Ero su una pista da sci e ruzzolavo a valanga per i sentieri dell’anima di una pantegana strabica mentre i miei occhi rilucevano di bianco latte al cioccolato fondente. Una storta. Una maledetta storta alla caviglia mi sbatte contro un sasso che finisce all’ospedale per trauma cranico. Mi sento responsabile per la vita del mondo minerale. E sono presente al funerale insieme alla vedova e ai parenti. Ma perché la Russia è la terra delle ghiacciate e la Florida la terra del sole insieme al Chad? Perché chiamare Sudan un paese in cui evidentemente si suda? E perché i fachiri sono solo in India? Mentre riattivo la presa di rete delle unghie di tapiro il mondo piove e la zingara balla.
Siamo insieme nella sala da sballo di un limpido oceano pacifico che accarezza il viso di una spiaggia alcolizzata da qualche parte in Nuova Zelanda e uccide il limbo dantesco di Paolo e Francesca per atterrare nella gestione a distanza di un sito web dedicato al delirio senza speranza e senza faccia tra due montagne che si guardano in cagnesco.
Una gatta passeggia sul tetto che eccita i suoi sensi animali e si fa penetrare da un camino spento e sospinto dalla forza del vapore acqueo tra quadri di fiori di loto e gelsomini sdolcinati che profumano di spermatozoi incontinenti. Un urlo e un getto di vapore al vulcano fiorito si sdraiano e si baciano tra effluvi di lava che lava la sporcizia dell’anima in una preghiera al lobo sinistro dell’orecchio della bestia innamorata con un coito vaginale.
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Una gatta in calore
Una gatta fumante genera salive di fuliggine dorata.
120 sfumature di sesso sadomaso si leccano le orecchie e mangiano cipolle.
Grandi ali scendono sui cieli di strutto e macinano grumi di sollazzo con piacere orgasmico.
In questo contesto navigo in acque bagnate di umori vaginali dove Asia si tocca allo specchio della sua anima eccitato e pronto all’eresia di un’Ave Maria;
Dio guarda sfumatamente e rompe una tazza di marmo in una zumba sensuale che finisce in un coito sotterraneo.
Mandela guarda dall’alto della sua santità.
Tu nuoti nella melma della crisi d’identità del pollo. Perché sei un brodo di pollo alla mensa del re.
Mastico ruggine di seta nera
Un’aria profonda rialza la cresta in una fuliggine sensuale che sale al cielo dalla vulva di un caminetto acceso che brucia vizioso.
Seducentemente mi avvicino. Una gatta maliziosa mi guarda e geme con lo sguardo. Mi lascio avvinghiare dalle sue parole oneste. E una cartolina miliardaria appesa ad un quadro mi avverte della pericolante scala a chiocciola dei suoi pensieri. Eri una cara micetta, pensai dopo lo sparo.
Eccomi al porto a pensare ai miei pensieri in un fiume di desideri che pescano allegri banchi di salsicce di grasso di liposuzione acerba. Siamo in una fase beta della nostra vita caro bullone che mi leggi. E nella tua testa svitata s’insinuano pensieri cornuti. E tu sei contento di somministrare alla tua pisella il nerbo aitante di un muschio agitato che ti agita i sogni e ti fa vedere la verità.
La verità fa male. La verità non si dice mai. Perché bisogna vivere col senso di colpa di non dirla. Così si crea la paura. Così si crea il potere. La verità è un clistere di fieno messo a maggese e ruttato fuori con il mosto dell’uva marcia.
Mangia la carota. E vai a dormire.