X, Y, Z


Una molla sotende cellule impazzite, una moto si schianta contro un muro d’amore. Amebe si trastullano tra i feti di capre e pecore. I monti osservano la scena saggiamente mentre sono traforati da un treno ad alta velocità. Buchi nella luna gridano nomi altisonanti e preghiere rivolte al dio sole mentre un telegrafo trasmette l’ultimo messaggio alla terra.

E i marziani ballano il rock. Finalmente un temporale spazza via tutto. Tutta la neve. Tutte le rocce.Tutte le croste incrostate sulla pelle dei ricci riccioli che circondano le orecchie creole di Batani. Una luce si accende nel suo cervello di adolescente e la porta ad uno stato pre nascita. Nel suono immenso del cuore della madre.

Quel suono un po’ stridulo come la sua voce una volta nata. Quel suono poco sopportabile. Forse per quello che non ha mai sopportato tanto la vita. Vede la vita come un lungo fumo lacrimogeno senza maschera antigas. E davanti allo specchio le lacrime iniziano a scendere, mentre il suo stomaco vuoto le ricorda che sarà sempre così.

E il suo corpo ben proporzionato e armonico ricoperto di uno strato brillante e vellutato chiamato pelle si striava dei solchi di quelle lacrime che attraversavano il seno nudo. Non sapeva, che quattro anni dopo un fotografo l’avrebbe reso immortale sulle copertine di tutto il mondo. Il suo corpo e quegli occhi verdi che se anche ridono sembrano sempre pieni di lacrime pronte ad esplodere.

Soggetti inconsci si stagliano contro un sipario senza prendere la medicina e costruire una grande autostrada insieme alla geometria che regge il sistema edilizio. Ypsilon si lega alla gamma di incognite di seni e reggiseni mentre suggerisce la risposta giusta ad un interrogato sfigato.

Pane e vino


Dolce miele che scendi. Dalla finestra di una zucca gigante fotografo le tue gocce memorabili. Una pioggia di sensualità che vede Filomena sognante e appoggiata col gomito alla finestra. Capelli castani, corti con i boccoli e occhi grandi e sognanti che occupano un terzo del viso lasciando uno spaziettino al naso e un posto decente alla bocca per un bel sorriso di denti bianchi come la sua verginità. Seduta a cucire pensava a chi invitare per il pranzo di domani tra cui Roberto Ascagni il cugino di una duchessa che aveva incontrato un mese prima e con cui era già uscita diverse volte. Mandandolo regolarmente in bianco e più lo mandava in bianco più lui insisteva. Non le ci voleva un gran sforzo per dargli picche tutte le volte. Simpatico, ma più basso di lei, e con una testa ovale occhi piccoli e un riporto a forma di Girella Motta. Vestiva sempre di nero con cravatta nera su camicia bianca e parlava troppo forbito per i suoi gusti, anche se lei finiva sempre per ridere più di lui che delle sue battute. L’avrebbe invitato, e poi chi vivrà vedrà. Scese in giardino a raccogliere la pentola con il miele che era caduto dal cielo. Sì perché da quelle parti il miele pioveva sul serio. Ed era un casino perché quando spuntava il sole che verso mezzogiorno diventava cocente, finiva per caramellizzare lo zucchero e quindi tutta la casa e i tetti e le bestie in giardino e pure le piante. Insomma una tragedia.

To be continued (forse).