbiche che sognano di essere un cane pieno di pulci che si masturba davanti a uno specchio deformante. In un’orgia di pleniluni Antonia sfoggia la conturbante pelosa alla festa della civiltà che si tiene due volte l’anno alla faccia della crisi dove il vello d’oro celebra la propria sensualità davanti a una folla affamata.
Urla di avvoltoi piangono gli sfarzi dei tempi andati e rivolgono alla Madonna la preghiera di una dolce gabbana che si satolla la vagina del fuoco dell’inferno e bacia pudicamente la bocca di una vergine sifilitica.
Bravi. Complimenti vivissimi al coro di pavoni sconsiderati e allegri che raccolgono voti per contribuire a spargere la fame nel mondo e ad imbandire la propria mensa alla quale accogliere i poveri a Natale.
Antonia alleva la prole in un pollaio di sterco di bue e gioca al gratta e vinci. E canta.
Il poeta delle eresie
Sorvola una preghiera di zolfo. Una grande intesa tra il Paradiso e l’Inferno permetterà a Dio di governare ancora sulla crisi planetaria che ha causato lui stesso a forza di sputi al tetano. Rosalia 58 anni si masturba davanti ad una garza e a sei cerotti bianchi col ditale della nonna ma non riesce a venire perché deve fare pipì.
Il partito del KK si contorce i muscoli facciali e le budella attorcigliate attorno all’intestino tenue che sorride tenuamente e tenuamente si irrigidisce per spiegare a Budda che le tagliatelle al ragù non le possono fare i monaci altrimenti a lui gli sparisce la flora e la fauna zoologica.
Perciò Luana decide di diventare ministro della repubblica della banana split, un po’ come giocare a bocce col morto, tra una capinera guasta e una fronda di lumache e fa l’amore con il marito così come l’ha sempre fatto, mentre lava i piatti a luci soffuse con la musica della lavastoviglie sul fondo e otto orgasmi di fila. È l’unico modo per riuscire a dormire per una notte senza sognare Dio che esplode di burro e panna.
Marco si gratta le unghie e fila sul tordo di una noce moscata bevendo un succo di flanella nella morte rapida di un dipinto variopinto.
Rose e cavolfiori bagnano la stagione delle castagne infuocate
Una patatina fritta a colazione. Questo il menù di oggi al ristorante millefiori d’autunno in fiore. Per melanconizzare un prato fiorito devo spurgare una violenza mistica che uccide Dio. Non ho remore. Né rimpianti. È un atto dovuto. Da tempo immemorabbbile. Iscriviamolo nel registro dei morti e sepolti. E partecipiamo al nostro funerale.
Sopra la merda nascon le rose sopra l’oro non nasce niente. Balle ma dette molto bene. Mi rigiro nel letto in cambio di una favola trans. Per potare l’occhio al pino maleodorante. Ma con un odore di rosa ammuffita tra le tegole di una stalla. Duccio mi ricorda che devo comprare l’eroina dai talebani che hanno prestato un po’ di soldi alle banche americane. La produzione di papavero in Afghanistan è aumentata del 50%, guarda un po’. E pensare che i talebani volevano eliminarla, quindi li hanno bombardati. Ed ora è un paese emergente.
Il signor Attilio Bergonzoni si stura il naso per migliorare il suo stato di salute generale e chiacchiera con l’otorino del più e del menopausa. Per una questione androgina anche i testicoli montano nella laringe e bagnano l’esofago dando una strizzatina al fegato, alla bisogna, finché non fanno una sega all’intestino e vengono a lubrificare le gonadi di Ulisse.
Monadina 54 anni, si masturba davanti alla televisione mentre trasmettono Chocolat con Jonny Depp. Non viene bene come al solito. Depp non è il suo preferito. La prossima volta proverà con Matteo Renzi.
