Nulla sottende alla redistribuzione del reddito e nulla parla nelle gonne di una maschera veneziana. E chiede. E risponde “Mi mordo la lingua!”, ma noi diciamo “E allora?” e quindi supercazzola a te amico e figlio dei fiori.
Ma tornando a tromba anche il miele cerca una via d’uscita dalle pecche quotidiane.
Angela mi fa una sega in cambio di una ruota di scorta usata. Ma ha delle mani da pianista e un tocco migliore della lingua di Venere. Non vedo l’ora id toglierle il succo della vecchiaia per ringiovanirla dai suoi ottantasette anni portati bene.
Figlia dei fiori di viola al forno che scrolla la ruggine di dosso da un cammello asmatico che quadruplica le forze per gestire la forza di Odino e sparare sulla croce.
Il senso del dovere evince la scoperta della caccia al tesoro per dormire su un materasso rotto il sonno del giusto. La bandiera bianca era rotta e sventolava su una prostata dolce come mele cotte.
Spizzico biscotti al rosmarino mentre l’orgasmo bagna il soffitto e ringrazio Angela.
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Diversamente sexy
Una troika di salami al formaggio s’imbizzarrisce al richiamo di una sottana sfuggente. Un microscopico anello latente s’intrufola nell’orifizio sacro e masturba un ganglio intestinale. Mario s’incendia in un atto di sodomia fecale seduto sul gabinetto del suo monolocale decadente in cui la toilette si trova tra il forno e il frigorifero. Deve girare un film come attore principale. Quando si presenta sul set è eccitatissimo e non vede l’ora di girare la scena di sesso omosessuale. Chiede al regista il massimo del realismo. E ottiene soddisfazione. Solo che l’altro attore non è gay. Mario esce ancora più eccitato e va in bagno e si fa la scopa.
Anais gira in mutande e senza reggiseno per casa. Da una stanza all’altra e semina feromoni tra le formiche che cominciano a girare vorticosamente tra le crepe dei muri di un appartamento bohèmien che dà sul parvis de St Gilles dove circolano struzzi mutanti che fumano sigari elettronici marcati Coca Cola. Un siero di latte viene spruzzato mentre fa l’amore con una coppia di coniugi che cercano giovani studentesse a pagamento per colmare il vuoto matrimoniale.
Un giro dell’oca si appropria delle mie emozioni che girano a velocità stroboscopica lasciando che un maiale su due zampe paghi il conto del ristorante lasciando una mancia miliardaria. Chiamo il racconto della spirale del minotauro ma nessuno risponde e vaneggio per la strada deserta alla ricerca del sacro Graal. Metto il piede nell’unico tombino senza coperchio e scendo nelle immensità degli inferi inseguito da una barzelletta su S. Pietro. Il cavallo non ci sta Flamenco. Il cavallo è sparito Flamenco caro. Il cavallo è morto nell’ombra di un ulivo senza lasciare tracce di sperma ma ha pisciato sulla Croce e ora vuole governare il mondo dall’alto di una cruna dell’ago diversamente abile.
Mi massaggio la schiena con una lingua di liquerizia.
Un dono dal cielo si tinge di rosso e mandorle cadono a pioggia su uno tsunami di patatine al forno.
Una trota apre la porta di casa e vede un uccello dalle penne al fosforo. Cosa dici ti piacciono i miei nuovi colpi di luce? Gli fa con un sorrisone da mantide religiosa. E allora lì riconosce subito sua moglie che ha mutato forma a causa dello shampoo del parrucchiere. Mica capito perché poi tutte le volte passa da pesce a uccello. Speriamo che la prossima volta non finisca per assomigliare a un uomo, pensa Giroditrota mentre le dice Ma certo ti stanno benissimo, come miele su una torta di formaggio di capra. La televisione stava sondando la capacità del mondo subacqueo a fare sesso con le alghe e masturbarsi i denti con il dentifricio di spugna all’aloe.
Una musica grugniva in sottofondo mentre Giroditrota e Tortadisfoglia si baciavano sulla porta di casa e a malapena chiudevano il portone prima di un amplesso coniugale.
