M’ingollo di roba da vomitare per essere sicuro di passare su trenini di gomma da brodo passato al passato presente futurista a cavallo di una moto da centauro centenario. Tornando da una casa infestata di topi e regine mi siringo una coca di eroina ed esplodo e mi frammento e mi rammento di una casa verdeggiante in mezzo a colli atipici bombardati di fresco e decorati da denti e gengive incastrati in alberi di ulivo che discende dolcemente verso il mare azzurro cresta di gallo.
Per questa ragione non vedo perché non pilotare sterchi di formula uno che viaggiano a velocita ventennale per poi posarsi su rami innocenti e fare il nido per allevare una prole di ragni rognosi di vedove vestite di nero che scopano castagni in fiore da una discoteca techno all’altra.
Lecchiamo un lecca lecca come si lecca l’uccello di un lavandaio accecato da una bestemmia tirata di sbieco in un momento d’incazzo solitario. E finocchi ciarlatani si masturbano con cavoli a merenda per dimostrare la loro lezione di omofobia sbilenca a coppie in cerca di uno scambio alla pari per oliare i loro organi epilettici con i liquidi di altri marziani in cerca di sturalavandini color arcobaleno.
Pieghiamo i gomiti e infiliamoci una mano in segno di saluto al Dio imperatore.
Archivi tag: formula uno
Lupo mannaro
Serpenti schiavi di un’energia terrestre si muovono dalla terra madre alla prima donna per dare all’uomo il frutto del sesso. Proibito. Da Dio. Ma che si muove fumandosi uno spinello al ritmo di un motore di formula uno. Prendi da me il frutto della conoscenza e mordilo soprattutto sul capezzolo, rosso di rabbia e godi della mia lascività. Metti un dito nell’occhio di Dio per fargli spargere gli umori di gas di scarico e che il benzene sia il contorno della tua lingua fino a farla bruciare. Prenderò il tuo seme e lo seminerò in una discarica di ovuli freschi di fabbrica per berne l’azzurro colore di fogna.
Amore mio. Sei al centro dei miei pensieri e della mia saliva. Il sesso orale si giudica in un pezzo di plexiglass che ci porta lontano dai nostri problemi e digiuna insieme a noi in un pezzo di garza sterile che ha il sapore di bava di corvo epilettico. Api anarchiche e formiche spendaccione si spendono sul corpo senza vita di un’anima in pena che forma una Q quadrata da tanto che è ripiegata su se stessa dal dolore delle risate che l’hanno uccisa nel fiore dei propri anni di vita da sposa.
Ti amo e ti sventro nelle mutande di una vagina liquida che posa in attesa del fotografo di corte per una parata militare di giovani lupi e prede dei gladiatori del Colosseo per una folla di animali assetati di sangue giovane che lava i peccati del mondo in un coro che inneggia lodi al Signore. E tutto scorre in un fiume di lava al limone che scende insieme alla mia saliva alla marijuana e al tuo seme amore mio nel mio stomaco per sempre finché sarai digerito ed espulso. Per un seminario tra gli amici della parrocchia sul discepolo più amato e scopato. O Gesù era frocio o Giovanni era una donna.
Il riso strabico di una capirossa
Una nota positiva viene suonata in una aereo turistico per descrivere la pervasività di una campana che suona a morto mentre muore lei stessa sciogliendosi in un abbraccio funereo. Sbagliando funerale. Ma azzeccando il bersaglio di un canovaccio teatrale che culmina nell’Aida e in un’ode alla vacca sbilenca che sbava dietro a un toro azzoppato, ma ancora bello che ha affrontato la corrida e viene portato al macello con onore perché ha incornato il torero.
Muoviamoci attorno allo scranno di un perdente malleolo di un muco di cinta dipinta di nero d’Avola e scorre il sangue di dodici apostole capinere mentre scivolano attorno al bruco di una farfalla incinta di otto giorni e che sta per partorire deponendo fichi di fuoco acceso che gira attorno a un dito di un batuffolo di cotone arrugato in uno gnomo accidentale. Ma perché – mi chiedo in mezzo ad un cerino bruciato tra le unghie di una mano – perché dio ci ha voluto costruire una capanna di marzapane in mezzo al deserto di Chernobyl? Non ha lo stesso senso che oliare il pistone di una Ferrari che si è messa di traverso a una pista di formula uno
Morirò con questo dilemma? Spero di sì.