Incendio di gelatina rosa
Un gorilla si scinde in sedici portelloni da caravan e sorride grattandosi le ascelle depilate. Mi accendo una lampadina tra le porte di una storia d’amore che solleva pesi con i denti e mi fischiano le orecchie al pensiero di una marcia forzata tra le gambe della protagonista. Lucilla piange tra le lacrime di bisonte e si masturba in cima alle corna di un salame semovente. Si toglie il vestito nuziale e si denuda davanti alla televisione per proiettarsi in tutta la casa.
Si muove urlando e si graffia godendo e un incendio si sparge lentamente tra le spire floreali di un appartamento in calore urbano. I medici senza frontiere accorrono in gruppo per dirigere i lavori in corso e farsi una pera fumando una sigaretta elettronica alla vaniglia. Io guardo divertito lo spettacolo e m’inebrio pensando alla tavoletta a colori che ho lasciato nelle cronache di Narnia che ora galleggeranno amichevolmente tra le terre dei mondi emersi e di quelli non emersi.
Spengo la tele e mi scolo una pinta di varichina per rinfrescarmi l’alito e ricomincio una maratona di sberle che vince lo spazzacamino cheyenne figlio di un cretino seduto.
Tiro un sospiro di sollievo nero e sotterro la neve fresca in un pozzo di risate alcoliche.
Coca cola?
M’immergo in una genesi genetica dell’universo multiolografico e mi sento una proiezione del pensiero di altre civiltà che vanno in Spagna a curare i bambini malati di cancro danzando una danza strana e piena di luce. Il Poltergeist mi guarda e mi sfida a una partita a poker col morto ma non me la sento e gli regalo una coca cola scaduta da due anni. Lui la beve e mi fa “non è light?”. Eccomi fratello che arrivo a farti un favore illuminandoti la strada piena di buche fatte di prosciutto in carrozza. Dolcemente mi guardo intorno e scopro le interiora di una bufala che mi guarda attonita e si masturba alla mia visione divina. Potremmo fare una giocata insieme? Mi propone l’alieno che scopre la terra e giudica lento il processo civile italiano in modo che ci becchiamo una condanna anche dalla corte intergalattica. Procediamo a frattali, fratello frate e sorella luna. Nel cantico dei cantici cantiamo un amore candido ma non al divino. Alla sposa dell’umanità : la coca cola.
Perché noi l’amiamo a fondo e profondamente stappiamo e beviamo quell’estratto di coca che speriamo che nel nostro stomaco diventi cocaina che è più buona. La massa trucida di fedeli maomettani sfila educatamente per l’autostrada del sole e chiede ai padroni di essere più buoni, più buoni della coca cola e di un amaretto di saronno. Chiediamo scusa per essere fedeli alla parola di dio e della lucidatrice dei pavimenti e quindi ci beiamo (?) anzi beliamo come pecore davanti al buon pastore, chiunque egli sia e trinkiamo una nave pirata che spara ai saraceni in fuga dalla capitale dei buoni romani
Vitalizio
Una fuliggine scende nella mia mente e vi si risposa in terze nozze producendo polvere di bambini che arieggiano i neuroni zoppicanti di fine giornata. Ora inizia un altro lavoro volteggiante come un acrobata nella scia di un’elica semovente che masturba un pene di androide strizzandolo verso destra e poi verso sinistra. Paola gode dell’immensità del attrezzo di Carlo che sembra una vipera che le si muove nel corpo e si dimena esplorando nuove scie d’amore che la fanno urlare di pazzia.
Tenebre silenziose scendono negli occhi di un vecchio lupo di mare che ha sopracciglia di dromedario e si accontenterebbe di un ghiacciolo alla panna montata per prosciugare quella saliva acida che si ritrova in bocca tutte le volte che muore. Se lo ricorda solo adesso.
È una bella scrofa che tiene le punte del leone in un arrembaggio alla nave delle iene mentre i clown giocano a tressette col cadavere di un morto ammazzato dal pesce pappardella.
