Mi cibo di rotoli di spazzatura eterna. La sapienza ci viene da boccioli di alberi morti che respiriamo in un attacco lancinante di diarrea. Sono quelli che portano avanti il progresso dell’umanità. Là dove il sangue si mescola alle feci vengono poste le basi di ogni sana rivoluzione del proletariato. Gay compresi. Meno male che c’è What’s Up. Che ci libera dal peccato. Perché i dieci comandamenti sono fatti per riunirci davanti ad una pietra tombale di margherite che sanno di divina commedia.
Sento un sapore di arrosto di sberle e mi chiedo se anche questo Natale sarà come gli altri e Google ci manderà un sacco di torte sulla testa mentre dormiamo e sogniamo polli allo sbando che si gettano fango in faccia e usano le gengive per dominare sul creato color cioccolato in lacrime.
Chatto con il Che che mi racconta del suo viaggio in Colombia, tra cascate di piombo e tortellini alla panna affinché la fuliggine di una mietitrebbia si coccoli con carezze di una santa bevitrice che vede la Madonna scendere dal pelo pubico. Preghiamo insieme e diciamo Pane e Volpe la mattina per aprire lo stomaco e digerire i rospi della giornata così che il pavimento non sia più verde metallo. Il Che si affanna e mi appanna il parabrezza col fiato fetido del suo sudore. Un calcio nelle palle di un asino che si affatica sul tornio di un gelataio che sa di ragù di pollo fritto.
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Credo in un solo Dio.
Una dolce voce zuccherosa mi suade. Dicendomi che piano piano la pioggia arriva. Bagna l’intelletto e scende per l’intestino. Ma che bisogna mangiare magnesio. Mi bagno la lingua. In bagno. Mentre mi appendo alla lampadina e accendo la luce. Un fulmine arieggia il mio cervello. Ce l’ho sulla punta della lingua e ti bacio con passione selvaggia.
Caro barone Von qualcosa. Ora torno in bagno a fare qualcosa.
Cosa non lo so. Le alternative sono tutte carine e magari farò tutto quanto. Mi licenzio e mi metto a scrivere un delirio con il coso in mano. Lo smartphone.
È un oggetto sensuale e eccitante. Che vibra e si muove dentro di te e che penetra le rose e le spine del tuo fegato. Depura l’acqua sporca e sostituisce i tuoi nervi con i suoi. Pensa al tuo posto. Risolve, affronta i problemi e prende decisioni che tu non prenderesti mai.
Vive al tuo posto e tu ti osservi, contento, finalmente sollevato dalla responsabilità della vita e finalmente muori piano piano, anzi, evapori e lasci che Apple e Google mastichino il tuo cibo e godano amplessi e amino al tuo posto. Fino a quando non sarai altro che un terminale della Grande Anima e sarai quotato in borsa, comprato e venduto con un marchio di fabbrica. Avrai comunque dovuto scegliere se appartenere all’uno o all’altro.
E questa sarà una dura decisione. Poi tutto liscio. Come l’acqua di fogna. Che esce dal fiume per riversarsi in un’altra e così via. Pace agli uomini di buona volontà. Noi crediamo. In un solo Dio. In un solo Computer.
Una dolce voce zuccherosa mi suade. Mi dice che c’è un messaggio per me.
Che lo trovo in fondo al culo. Da lì capisco che ho un bug.
Non vado dal medico, ma dall’assistenza clienti.
Cosimo ergo sum
Un vomito blu mi parla su un sottofondo di sitar indiano. Sfrappole fritte piovono da ogni dove su una città di campagna dove si tirano ancora i carri coi buoi. Un elmo da guarra si stira insieme a voci rauche che cantano in un coro di bambini di chiesa. Gloria nell’alto dei cieli e pace nelle fogne di Calcutta ai topi e alle gazze ladre di palle di piombo. Cerruti è un marchio da sballo. Ma Cosimo Pietraguerra è altrettanto sborrone. E io vesto Cosimo.
Bacio il bacio della fortuna affinché vesta le vesti di seta e copra le menti dementi di un capo branco a cui l’alcol ha dato alla testa di cazzo. Cazzo, un pene, una poesia, del cazzo, appunto.
Suor Cecilia era una ragazza alta e magra che non riusciva mai a dire la cosa giusta al momento giusto e allora dava l’informazione al gruppo. Trovava un ruolo, quello di gazza ladra, o di corvo dato che era alta e vestiva di nero. Le amiche si rivolgevano a lei come fosse google, ma era l’unico modo di avere la loro attenzione. Poi siccome in parrocchia le davano tanta più attenzione quanto più lavoro faceva e che le suore erano più simpatiche delle sue amiche, le venne naturale farsi suora. A 50 anni s’innamorò di un chierichetto. Cugino di un’altra suora.
Un’urna funeraria raccoglie le sue ceneri portate in processione da tutto il paese nell’attesa di essere presto dichiarata santa. Miracoli piovevano dal cielo come Parmigiano sui topi a ogni orgasmo nel quale chiedeva perdono con tanta forza da far accendere tutte le luci del paese. E anche gli elettrodomestici.
Scivolando giù per il tubo del gladiatore il redentore ripuliva i pollici inondati di sesso e celebrava una messa nello sfintere gassoso d’incenso e metano liquido.