La fiasca di alcol macerato al limone ma adesso piovve sul salice piangente


L’infibulazione borsistica delle borse di Shangai
ci sfarfalleggia la Tasi che farà il funerale
degli occhi a mandorla così come è successo alla Stasi
tedesca e romagnola.

Onestamente la Merkel
me la scoperei.
A questo punto voterei Salvini
per essere sicuro
di avercelo duro
il che non è ovvio.
Santo Domingo è una spiaggia sul Nilo dove l’Eni ha trovato una scoreggia di gas non indifferente e a questo punto ci si chiede se i francesi e gli inglesi non bombarderanno anche l’Egitto per sottrarcela. Col rischio che arrivino tutti gli egiziani in barca a vela. Un copione Hollywodiano in cui manca Bruce che ride a crepapelle.
Bruce con la faccia nera
Ma nera nera
Anzi
un po’ abbronzata.
Chissà chi ha ucciso Meredith, sarà stato l’uomo nero, ma nero nero, anzi…
Beh, comunque.

L’artista è un bambino
che

si è tolto la corazza da guerriero per comunicare

con gli altri
bambini e farli
giocare e farli

morire

contenti

Lupo mannaro


Serpenti schiavi di un’energia terrestre si muovono dalla terra madre alla prima donna per dare all’uomo il frutto del sesso. Proibito. Da Dio. Ma che si muove fumandosi uno spinello al ritmo di un motore di formula uno. Prendi da me il frutto della conoscenza e mordilo soprattutto sul capezzolo, rosso di rabbia e godi della mia lascività. Metti un dito nell’occhio di Dio per fargli spargere gli umori di gas di scarico e che il benzene sia il contorno della tua lingua fino a farla bruciare. Prenderò il tuo seme e lo seminerò in una discarica di ovuli freschi di fabbrica per berne l’azzurro colore di fogna.
Amore mio. Sei al centro dei miei pensieri e della mia saliva. Il sesso orale si giudica in un pezzo di plexiglass che ci porta lontano dai nostri problemi e digiuna insieme a noi in un pezzo di garza sterile che ha il sapore di bava di corvo epilettico. Api anarchiche e formiche spendaccione si spendono sul corpo senza vita di un’anima in pena che forma una Q quadrata da tanto che è ripiegata su se stessa dal dolore delle risate che l’hanno uccisa nel fiore dei propri anni di vita da sposa.
Ti amo e ti sventro nelle mutande di una vagina liquida che posa in attesa del fotografo di corte per una parata militare di giovani lupi e prede dei gladiatori del Colosseo per una folla di animali assetati di sangue giovane che lava i peccati del mondo in un coro che inneggia lodi al Signore. E tutto scorre in un fiume di lava al limone che scende insieme alla mia saliva alla marijuana e al tuo seme amore mio nel mio stomaco per sempre finché sarai digerito ed espulso. Per un seminario tra gli amici della parrocchia sul discepolo più amato e scopato. O Gesù era frocio o Giovanni era una donna.

Marmellata di prugne


In una cannonata Iago perse una gamba. Svolazzò via che sembrava un palloncino per i bambini e lui, prima di sentire il dolore, stette a guardarla volare ricordandosi quando da bambino faceva volare gli aquiloni. La sua gamba. Che roteava. Poi sentì il dolore.
Un bruciore da far fondere il cervello come marmellata e quell’imbecille (di cervello) non staccava la spina. Non lo faceva svenire, no. Fino in fondo gliela faceva godere. Quando passò la croce rossa delirava, ma i combattimenti continuavano e lui non sentiva più suoni, sentiva freddo. Si stava svuotando come una damigiana di vino rosso. Con le vene che sembravano autostrade che finiscono nel vuoto. Mentre lo rammendavano alla meno peggio sperava veramente di lasciarci la pelle dato che comunque la vita non sarebbe più stata nemmeno lontanamente decente. Diciamocela chiaro, nella guerra all’Iran c’era voluto andare di suo. Spirito patriottico e riga. E soldi. Ma non solo. Anche spirito patriottico. Volato via in una nuvole di spruzzi. Ora sì che la cosa si faceva interessante. Avrebbe giocato a poker con Dio, il premio, la morte. Ma se Dio non ci fosse stato allora sì che gli avrebbe fatto del male. Gli avrebbe sconquassato paradisi e inferni e quinte e seste dimensioni. Gli avrebbe spappolato la gamba anche a lui, così vede com’è restare senza una. Ma avrebbe vinto. Era sicuro.
Con tutto quel po’ di sangue che gli rimaneva in corpo approfittò di una distrazione dell’infermiere mentre l’ambulanza correva tra le bombe e lo sballottava di qua e di là e gli sparò. Un’ultima cartuccia. E si sparò. Cioè, forse non c’era bisogno di far fuori l’infermiere, pensò due secondi prima. Ma va beh era venuta così. Non c’era tanto da pensarci più.
Ok Dio ho barato, ma non sto certo a fidarmi di te. Poi la pallottola attraversò la scatola cranica, da tempia a tempia. Un attimo, ma una distorsione del tempo gli fece ricordare un cioccolato al limone che aveva mangiato con suo fratello Giangiacomo il giorno del matrimonio (di Giangiacomo). Quel sapore gli esplose in bocca, che se lo sapeva prima, mica ci pensava tanto a spararsi.