Diversamente sexy
Una troika di salami al formaggio s’imbizzarrisce al richiamo di una sottana sfuggente. Un microscopico anello latente s’intrufola nell’orifizio sacro e masturba un ganglio intestinale. Mario s’incendia in un atto di sodomia fecale seduto sul gabinetto del suo monolocale decadente in cui la toilette si trova tra il forno e il frigorifero. Deve girare un film come attore principale. Quando si presenta sul set è eccitatissimo e non vede l’ora di girare la scena di sesso omosessuale. Chiede al regista il massimo del realismo. E ottiene soddisfazione. Solo che l’altro attore non è gay. Mario esce ancora più eccitato e va in bagno e si fa la scopa.
Anais gira in mutande e senza reggiseno per casa. Da una stanza all’altra e semina feromoni tra le formiche che cominciano a girare vorticosamente tra le crepe dei muri di un appartamento bohèmien che dà sul parvis de St Gilles dove circolano struzzi mutanti che fumano sigari elettronici marcati Coca Cola. Un siero di latte viene spruzzato mentre fa l’amore con una coppia di coniugi che cercano giovani studentesse a pagamento per colmare il vuoto matrimoniale.
Un giro dell’oca si appropria delle mie emozioni che girano a velocità stroboscopica lasciando che un maiale su due zampe paghi il conto del ristorante lasciando una mancia miliardaria. Chiamo il racconto della spirale del minotauro ma nessuno risponde e vaneggio per la strada deserta alla ricerca del sacro Graal. Metto il piede nell’unico tombino senza coperchio e scendo nelle immensità degli inferi inseguito da una barzelletta su S. Pietro. Il cavallo non ci sta Flamenco. Il cavallo è sparito Flamenco caro. Il cavallo è morto nell’ombra di un ulivo senza lasciare tracce di sperma ma ha pisciato sulla Croce e ora vuole governare il mondo dall’alto di una cruna dell’ago diversamente abile.
Tabulé di rose – 1
Tabulé di rose – 1
Mi sveglio, no, non sono sveglia, ti prego fa che sia un sogno, anzi un incubo. Sento corpi intorno a me. Grossi corpi. Grossi come maiali. Forse sono maiali. Puzzano come maiali. Forse puzzo anch’io come una maiala. Sono corpi nudi. Come il mio. Si strusciano contro la mia pelle. Qualcuno tossisce. Della luce entra dalle mie palpebre ancora chiuse.
Ora sono su una spiaggia deserta. Un cavallo bianco mi viene incontro e mi chiede se voglio una canna. No grazie, cavalla, non la voglio, ne ho fumate abbastanza, non so quando, ma lo so.
Mi guardo in uno specchio d’acqua sporca e intravedo una faccia e qualcuno mi spinge dentro e casco con la faccia nel fango. La cavalla mi lecca la faccia e m’infila una lingua in bocca. Mi abbraccia e l’abbraccio e mi scaldo.
Quando finisco di svegliarmi è troppo tardi e il maiale mi sta montando da cima a fondo mentre anche l’altro si sta agitando.
Io cerco di dire di no e lo dico. Sul serio.
Ma non sembro abbastanza convinta. Smetto di dirlo e di cercare di respingerlo perché non fa altro che moltiplicare la forza ad ogni “no”.
Apro gli occhi e sono in una stanza pietrosa e piena di calcinacci.
Io sono Irina e questi tre con cui mi sto svegliando sono alcuni amici di mio fratello: Giac, Oz e Minghetto che insieme formano la band di taranta più famosa del quartiere.
Mio fratello mi appare da un lato del materasso appoggiato sul pavimento mentre si masturba guardandomi abbuffarmi di carne semovente che a malapena riesco a respirare, anzi, a gemere. Di vergogna, ma di piacere.
Mio fratello scatta foto. Gira video. Tutti mi conoscono come una ragazza seria.
E finché gli obbedisco niente cambierà.
