Giro e rigiro in una fattura rigirata di metalli dorati in mezzo a due soli splendenti mi tolgo la faccia e la espongo in una pubblicità di Mc Donald. Così è più bella. Così è più figa. Quindi mi tolgo il cappello e mostro una faccia barbuta a torso nudo, depilato e tatuato con una bottiglia di ketchup. Che sorride con una faccia da schiaffi. Il nostro mostro quotidiano ci impone una battaglia per le patatine fritte che sguazzano nello sperma bollente.
È così che scende la rugiada sul mio cuore fallito. È così che urlano le capinere quando migrano da un pene all’altro e non riuniscono lo zucchero di un complimento con le pinne di un delfino che non serve a niente. Faccio la lavatrice.
È il bello di una rasatura perfetta. Che la lama possa fare un taglio perfetto sulla gola di uno scoiattolo e lasciare vivo un assassino. È il bello di un esperimento alieno su popolazioni di scimmie che ora esplorano lo spazio e cercano i loro creatori. Ma cos’è l’anima. È quello che siamo quando siamo ubriachi o fumati. Il resto è sterco di vacca. E va in paradiso in mezzo ai martiri di Inshallah (ma come diavolo si scrive?).
Quindi cosa dobbiamo fare oggi per guadagnarci il nostro pane quotidiano? Mangiare aria e respirare oggetti di metallo che ci guardano con il termometro in mano. Giocando a tressette col morto mentre cercano la cassa con il tesoro del pirata Filippo.
Un cane abbaia, il sipario si chiude, mentre la cagna giace al suolo in una pozza di sangue e nel fondo si sente l’ululare di un lupo di montagna che ha avuto il suo tributo.
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My name is Aigor
Occhi scintillanti mi guardano di sottecchi. Occhi di tigre che azzannano sorci bianchi mentre vecchie con le scope rincorrono i ragazzi per la strada. Un estro viene dalla campagna saltellando sopra un comodino dove la lingua attraversa il borgo di un’insegna luminosa.
Ieri il vigile Arturo Spigolante fece una multa ad un camionista che si impiccò allo specchietto retrovisore del suo camion.
Cavalletta, cavalletta storna dimmi chi fu colui che non ritorna?
Elisa si avvolse con la schiuma dentro la spugna. In mezzo ad una nuvola di lucciole che esplodono da un missile patriot. E fuochi d’artificio svolazzano allegramente sui teschi vuoti di mummie di città.
Una voce femminile rauca canta l’ave maria in mezzo a gruppi di soldati agli ordini di capitani pazzi in giacca e cravatta e rolex d’oro.
Culi di neve se ne stanno attorno ai fuochi insieme alle guardie dell’armata rossa che guardano la grazia divina seduta sui gradini di una chiesa.
Vicino alla finestra mi affaccio e incontro Igor Stravinsky che piscia addosso alla rivoluzione mentre Einstein ride sul cesso infiammato da un’infezione intestinale. Una risata intensa, ma svuotata di significato, un significato moltiplicato per la costante al quadrato del divertimento.
Inshallah, che allah sia il tuo destino mio fedele maomettano, che allah ti benedica e si assenti dalla tua mente e ti lasci perso nel tuo canestro ad affogare nella merda e a ridere di una risata sincera come quando la domenica la tua squadra vince.
Au revoir amore mio. Michelle, ma belle, sbracciata su una giardiniera decapottabile mi sembri una fatina ammaliante che fa l’ingenua sapendo di essere una puttana, o una puttanella, a seconda del sorriso. Che la luce eterna splenda su di te e sulle tue ninfette bagnate nell’acqua dello stagno di casa mia.