La masturbazione di un sacco di farina


Il livello alcolico di un’astronave vagante per cieli e per mari si fonde con la cometa di Halley e piange un delirio in forma di flauto di Pan. Mescolando le parole e aggiungendo zucchero e burro ottengo una massa informe di patate dolci e mielose che godono all’orgasmo latente di una molecola di cipria. Il desiderio in tutte le sue forme violenta la fame nel mondo.
Una fame fatta di zucchero a velo. Una dolce espressione di rabarbaro alla frutta. Un liquore che scende nel ventre della madre e scoppia in mille scintille. Yvonne mi guarda languidamente e misura le fattezze di una statua di bronzo scolpita nei suoi occhi di metallo che riflette la vita non vissuta.
Due lacrime le colano dagli occhi vitrei mentre la morte attende pazientemente in sala d’aspetto. I medici guardano un processo di pietrificazione in atto senza poter fare niente. Un silenzio di musica techno si sparge e le anime dei morti cantano e ballano discretamente in un ospedale che ospita lucertole e camaleonti in camici azzurri. Tutto senza verità e senza un pallone aerostatico che attraversi il sistema solare e raggiunga l’astronave nel suo delirio alcolico.
Uno sciame di vespe si gode lo spettacolo dall’ultimo piano del loro ufficio insieme a coleotteri che bevono champagne e ballano il cha-cha-cha.

Sogno di una notte d’inizio inverno


Un tipico liquore instilla nella gola profonda una tempesta di rose e voga in direzione del porto di Marittima Mare per portare un carico di posta meccanica e orde di amazzoni a conquistarlo. Il gesto di pazzia di una matrona romana prende di sorpresa un branco di cagne affamate e le fa fuggire ma senza cancellare la memoria genetica così la discendente Gretrude ha sempre paura dei fari, terrore proprio. Urlava sempre da piccola svegliandosi di notte con il sogno di un faro.
Restava lì in vestaglia da notte rannicchiata contro la testiera del letto nell’angolo della parete e non c’era verso di smoverla. Finché gli occhi non le si chiudevano da soli dalla stanchezza quando oramai faceva mattina e il gallo cantava. Con la luce si sentiva più sicura. Una strega cattiva non le lasciava mai bere la scorza d’uovo e la obbligava a latte e cioccolato. E la strega cattiva la rimproverava quando la beccava azzannare bistecche crude. Lei voleva il sangue.
Quel sangue che si è visto scorrere giù per il faro che era quello della sua giugulare tranciata da una coltellata di un fidanzato che era venuto a salvarla dalle cagne cattive