Quindi divenisco e la parola crea la distanza di una roccia leggiadra in cima alla montagna incontinente per ruggire con una cresta pelosa che si masturba all’alba di un nuovo mondo. La collera si spargeva come colera arrugginito nella provincia di Poggibonsi e gracchiava allegra in cima ai rami sporchi di scheletri arrosto. È vero che il prurito provoca il mal di schiena, ma è vero che una schienata provoca rottura delle vertebre, specie se parlano più lingue. Il sale è l’origine delle rose, mentre le gioie ruttano in sella a un cammello. È Jeeg robot d’acciaio, e vorrei anche vedere che un robot fosse costruito con la pastasciutta. Per cui coitiamo a vicenda e lecchiamoci le vagine tumorali che crescono durante la congiuntura di passi decisi che si avvicinano alla nostra anima per strangolarne le vene e vedere l’acqua che cola dalla montagna che ride.
Moderna Trimurti che suoni una lingua di un’altra epoca in cui si credeva agli spiriti e si vedeva un altro mondo mentre le api volavano felici e il polline disseccava roseti e ne faceva legna da fuoco sacro di S. Antonio. Così sia mio scrittore di fughe che fuggono via senza salutare né voltarsi indietro mangiandosi i piedi a vicenda lungo una strada lunga e diritta verso il salvagente dell’umanità, quell’insalata di cavoli che non si conosce né si considera una barzelletta da raccontare ai vecchi appena svegli.
Ma sono svegli o no? Se dormono possono essere morti da un momento all’altro. Per quello che i vecchi dormono sorrisi. Perché uno sterco si avvicini ad una martellata in bocca e il sesso di una pecora non contamini direttamente i vimini in fiore di una corazzata sovietica. Baldanzosamente. Nuda.