I canti Eloisi
Una marmellata di prugne mi stimola lo sfintere d’amore collettivo e ruota la caramella di una pruriginosa colata di cemento liquido. Mi riempio di azoto e me lo passo sull’uccello nell’attesa di sputarci sopra per una gara di formula uno ripresa dalla televisione. Mi chiedo perché la vita è così normale. Una caduca tela di picasso mi dà la risposta sottovoce, così piano che non ci capisco un cazzo e la prendo a calci.
Prego un vaso di gerani in fiore di fare la festa alla tragedia del senso mentre una malinconia soffrigge dentro di me. Vedo caleidoscopi arcobalenanti sopra di me e dentro le mie parti veneree. Scopo una sifilide operaia grattandomi l’orecchio da dentro il casco. In quel momento le piramidi smettono di girare e provocano un terremoto tra i gabbiani della spiaggia reale. Un moto perpetuo si riempie la bocca di vaniglia sky.
Una vecchia centenaria si gratta il clitoride ferocemente per un ultimo orgasmo sul letto di morte.
Una gatta guarda seraficamente il proprio uomo cullare i gattini e giocare a tressette. Si eccita e incomincia a leccarsela
Mario si inghiotte dodici dosi di proteine per una sessione di brainstorming in palestra con i colleghi scienziati nucleari. Mentre sua moglie si fa un pompino nella cucina di un monolocale di periferia.
Fumo un sigaro di mortadella scaduta. Augusto gioca in un’altalena di cerbiatte vive. Colt si diverte a masturbarsi davanti alle signore che si appartano dietro un albero a fare pipì nel parco.
Un sollazzo adiacentemente
Mi felicito per la cortesia di nitrire caro salmone selvaggio. La tua pelle si strofina lucidamente sulle neuroscatole telecomandate di Plutone. Ecco perché Gastone inventa pazzamente un contagiro per fare un bonifico bancario alla figa di sua moglie. Ama Gastone, ama follemente. Retrocede davanti alla porta di accesso della Santa Sede e viola la sindone con una scoreggia che colora tutto di marrone. Il conto alla rovescia si riversa sul panino e un lestofante annega nel ketchup dell’hot dog di carne di cane.
Gira la testa e gira il conto di una verità nascosta nella plastica verderame per cui paghiamo la tangente al CUP. Per una corsa di formula uno senza sesso e senza sigarette falliche. Asdruggine, mora celiaca di casa Savani Pietratana, si solleva la gonna e si abbassa le mutandine per farsi leccare dal suo Fido sul sofà di casa sua mentre guarda la tele della pubblicità per cani. Dal buco della serratura il maggiordomo osserva la scena e si prepara all’assalto finale quando lei non sarà più in condizioni di dire di no. Non sa che Fido gli azzannerà le palle.
Tommaso si sentiva colpevole e si bruciò il culo sulla graticola del giardino della luna piena
Mi gratto una fuliggine di scarpe arrostite.
Penetro il segreto magico di una parola.
Faccio l’amore con il suono di Dio.
Entrando nelle spirali del Paradiso dove centosettantasette vergini sono intente a giocare a scacchi, un terrorista islamico esclama “che cozze”.
Mi rinfresco con una soda in un mare tropicale tra delfini azzurri che violentano una foca antartica sbarcata da quelle parti a seguito del riscaldamento climatico.
Un incesto di viti e chiodi, provoca un corto circuito nel cervello di Adorno e lo fa crescere da uno e sessanta a due metri e dieci centimetri. Il che fa sì che deve cambiare letto, auto, vestiti e lavoro dato che lavorava come mummia di Tutankamon in un circo.
Pagherò sedici mila sterline al primo olandese che trova un africano sodomizzare un francese di pura razza ariana durante un’orgia romana seduto su una turca.
Un cowboy del settore interstellare della costellazione delle Pleiadi inforna una serie di biscotti per poi goderseli in pigiama guardandosi Venere contro Urano in uno scontro di satelliti ormeggiati nella laguna di una cadillac cistercense.
E qui sforiamo sui ponti del fiume kway e scendiamo dai monti del Tirolo con una mitragliatrice in tasca che sa di alettoni di un’auto di formula uno, incandescenti e leggeri che volano nello stomaco ridendo incessantemente.
Stride il calore di una mucca in calore sopra il calore di un termoscopio che misura la puzza dei peti delle puzzole.
Una musica jazz mi riscalda le vene di amore, ma cos’è l’amore, è un brivido della paura che qualcuno ci lasci cadere nella palude del nostro inconscio e annegare in una fredda notte d’agosto.
In pratica, nella merda.