Puddu


Nella selva della città di Dio s’insinuava un segugio affettato da mille azalee petulanti.

In questo contesto Puddu si aggirava bighellonando vicino ad una barricata di uomini armati.

Andava in cerca di puledre fresche cui far bere il sol dell’avvenire.

Puddu si aggirava dopo la mezzanotte avvolto in un mantello a pois giallo e nero. Entrava nei pub più alcolici della capitale dell’impero. Osservava gli esemplari di femmine. Ne puntava uno e lo ubriacava. Lo portava nella sua tana e le trattava come le pecore di casa sua. E le riportava a casa prima che potessero essere coscienti.

Ma il problema era la sua sete insaziabile di alcol e il suo pene in perenne erezione che gl’impediva di dormire più di due o tre ore. Poi doveva ricominciare. Come un vampiro.

Sciarada di spine


Un fruscio di mosche agita il mio cuore.

Mentre decido se mettermi un dito su per il naso o su per il culo mi trastullo il pene con la fantasia di una sciarada di leggiadre femmine d’arabia. Sono immerso in una piscina quando vedo una tempesta di sabbia e mille sparvieri all’orizzonte.

Sparvieri che piangono si prostrano davanti alla statua di un filosofo greco di nome akariokostoulos cibromante. E pregano il fato di liberarli dal coma serpeggiante nelle loro scimitarre che non bevono più il nettare del fuoco lento. Decido allora di dirottarmi su Arkaba e nuoto dove gli avvoltoi contano i morti di un bombardamento rivoluzionario con armi così intelligenti che hannno fatto esplodere menti fertili durante una partita a scacchi.

In questo parossismo di centimetri non mi gira la testa e non chiamo aiuto e non corro urlando nel deserto.

Là dove nasce la pioggia mi distendo e aspetto di bruciare al sole cocente ripetendo passi della bibbia infame davanti ai miei occhi.

Mi guardo allo specchio e mi spavento.