Un’aperitivo stabico


Mi siedo su una sedia di eroina rossa per un aperitivo in un bar ansimante tra proboscidi di panna cotta. Gioisco al vedere una gazzella che incrocia le gambe e guarda la mia bottiglia carica di sperma filosofale. E gioisce alla vista dei girini che solleticano le frattaglie della sua specie in una carica colossale di veleno e di allegria alcolizzata. Mi guarda e mi si avvicina al galoppo per chiedermi “Avresti mica da accendere?” le sorrido e le passo una cornacchia pelosa che viene direttamente dall’Inferno.
“Mica avrai paura di volare tra le dita dei buoi?” mi fa con sguardo allupante. Io la guardo sprezzante e le allungo un panino sulla coda il che la eccita come un panino al prosciutto crudo con contorno di valchirie e mozzarella in carrozzella.
Mi allunga un diritto e un rovescio e capisco che vuole essere presa lì senza se e senza ma tra i caprioli incravattati e gli stuzzichini al veleno di topo gigio.
Non mi tiro indietro ma le tiro una coltellata al collo e ne faccio polpette in una visione della via lattea che non lascia dietro di se altro che scie di comete a forma di burro e salvia.
Mi accascio stanco tra formicolii di buchi neri e arrosti urogenitali per contenere la passione virile di un fungo atomico bello a vedersi e caldo di microonde. Ci baciamo ed esprimiamo un desiderio sul bancone del bar in mezzo a cani e porci che ci hanno imitato e leccato.

Un cancro animale


Metto nella testa una pallottola spuntata mentre mi gratto il naso con il sedere di una mucca e stappo champagne per la doccia dei girini che cascano a pioggia.
Designo un piede di maiale alla rappresentazione della Ciociara in lingua armena. Pongo in alto il mio vassoio di spermatozoi per offrirne al dio della pioggia.
Enrico a 35 anni era pagato per masturbarsi nella panetteria dello zio, la più famosa della città, insieme ad altri due amici che stavano per sparare a casaccio sui sacchi di farina aperti. Si chiamava Pane Speciale che andava a ruba tra le donne. Quella notte era la notte di Maiale in cui Babbo Maiale distribuisce mortadelle e prosciutti ai bambini coglioni.
Pandora si guarda la tele e fa l’amore con il marito dopo avere pianto e urlato e aver capito che non può fare altro che perdonarlo, almeno per questa volta, perché lo ama troppo per non farlo.
Sergio e Monica si baciano sotto un albero di ulivi per festeggiare la loro passione affinché duri per sempre. Due cani li guardano e si accoppiano.

Carrube


Rane si scindono ai cancelli di burro al cioccolato. Un esercito di liberazione della scocca anti acida piange lacrime di sperma laterale. Inventandosi bocche da sfamare le rane rivendicano il loro diritto all’omosessualità.
Ed è così che le pulci dell’universo si chiedono il senso della loro esistenza mentre vanno al cinema con la fidanzata. Il corno di babele s’inalbera vistosamente e perde i capelli che diventano girini rosa pallido.
L’umanità scorreggia e l’universo è attonito. Mi accorgo delle palle di pelle di un asino ebreo circonciso che legge la torah con interesse e gli chiedo “Ma l’inflato non ti solfeggia lo scroto?”
“Aiutati che il ciel t’aiuta” mi fa e mi rivolgo quindi al sole per illuminarmi d’immenso e ispirare i radi peli di Flash Gordon che decanta la Divina Commedia davanti al Monte dei Pascoli amari, mentre un serpente scivola dietro alla suora in preghiera. E la stupra senza che se ne accorga. Salvo un po’ di spavento quando vede uscire un boa dalla vagina. Pregando dio che la cosa si ripeta più spesso dato che sono state notti felici.
Non ti dimenticherò, spugna della mia vita. Voglio riempirti con la mia anima. E con i miei occhi.
Amore delle mie spire passami la birra che devo bere rane e sperma di una vulva concreta. Passa il tamburo nelle mie vene e annuncia l’annunciazione che annuncia il rinascimento della specie delle morene nere. Occhi neri e sorriso da cane randagio in cerca di sesso.
E una cagna in calore in cerca di un cane da mangiare. E di uno scroto da aspirare.
Cala il sipario di una commedia infernale che erode godendo il santuario delle nozze gay.
Faccio la comunione da una suora lesbica.

Ho un crampo


L’Esculapio anchilosato nell’antro di un folle che riempie di mazzi di rose e orologi d’oro purissimo. Sergio si fucila un dito con la sirena della polizia e grida a crepapelle “Che male il pollo per un dito”.

E così il sole si staglia, il sole tramonta nel ruvido cielo agostano in un’isola della pianura padana tra sterchi di vacche e spighe dorate. Sergio si guarda. Il viso abbronzato riflesso in una palude tra rane e zanzare. Vedo due occhi piccoli come girini con in mezzo un ciuffo biondo platino che sembra un pezzo di vernice dorata. Si guarda il dito monco e se lo ficca nel…naso.