Diario di un nuotatore: m’immergo a stile libero per cercare l’anima gemella, in un vortice d’incoscienza masturbatoria. Chiudo gli occhi, e dolcemente faccio partire la mia mano contro un vetro rotto in una fabbrica di chiodi arrugginiti. Un’orda arrugginita si fa strada nella mano sul cuore di una croce di fabbrica con una tizia che guarda la folla dall’alto in basso e dice madre perdonali perché non sanno un cazzo.
Un’orgia urlante di animali e scrofe che inneggiano all’amore libero si dimenano in una civiltà della produzione e della riproduzione e osannano la dea nell’alto dei cieli perché sia fatta la sua volontà in un universo di spaghetti e puttane e per rimescolare l’amore con il pesto in una tavolata di bigatti e rogne con l’ebola.
Mi chiediamo se una considerevole ironia non si possa fare per comprendere le ragionevoli considerazioni dell’esimio sacerdote, teologo e frocio. Che difende l’imperturbabilità del matrimonio nella teogonia dell’altissimo ubriaco. Scivolo da una piramide e mentre atterro sbatto il cranio contro una figa che vola nell’alto dei cieli e benedice gli uomini di buona volontà, impotenti e non. Differenziando le categorie di reddito. Ovviamente.
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Nell’antro d’un Dio.
Una pietra galattica si spreme di invidia e beve la limonata acida della verità. Mi chiedo se capirà il profondo senso dello scherzo, in effetti è l’unica cosa che dà senso a quella condanna a morte che è la vita. Insieme all’illusione, s’intende. Cammino lento e piango per assaporare almeno un’emozione vera, e penso che forse dovrei farla finita. C’è un ponte qui vicino, usato spesso per buttarsi giù. Mi sa che prima o poi…
Mentro cammino nello spazio, mi fermo a guardare una boutique di umori in vendita, quello che costa meno è la “totale assenza di emozioni”, la “gioia di vivere” invece ha talmente tanti zeri da diventare antipatica, poi c’è la “gioia di morire” nella quale ci sono nove zeri in più, chissà perché, magari perché quando uno è vecchio deve decidere un po’ come buttare i soldi risparmiati in una vita. Mi stupisce il “senso dell’ironia” che è scontato del 50%, già, in fondo, a che serve? Decido di entrare e chiedo alla commessa se posso provarne qualcuno. Lei mi guarda dall’alto al basso e, tirando gli angoli della bocca verso le orecchie, mi fa “Tanto non se ne può permettere neanche mezzo” “No e nemmeno lei” poi le faccio “Ma ce l’avete ‘il senso della vita’?” “No, non è un umore” “Ma si starebbe meglio, no?” mi degna di uno sguardo che potresti dare a un barbone che t’invita a cena.
Me ne vado e ritorno tra i miei sogni assaporando il piacere gratuito dell’illusione mentre mi strofino il naso con l’unguento di “violenza sanguinaria” che ho grattato alla commessa stronza mentre era china sullo smartphone per far la finta di non cagarmi.
Dieci giorni dopo.
Non mi sono mai divertito tanto nella mia vita. Ho fatto tutto l’immaginabile e l’inimmaginabile e lo rifarei ancora e ancora e ancora. Un’ebbrezza più alcolica del suicidio.
La prima vittima fu la commessa a cui ho incendiato il negozio, con lei dentro ovviamente. Poi ho scoperto che era l’unico negozio del genere in tutto l’universo e che ero l’unico ad avere ancora un po’ di prodotto che ho messo all’asta e sono diventato ricco. Così mi sono potuto comprare l’impunità per i prossimi secoli dei secoli.
Dio (padre) sarebbe orgoglioso di me, sono stato meglio dei suoi flagelli e dei suoi stermini di massa. Anche Belzebù mi ha fatto i complimenti a Porta a Porta. Ed ora penso e ascolto musica. E faccio a gara con i piraña a chi sbrana più velocemente il corpo del solito esistenzialista che s’è buttato dal ponte. Forse non pensava di morire a pezzettini piccoli piccoli, sperava di affogare prima. È uno scherzetto che ho fatto io a mettere piraña. È perché così, ‘sti stronzi di suicidi assaporano meglio quanto brucia quello che hanno lasciato, imparano cosa stanno facendo. Ma troppo tardi per tornare indietro.
Mi sento un messia. Sì perché m’è rimasto ancora un po’ di “delirio d’onnipotenza” che ho arraffato mentre il negozio prendeva fuoco davanti alla commessa legata alla sedia di cui ho ovviamente gustato lo sguardo. Ma non sono ancora soddisfatto. Tutto l’universo deve poter assaporare il senso della vita. E ho deciso che riprodurrò e spargerò questi prodotti in tutto il cosmo. È più bello fare le cose insieme.
In fondo io amo l’umanità.
Bisogna fare qualcosa per gli altri e non restare rinchiusi nel proprio egoismo. Redimere ed evangelizzare e spargere il seme del verbo del profeta. Nei secoli dei secoli.