Pino si è forato un occhio che sanguina e diventa grande
Un plico abbandonato si masturba sull’orlo del marciapiede in attesa di un traffico di droga che lo uccida definitivamente. Aggiungo un urlo di piacere ad una voce stonata che canta una canzone degli scarafaggi in suono beat. In ogni canto polacco c’è una torta che alza la gonna al cielo e scorreggia guardando l’inferno in cielo. Il fisico sardo di una capinera che gioca col coltello tra le gengive di un coccodrillo sfugge improvvisamente dalle mani sudate di un rospo. Cazzo, fa in un coro gregoriano in un sottofondo di sintetizzatori che fumano maria.
Vorrei un bloody mary che è una forma particolare di marijuana che quando la fumi cola sangue dalla sigaretta. E quando ti fai uno space cake arraffa i crampi del tuo stomaco per farne salsicce affumicate.
Mi dolgo e mi contorco nella colpa e nel perdono di un serpente acquatico che sforna torte al cioccolato dalle sue spire color lampone affumicato.
Respiro il profumo di osso di un cadavere caduto in trance in seguito ad un’overdose di ecstasy e finito in paradiso per errore e lì è infelice perché non ha amici né famigliari, ma si vende ogni giorno perché tutti lo reputano fortunato. Fin quando il tempo non finirà.
Un alito d’olio vergine recupera un ostaggio di terroristi buddisti che circolano in un’aureola discendente fino allo spazio onnisciente con un dio ignorante che si fa bello davanti allo specchio per essere adorato dalle creature del napalm
M’inchiodo ad un televisore a schermo piatto e ovale in una sesta dimensione delle ovaie di una puttana uomo che fino a ieri credeva di essere solo gay. Il dentista gli consiglia di mangiare più lentamente i cazzi di struzzo perché rovinano i denti e le gengive.
Un suggerimento si scioglie davanti a milioni di telespettatori perché tanto non lo ascolta nessuno e si appisola e evapora con la lentezza di una patata per diventare fritta e resta a mezz’aria pronto per essere respirato da un bambino saggiamente educato e che si eleva al cielo per tre giorni e per altri tre giorni impara posizioni erotiche in un’astronave aliena di passaggio e piena di turisti pensionati. È importante che i vecchi hanno molto da insegnare.
Fu così che Pinocchio diventò adulto. Facendo l’amore con la fatina dopo averla sequestrata nella pancia della balena.
Placido, ma perché?
Un erotico sciogliersi dei vegetali in questione mi porrebbe l’interrogativo di sottostare al placido dentista in questione. Il che è una questione da definire in quanto tale. Una preghiera all’Altissimo mi purga lo stomaco.
Un’autoipnosi intestinale che parla col colon-nello che impartisce ordini di merda a un battaglione di suocere in pacchetto regalo che abbaia come un branco di lupi impazziti. Notevole. Ma insufficiente per garantire lo svolgersi corretto delle elezioni. In una dittatura delle banane.
Sento un odore di cracker alla vaniglia. Fritta. Discorro d’ipotenuse ed ipotetiche sintesi delle grandi battaglie che hanno agevolato il fisco italiano nella preparazione del ragù alla bolognese.
Un ritmo di patate che non concede niente alla sufficienza del vento freddo che viene dal polo. Addio corrente del Golfo. Una nuova glaciazione testicolare si affaccia in un corpo affamato di energia.
Un gerbillo errante nella faccia di una vedova bambina che piange al ricordo triste della sorella morta in un tragico incidente d’acqua e freddo.
Una pantomima fredda e turgida si masturba il nasello cantando canzoni della resistenza.
Addio sirenetta che tu possa tornare nella terra della lupara bianca.
Una poesia che rutta sangue nuota nell’alveare del mio cuore e annega in un lago di petrolio condensatosi per resistere al freddo di una colica renale. Un arrosto di maiale richiede un apostrofo, il che è eccezionale ma normale nella sede centrale della banca dei peschi della monaca di Monza.
La carica di ben hur si staglia nel cielo di una balena bianca che piange e rivolge le sue spire verso un polipo marino che suggella un’ambientazione color corallo rosso sangue che ride e piange e va fuori di testa per una manica di barattoli alla ricerca della verità.
