Spargo nei denti dell’atmosfera rarefatta un pianto sibilante come la polvere da sparo che passa per il tuo occhio e ti friggo l’anima senza che te ne accorgi, bambino assurdo. La carica caotica degli acini di zenzero mi toglie il respiro affannoso della cyclette e apre i pori della sauna per i piaceri della nonna.
Soggetto passivo che leggi e pensi. Cosa pensi? Vaghi nel sonno ipnotico di una lettera che porta un suono che porta una luce nella tua mente che porta un’emozione nel tuo cuore sempre assetato, sempre affamato, sempre disperato. Hai paura?
Leggi il mentolo dell’arte, la pillola di fumo eufemistico che porta all’amore lesbico di due poggiacarte sodomiti creati dall’amore di Afrodite. Dea della banana in calore. Hai caldo? Non raffreddarti. Hai voglia? Coltivala. Hai sete di vita? Che scorra nelle tue vene senza farle scoppiare.
Hai stuprato una tartaruga? Succede a tutti prima o poi. Anche di trovarsi con dei mandarini nel culo, andati a male, oltretutto. Senti il rumore di Polifemo mentre mangia la Mirra nel museo dell’Odissea, mangia come una scrofa, e mastica carote, no, non le mastica, le usa come stuzzicadenti.
Sei un soggetto aulico, abulico, no abulimico. Sei quello che mia bisnonna definiva un arco pantotenico della natura, una vitamina al contrario, praticamente. Lo so che non capisci, ma fa lo stesso, se fossi qui per capire non continueresti a leggere. Sei qui per sentire i ritmi del tamburo cosmico dentro di te. Per fare l’amore con l’universo come facciamo tutti. Come con le tartarughe.
Una lacrima scorre sul divano a forma di farfalla lesbica.
E si fa una pera di lana di talpa.