La suora Bellamargherita si muoveva e si contorceva in direzione della canonica di una casa chiusa, la chiesa e si puliva le gengive soddisfatta in un arco di liquerizia dittongato al sapore di ramarro asciugato in cipolle virili e va carburando l’onda del piacere.
Un sisma ritmico che scuote le corde di un violino che vomita urinatoi stronzi.
Esigo silenzio nel trono del piacere e del fiore che si erge celeste alla fucina fallica del dio del canto.
Ammazzando il tempo
Delirando si pescano pezzi di assurdità.
Delirando si posticipa l’assalto alla baraonda di una sciarpa del Milan.
Scendo i gradini dell’inferno in una casamatta di autenticità pura.
Semplicemente mi distendo nella graticola della speranza di una pozzanghera di orsi verniciati di rosso porpora.
Suggello pertanto la nostra dichiarazione d’amore e liscio il velluto grigio dei marinai contorti e targati di nero femmina. Entro nei meandri del teschio di ferro e vedo colori di merluzzo andato a male fosforescenti di una puzza che ricorda un pugno in un occhio, ma all’interno dello stomaco.
Puzza di morte. Si direbbe E un orologio scandisce il tempo restante nel conto alla rovescia di padri e figli che giocano a tressette e imparano a barare nelle regole della vita.
Un destino glorioso prende il sopravvento nelle fasce dell’adolescenza ritmata da tamburi africani che battono su teste di teschi un ritmo primordiale di musica techno che si propaga nella savana deliziosa al gusto di stambecco al forno.
Odo e godo in un’eiaculazione precocemente masturbata che le viscere della terra si lecchino i baffi e facciano godere anche un setaccio di miniere d’oro. Dubito che la forma della filosofia scoppiettante si decida ad andare di corpo in tempi brevi e il culto di pietra si spacca in una risata a crepapelle. Eliminiamo le barbabietole dal corpo e depiliamoci di questi fastidiosi insetti che cantano in coro gli inni al cielo azzurro e violetto.
Enrica guardava uno scontrino fiscale mentre un singulto del volto ne accese una parte e bruciò il supermercato senza volere. Un prurito all’interno dello stomaco. Cercava di grattarsi, ma come si fa. Si massaggiava come una forsennata nel parcheggio del supermercato sotto lo sguardo attonito dei parcheggianti di cui uno si offrì di farle passare il prurito e le tirò un cazzotto che la mandò in apnea per dieci minuti. Ma funzionò.
Lui le offrì una cena e lei all’inizio voleva rifiutare perché non si era depilata ma poi decise che nel frigo non c’era niente e non aveva soldi per il supermercato, quindi accettò. Il lupo mannaro si aggirava in quei luoghi benedetti e durante la cena ne approfitto per sventrare una vetrina e assorbire più carne cotta possibile attraverso i pori e i peli. Mise le fauci al servizio di sua maestà e servì ai tavoli dei due futuri sposi un cuoco al forno con tanto di baffi e li costrinse a mangiarlo tutto.
Il cuoco pesava ottantanove chili, ma senza scheletro, pelle, frattaglie e sangue si trattava giusto di dieci chili di carne pura. Enrica si lamentò del fatto che sapeva di fumo, ma Piergigi decise che gli dava un certo non so che valeva la pena. Anche Lupo Mannaro si sedette e tra un assaggio e l’altro fu proprio quello che se ne mangiò la maggior parte.
Enrica decise che il personaggio era sexy, forse conquistata dal fetore delle ascelle che assomigliava a quel prurito nello stomaco e in breve finì tra le braccia e le fauci di un bestione di due metri e mezzo, ma passò la notte più stupenda della sua breve vita, anche perché non sopravvisse alla devastazione e morì dissanguata in mezzo al parcheggio di un supermercato, bruciato.
Morì in una pozza di sangue blu che il lupo leccò fino all’ultima goccia e le succhiò quello che non uscì da solo. Pesava ottantanove chili, ma senza sangue e scheletro e pelle, alla fine il lupo ne mangiò giusto giusto una decina di chili.