Un polo unito di prostitute e gay e mamme borghesi dell’alta società manifesta di fronte al parlamento per la liberalizzazione delle droghe pesanti, mentre il tamburo batte. E mi assorda la mente.
Mi metto il casco e muoio.
Per sempre.
Senza senso.
L’attimo fuggente
Gioco con l’allegria di un dermatologo nel bagno degli insetti spolpati dall’uomo ragno. Una luce vivida s’impone ai miei occhi felpati di nero mentre la pioggia lava la peste e una campana elettrica batte la mezzanotte ai lupi incartapecoriti che escono da una festa per brindare all’anno nuovo.
Sottane di vermi montano una capra zodiacale facendole vedere le stelle di Orione sotto l’effetto dell’LSD. Un canguro si masturba sotto la calotta polare artica aprendo così il passaggio a nord-ovest con un colpo di reni eiaculatorio.
La schiena della prostituta era riempita di tatuaggi fosforescenti per brillare anche al buio e trasformarsi in una maschera di piacere che danzava al ritmo di mille lucciole addomesticate per il riposo del guerriero.
Polifemo informe si gratta il pelo del topo gatto e recita l’odissea a memoria tirando freccette al cianuro nell’occhio della maga Circe la quale scopre che la sua magia è impotente davanti al figlio reietto dell’universo inverecondo.
Il saggiodella montagna discende da un gruppo rock che si è riprodotto con il canguro masturbatorio e circonda di spine il capo del Cristo mentre prende l’ascensore per salire sulla croce del sud e rinasce e e risorgere tra mille capinere in un letto dei lamenti, mentre io piango davanti alla Mecca adorando un meteorite come un imbecille. Mi assopisco e mi strazio al suono di un sintetizzatore digitale per invogliare le genti a seguire il flauto del Pan bianco, capra misteriosa che cornifica un ragù alla milanese. Le ragazze di Ruby davano e ricevevano dice il ministero pubblico, un’ottima cucina per la borghesia parlamentare eletta al rango di filo spinato col quale viene frustata e ce ne godiamo il sapore del sangue fruttato. Un’arringa masturbatoria dice il Ghedini rifiutando le prove di un’anatra annacquata e aspettando il verdetto del giudice Imposimato venerato e ucciso dal parlamento siculo di onorevoli eletti dalla lupara bianconera. Mi dimentico dell’ora di punta e resto in ufficio a scrivere le parole di arlecchino finché una strega cattiva non viene a liberarmi volando sul nido del cuculo insieme a James Dean.
Il clavicembalo monocorde
In un grigio fetore di sabbia gli ultrasuoni mi trapassano la minestra di salsedine neuronica e mi nutro di cibo nucleare senza pinoli.
Davanti a me un pino storto che soffre di priapismo circolare si chiede se l’ascesi al cielo dipenda da una meringa al cioccolato amaro. Rincorro una pietra che fugge dalle barricate della primavera di Praga tra siluri e sigarette elettroniche che rischiano di accentuarle la gastroenterite.
Forche caudine esulano dalla mia comprensione che giudica e beve alla salute della foresta amazzonica e dei suoi rinoceronti froci. Esalando l’ultimo respiro Attila mi spiega il segreto della serie di Fibonacci. Allora il nodo di petali di rose rosse fende l’aria in una fucina di pere mature che si ammorbidiscono le labbra con una divisa da militare.
In quest’ottica Ausilio guarda l’aria e vede atomi che lo osservano con occhi da pescatori che cercano di gettargli l’amo nell’ano. Il gioco non vale la candela amico mio. Il tempo non ti lascerà più e ti costringerà a filtrare una caraffa di sberle attorno alle gonadi di una cerbiatta in calore.
Erigiamo una statua nel centro città e sbarchiamo insieme ad una spremuta d’arancia per liberare il pollo Arena dalle grinfie del supermercato cinese. Evitando così le ultime volontà di un satrapo orientale che espelle le tossine dalla gola di un serpente a nove code usato come frusta per Gesù.
Ausilio si gratta la trippa di gatto e si masturba con la coda pelosa. Un porno gatto che ai tempi d’oro faceva impazzire le gatte e le trasformava in cagne adoratrici di Osiride.
Per questo cancelliamo la lavagna e disegniamo un pene su un altro pianeta con la nostra jeep spaziale facendo concorrenza alla Nasa col nostro Naso a canappia.
W il Bronx di una volta.
Balla per me. Balla sopra un tesoro cristallino. Balla in un orgasmo selvatico
Morte che baci il tesoro della castità. Vieni a pregare e a scopare con noi. Dentro una botte di schizofrenia e gas intestinale. Vieni con noi a divertirti per recuperare le forze dopo una lunga malattia. Uno schiaffo si amplifica nell’eco spaziale di una lavastoviglie che sta finendo il ciclo di cottura a freddo. Tra Martina e Ruggero non era mai scorso buon sangue e s’erano sposati proprio per odiarsi meglio. Tra tamburi che lavano i piatti e sigarette che colano sangue il loro amore era rimasto inossidabile e la loro famiglia cresceva tra botti di vino diventato aceto e ammassi di pietra colorata di rosso e profumata di tango argentino.
Fin dal primo mattino si prendevano a schiaffi e a sera andavano a letto con gli occhi gonfi di tanto in tanto si violentavano a vicenda e la cosa rendeva il rapporto più succulento.
Poi un giorno il cioccolato si fuse e inondò la cucina e Martina rischiò di annegare. Ruggero non esitò un istante e invece di salvarla la spinse più giù. E tutto finì in pace. Così com’era cominciato, ma la polizia non riuscì mai a convincersi del fatto che una possa annegare in una pentola di cioccolato caldo.
I loro figli piansero e al funerale si tirarono frecce avvelenate uccidendo la metà del gruppo funerario ossequiante tra cui l’odiato direttore di Ruggero.
Un cane bastonato si spara ad un occhio per attraversare il guado dell’inferno dantesco.
Una foglia secca si masturba davanti alla propria terrazza un sabato pomeriggio tra l’indifferenza dei passanti.
Una tromba suona danze ipnotiche e sfoglia giornali di ferragosto. Sabbie mobili che circolano attorno al collo di una giraffa color arlecchino. Con una cravatta lunga tre ore luce.
Un acrobata di circo atterra su una bambagia tra cori di donne che saltano tra muschi e licheni in mezzo a rocche cristalline color rosso corallo. Un sabba sulla spiaggia nera scopre un fungo atomico. Giove osserva dalla Luna la pazzia umana. E si scalda le mani. Prima di iniziare un’orgia con le baccanti.
Il kharma della pantegana di bronzo
Un ufo robot d’acciao prende una cartolina e la scrive a una pinta di birra che soffia vorace una pantegana sifilitica. E gratta la pancia a un orso di coca cola che perde la voce tra rantolii di sangue alla menta piperita. Avendo mangiato peperoncino a colazione emette polvere da sparo a forma di yeti.
Peli di donna mostruosa intersecano la violenza di un palloncino colorato di rosso cocomero nel cielo azzurro che romba i pistoni di un ginocchio artritico.
Masturba il cetriolo di metallo spugnoso i vermi giganti in un lago di cori gregoriani tra centurioni di sperma che affluisce a gocce nella cascata del mago Merlino. Rigurgiti di dinosauro si spargono in mezzo a laghi di sangue di placenta e il grande ballo delle capinere dirige il valzer delle candele tra ioni di sodio e cloruro di patata fritta e soffritto di godimento lento.
La santa messa di un anatroccolo a forma di sformato decodifica il linguaggio dell’eremita in cima alla torta di zucca vuota e mi ricordo del Messia che mi diceva che in vita non aveva mai visto una tetta al vento. E gli dispiaceva. Povero Cristo. Faceva pene.